Little Steven e gli altri Ecco cosa dicono di noi di Luca Dondoni

Little Steven e gli altri Ecco cosa dicono di noi Little Steven e gli altri Ecco cosa dicono di noi SANREMO — L'invasione degli stranieri ha sconvolto il tran-tran abbastanza tranquillo cui ci avevano abituati questi primi giorni di Festival. Da ieri, le conferenze stampa si inseguono nei salotti degli alberghi, sulla barca della Sper. al Teatro Ariston. Tarn tam misteriosi trasmettono annunci per i pochi incontri che non vogliono essere di massa. Gli stranieri sono qui per vendere, se ne fregano del playback e fanno il loro mestiere come rotelle di un gigantesco ingranaggio. Ma c'è anche chi come Little Steven, di cui proprio ieri è uscito il nuovo album Revolution, fa una teorizzazione intelligente sull'uso del medium televisivo: -Mettiamoci in testa che la televisione non potrà mai rendere quanto un concerto dal vivo. Cantare davvero perciò è imitile. Secondo me, è inutile anche il playback: sarebbe meglio per un artista poter esibire un proprio videoclip, che almeno è un'opera dell'ingegno-. Il disco di Little Steven esce soltanto in Europa, un segno di come l'America mal digerisca le proprie star radicali, nonostante il recentissimo Grammy Award a Tracy Chapman. Violentissimo è stato l'attacco di Little Steven alla televisione, che egli ha spiegato di usare -perché è difficile fare le cose stando fuori-; questa del resto è anche la posizione di Gino Paoli. Il cantante americano si è detto pure preoccupato che la gente sia ormai convinta che la televisione possa sostituire i libri: -Questa è la follia-. Probabilmente Andrew Roachford e il suo gruppo, visti ieri sera in diretta Tv dal PalaBarilla, non si trovano molto bene in questo grosso pentolone dove i generi musicali e i gruppi anglosassoni sono intervallati dalle esibizioni dei cantanti in gara. Durante la conferenza stampa di ieri lo hanno detto chiaro. -Qui al Festival c'è un sacco di "bubble gum music", noi sappiamo di valere qualcosa in più della media. Siamo qui solo perché dobbiamo promuovere l'album-. Sono amati da tutte le star inglesi, anche Elton John ieri ha detto che sono i suoi preferiti. Loro della musica fuori casa non ne sanno granché, di quella italiana hanno detto: -La vostra musica è carina e melodiosa, soprattutto il vostro flamenco-. Grazie, Roachford, troppo buono. Negli ultimi mesi Ofra Haza, la cantante israeliana che ha mortificato con successo la sua musica etnica, si è fat¬ ta vedere più in Italia che nel resto d'Europa, e se le sue canzoni piene di sapori orientali non sono ancora dei tormentoni è solo perché c'è troppa carne pop sul fuoco della musica. Cosi, anche se superimpegnata in tour promozionali che fra poco la vedranno sbarcare anche in America, l'ex soldatessa dell'esercito isareliano viene al Festival. -Sono appena arrivata ma già sento l'atmosfera eccitala di questa città» ha detto. Bruna, con due occhi neri grossi così, la cantante ha risposto a tutte le domande tranne a quella riguardante il suo abbigliamento di scena. -E' un segreto, perché sarà un vestito stupendo e voglio lasciare tutta la sorpresa al pubblico-. Grazie Ofra per la suspense. Luca Dondoni

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