Kossuth scaccia Lenin

Kossuth scaccia Lenin Kossuth scaccia Lenin ALFREDO VENTURI L'Ungheria riscopre dunque le sue Idi di marzo. Orfano di un mito proletario al quale in fondo ha sempre resistito, alla ricerca di una nuova identità sociale, il Paese vive una febbrile stagione interrogando se stesso. Nella decisiva scommessa magiara c'è un disperato bisogno di simboli. Fra un presente indecifrabile e un futuro enigmatico, non poteva essere che il passato a suggerire l'ispirazione. Infatti i simboli non si improvvisano, è naturale andarli a cercare nello spessore della storia. La notizia è dei giorni scorsi: gli ungheresi non celebreranno più il Sette Novembre, faranno festa piuttosto il Quindici Marzo. Fra le due date non c'è soltanto uno scarto stagionale. La ricorrenza abolita era il giorno della grande rivoluzione russa, il trionfo sovietico del Diciassette. Quella ora introdotta celebra l'insurrezione del Quarantotto a Budapest. Da una parte c'è la festa importata assieme alle guarnigioni russe che invasero il Paese nel '45, dall'altra la ricorrenza di un fatto di storia nazionale. L'Ottocento patriottico e borghese prende la sua rivincita sul Novecento internazionalista e proletario. E così l'immagine di Lajos Kossuth, il rivoluzionario magiaro amico di Garibaldi e Mazzini, caccia dal piedistallo l'arcigna figura di Lenin. ' Tutto questo è insieme il segno di un profondo smarrimento e di una inarrestabile tendenza. In fondo è più facile fare la storia che definirne le coordinate ideali. Nella loro ricerca di emblemi capaci di segnare i tempi nuovi, i dirigenti di Budapest hanno dovuto percorrere quasi un secolo e mezzo all'indie- tro. Si trattava di saltare a pie pari la stagione del comunismo portato dall'Armata Rossa. Bisognava anche saltare, ovviamente, il periodo dello Stato nazionale dell'ammiraglio Horthy: uscito dallo smembramento della duplice monarchia, marchiato a fuoco dalla pratica fascista e dalle scandalose frequentazioni internazionali. Si trattava di risalire fino a quel giorno di marzo in cui Budapest era insorta contro l'occupazione austriaca. Dietro questo Quarantotto restituito alla venerazione nazionale sono visibili in controluce suggestivi messaggi. E' possibile scorgervi l'ombra del Cinquantasei: oltre un secolo dopo avere preso le armi contro gli austriaci, il popolo magiaro non affronterà forse un'altra armata di occupazione, la sovietica? E del resto anche allora, a metà Ottocento, un esercito russo non aveva forse aiutato Vienna a riconquistare l'Ungheria? Altro segnale implicito: il Quarantotto aveva visto insorgere Budapest come Milano, come Parigi. Morale: Ungheria chiama Europa. Il messaggio patriottico contenuto nell'esumazione di Kossuth, infine, esalta una penosa questione irrisolta: gli ungheresi che il trattato del Trianon lasciò al di fuori dei nuovi ristretti confini, e che ora languono nella Transilvania romena sotto il truce consolato di Ceausescu. Purtroppo l'Europa è piena di simili problemi, e non è pensabile il risolverli modificando le frontiere. Ma con questa ritrovata sollecitudine verso le sacre memorie il tempestoso Paese magiaro conferma una novirà di rilievo. Quando si tratta di inchiodare i vicini a certe responsabilità morali, Budapest si riscopre fino in fondo europea.

Persone citate: Ceausescu, Horthy, Kossuth, Lajos Kossuth, Lenin, Mazzini