E ora Genova non ama più la Compagnia di Paolo Lingua

E ora Genova non ama più la Compagnia L'antica associazione dei portuali, da due mesi in lotta contro la riforma decisa da Prandini, vive in una sorta di assedio morale E ora Genova non ama più la Compagnia La lunga vertenza ha già causato anche la prima «serrata» delle aziende utenti - Gravi danni per l'economia della città legata all'attività del porto Il solo «indotto» occupa cinquantamila persone - Partiti e sindacati non condividono la protesta (in difficoltà soprattutto CgiI e pei) DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GENOVA — Ieri mattina, nel porto di Genova battuto dalla pioggia si è lavorato meno del solito. Lo sciopero degli scaricatori della Culmv, arroccati in una arcigna polemica, apparentemente senza sbocco, contro il ministro della Marina mercantile, sen. Giovanni Prandini, che con i suoi -decreti" vuol rompere il monopolio delle Compagnie dei portuali sulle banchine italiane, prevede infatti che si lavori un turno su tre. Ma ieri, per l'appunto, pioveva e a Genova, a differenza degli altri scali del mondo, quando piove non si lavora. O meglio si lavora con l'aggiunta del "rateo», cioè d'un premio speciale di produzione. Ieri, però, dati i venti di guerra, i vertici della Culmv hanno fatto sapere che il "rateo- sarebbe stato inglobato dalla cassa comune e le squadre hanno preferito non lavorare. Mercoledì, invece, per protesta contro la Compagnia, c'era stata la «serrata» delle imprese -utenti» dello scalo che avevano mandato in ferie i dipendenti. Il console Paride Batini, già protagonista del braccio di ferro con l'ex presidente del porto Roberto D'Alessandro, ribadisce asciutto che i decreti oltre a essere -autoritari e antidemocratici- sono l'anticamera -dello smantellamento dei porti italiani e la loro consegna agli armatori e ai privati-. E', sia pure con maggior prudenza, anche la posizione del segretario Cgil Danilo Oliva che vuole trattare la riforma -solo se saranno sospesi i decreti- e del pei genovese, in grandissimo imbarazzo politico, con il suo superesperto Ubaldo Benvenuti: •Gli armatori hanno avuto tutto: fmanaziamenti agevolati, bassi tassi d'iìiteresse sull'acquisto delle nuove navi della Fincantieri: ora, grazie a un ministro "thatchcriano" vorrebbero diventare i padroni assoluti dei porti-, I portuali, però, da due mesi, da quando cioè è cominciato il braccio di ferro con Prandini, vivono isolati, in città, chiusi in una sorta d'assedio morale. Pure, la categoria che come associazione affonda le sue origini nella storia stessa (oltre 600 anni) della città e della Repubblica Marinara e che ili qualche maniera nella città s'è identificata, non appare più amata dai genovesi. Un'irritazione sorda e cupa si rivolge nei loro confronti: la vertenza, condotta all'insegna dell'intransigenza, interra il porto e il porto è tutto per l'economia della città. Dalle fortune del porto dipendono una infinità di attività e iniziative che coinvolgono più di 50 mila persone. Il lavoro portuale vuol dire ricchezza, liquidità, finanza intemazionale, forti investimenti, una volta tanto. -Genova — dice il presidente della Camera di Commercio, Cauvin — avrebbe bisogno d'un porto franco, d'una struttura portuale manageriale agile e competitiva. Per questo siamo con Prandini-. Duro il giudizio dell'armatore Aldo Grimaldi sullo sciopero e ancor più duro quello della dirigenza della linea -Messina»: -Speriamo di farci un terminale autonomo-. Nettamente con Prandini e per un porto competitivo, realtà pubblica, ma gestita con criteri privatistici, il presidente della Regione Rinaldo Magnani, socialista, presidente ••in pectore» del Consorzio ed ex console della Compagnia: •Il porto deve essere competitivo, altrimenti sarà la morte-. E sindaco pri Cesare Campart ha varato quindici giorni fa, in Comune, un documento unitario nel quale si chiedeva la trattativa e si accettava l'ipotesi di sospensione dei de¬ creti, n presidente pro-tempore del porto, contrammiraglio Giuseppe Francese, gli ha detto di no: Campart, -tirato per la giacca- dal suo partito, ha rettificato il tiro, precisando che il suo modello è un porto-azit-nda -phiralista e competitivo-. I socialisti, dopo qualche titubanza, sono scesi in campo animando una «cordata» dei movimenti giovanili del pentapartito contro la Culmv. Il problema del maggior sindacato, la Cgil, è quello del collegamento della solidarietà. Negli Anni 50 e 60, i portuali (allora 10/12 mila) che potevano scioperare, forti del salario garantito, erano una massa d'urto formidabile, in piazza. Ma Genova sta assistendo all'estinzione dei metalmeccanici delle aziende Iri: sono venuti meno più di ventimila posti di lavoro. Gli uomini della Fiom non hanno voglia, né forza per dar vita a iniziative di solidarietà. I portuali se la dovranno cavare da soli. In casa Uil, ma soprattutto nella Cisl, l'atteggiamento è addirittura ostile. I dirigenti dei due sindacati sono sempre stati insultati e talvolta quasi malmenati dai portuali. Commenta Franco Paganini, capo della Cisl ligure: -Due anni fa, il Consorzio firmò un accordo con la Compagnia che noi non abbiamo sottoscritto perché era una resa al principio del monopolio della Culmv. Fummo vilipesi e indicati come i nemici dell'unità dei lavoratori. Oggi i fatti ci danno ragione-. Ma c'è di più. I lavoratori dell'Utenza e dell'indotto portuale — quadri, impiegati, tecnici — sono scesi sul piede di guerra. Hanno dato vita a un comitato alla cui testa è stata posta una giovane e battagliera impiegata di 32 anni. Maria Luisa Lucchetti. Nell'assemblea costitutiva sono volate parole grosse contro gli uomini della Culmv, -insensibili e protervi come può essere solo chi lotta per il potere-. I lavoratori dell'Utenza privata (armatori, spedizionieri, trasportatori, agenti marittimi e raccomandatari) sono più di 5 mila, ma, come s'è detto, l'indotto e l'occupazione indiretta possono moltiplicare questa cifra per dieci. -La Cgil e gli altri sindacati — afferma la Lucchetti — debbono esprimersi anche sul nostro avvenire. Prandini e un ministro che cerca di portare ordine nei porti-. I lavoratori dell'Utenza non hanno ammortizzatori sociali, né cassa integrazione, né salario garantito: i posti di lavoro sono in netto calo. I sindacati tradizionali sono messi sotto accusa. C'è, insomma, un movimento di protesta che sale come la marea. Da mercoledì 10 marzo l'ammiraglio Francese dovrebbe applicare i decreti. E' certo che la Culmv dirà di «no» e boicotterà la riforma con la prosecuzione degli scioperi. L'avvenire di Genova e il suo sviluppo alla vigilia del Duemila è avvolto nel buio più fitto. Paolo Lingua

Luoghi citati: Genova, Messina