Un ordine a Washington: salvate Tower

Un ordine a Washington: salvate Tower La macchina della Casa Bianca impegnata a recuperare il ministro della Difesa bocciato Un ordine a Washington: salvate Tower WASHINGTON — Riusciranno la Casa Bianca e la leadership repubblicana a rovesciare nell'aula del Senato il voto contro la nomina di John Tower espresso dalla Commissione Difesa? Per ottenere il «ripescaggio» del capo del Pentagono che il presidente George Bush ha detto di volere sostenere fino in fondo, si sta mettendo a punto tutta una strategia in vista del voto cui i cento senatori americani saranno chiamati la settimana prossima, forse mercoledì. • Non mi impegnerei in questa battaglia se pensassi che non abbiamo speranza di vincerla-, ha detto Bush a Tokyo, prima di partire per la Cina. Ma qui, fra i suoi collaboratori, l'ottimismo presidenziale non appare troppo condiviso, anche se nessun tentativo viene trala¬ Il voto del Senato atteso per mercoledì - Si minaccia di interpretare il «no» come una dichiarazione di guerra al Capo dello Stato Alla ricerca di cinque democratici conservatori indecisi per raggiungere la parità - E con Quayle si otterrebbe la maggioranza NOSTRO SERVIZIO sciato. Per individuare le direttrici lungo cui muoversi, l'altro ieri c'è stata una riunione alla Casa Bianca fra lo stesso Tower, il vicepresidente Dan Quayle e il capo dei senatori repubblicani Robert Dole, n bastone del comando, in questa difficile battaglia, sembra sia finito proprio nelle mani di Dole, a suo tempo avversario di Bush per la nomination repubblicana e critico della scelta di Quayle come vicepresidente. Attualmente, ha spiegato Dole, in Senato possiamo contare soltanto sui 45 repubblicani. L'obiettivo è quindi quello di trovare almeno cinque democratici disposti a votare in favore della nomina di Tower, in modo da realizzare una parità cinquanta contro cinquanta. A I quel punto, a essere decisivo sarebbe il voto di Quayle, che in quanto vicepresidente è anche presidente del Senato. E' possibile ottenere un risultato del genere? La strategia messa a punto nella riunione dell'altro ieri prevede alcune minacce, alcune lusinghe e tanta speranza. Una minaccia è quella di identificare il «no» a Tower come una sorta di dichiarazione di guerra al Presidente, per «usurpare» il suo potere. Il prezzo di ciò, ha detto Dole in una conferenza stampa, sarebbe -la fine della luna di miele fra i due George-, intesi uno come Bush e l'altro come il capo dei senatori democratici, George Mitchell. In altre parole, la proposta di Bush di ^collaborare con il Congresso», così bene accolta dalla maggioranza democratica, verrebbe meno. La lusinga è invece quella che si intende rivolgere ad un gruppo di senatori democratici conservatori, presumibilmente indecisi se votare prò o contro la nomina di Tower. Ne hanno individuati nove, fra i quali c'è anche l'ex candidato alla vicepresidenza Lloyd Bentsen. C'è anche un liberal, Christopher Dodd del Connecticut, messo nella lista su suggerimento di Tower, che ritiene di avere nei suoi confronti un credito di riconoscenza. Nel lontano 1967, infatti, il padre di Dodd, senatore prima del figlio, subì un voto di censura da parte dei suoi colleghi per una questione di appalti, e l'allora senatore Tower votò in suo favore. Questi nove democratici indecisi, a quanto pare, sono stati già chiamati al telefono da Bush, da Tokyo, e convocati a un incontro alla Casa Bianca per martedì, all'indomani del ritorno del presidente a Washington. Della strategia messa a punto fa parte anche un attacco personale a Sam Nunn, il presidente della Commissione Difesa del Senato artefice del voto contro Tower. Dole ha riesumato un vecchio discorso di Nunn in cui si fanno le lodi di Tower, per dargli implicitamente del voltagabbana. La risposta di Nunn è stata gelida: -Se concordo con i repubblicani sono uno statista, se non concordo sono partigiano». Poi, forse pensando che fidarsi della fedeltà dei 45 senatori repubblicani è bene, ma non fidarsi è meglio, si è provveduto anche ad attaccare John Warner, leader de'la minoranza nella commissione Difesa, per non essere stato abbastanza «energico» contro l'azione di Nunn. Lui stesso, in effetti, ha confessato che la sua azione in favore di Tower, più che da una profonda convinzione personale, gli è stata dettata dalla "assoluta volontà di Bush di non rinunciare». Con queste armi, i repubblicani si preparano alla battaglia, e formalmente si dicono fiduciosi nella vittoria. Ma al Pentagono, dove tutti lamentano che in mancanza di un titolare «da oltre un mese si fa solo ordinaria amministrazione», hanno sconsolatamente coniato un nuovo verbo. Tower, dicono, è stato "borked», cioè «borkato», dal nome del giudice Robert Bork, che l'anno scorso fu nominato da Ronald Reagan alla Corte Suprema e poi venne bocciato dal Senato.

Luoghi citati: Cina, Connecticut, Tokyo, Washington