Fatto il governo mujaheddin La presidenza a un moderato di Tito Sansa

Fatto il governo mujaheddin La presidenza a un moderato La Shura afghana sblocca in extremis l'impasse oltranzisti-liberali Fatto il governo mujaheddin La presidenza a un moderato Ma il premier è fondamentalista - Nell'esecutivo provvisorio i sette leader dell'alleanza sunnita DAL NOSTRO INVIATO RAWALPINDI — L'attacco finale contro il regime di Najib a Kabul può cominciare. La Shura dei mujaheddin, riunita da due settimane, ha finalmente ritrovato un barlume di unità, varando un governo. E' un governo di compromesso, a sorpresa: ne fanno parte per il momento non 28 o 35 ministri, come previsto, ma soltanto i capi dei sette partiti fratelli e rivali, non essendo i 440 delegati riusciti a mettersi d'accordo sui nomi. Dopo tanto negoziare, litigare, ricattare e minacciare, l'alleanza dei mujaheddin è tornata così al punto di partenza: a comandare saranno gli stessi sette che da nove anni comandano dall'esilio di Peshawar. L'autentica sorpresa è stata la scelta delle cariche. Presidente e capo dello Stato, non si sa ancora se con potere esecutivo, è stato eletto con 174 voti il professor Sibghatullah Mujaddidi, il più moderato tra i moderati. Per assurdo, è l'uomo che appena sei giorni fa era stalo costretto a dimettersi. Primo ministro è stato nominato con appena un voto in meno Rasul Sayaf, che è il più oltranzista dei fondamentalisti islamici, e oltre a essere il rappresentante del partito più insignificante è anche il meno afghano di tutti, essendo espressione della setta dei Vahabiti, la lunga mano dell'Arabia Saudita. Ma il fatto più curioso è che il futuro capo dello Stato afghano, Mujaddidi, appena pochi giorni fa aveva irriso pubblicamente alla Shura che ora lo ha eletto alla massima carica dello Stato, dicendo che «non rappresenta pi,ù di un terzo del popolo afghano» e che «è molto dubbio.che le sue decisioni verranno accettate dai comandanti militari che combattono in Afghanistan e dalla popolazione tribale del nostro Paese". Altre sorprese: il professor Burhanuddin Rabbani, considerato dagli esperti il favorito perché rappresentante del partito militarmente più forte (quello dei comandanti Massud e Abdul Haq) e il più moderato tra i fondamentalisti — pertanto accettabile un po' da tutti secondo la logica occidentale — ha subito una clamorosa disfatta, finendo con soli 99 voti al penultimo posto tra gli eletti, davanti al filo-occidentale Gailadi che sembra invece essere il più popolare tra gli abitanti dell'Afghanistan. Per l'elezione era stata trovata una strana formula di voto. Ciascuno dei 440 elettori avrebbe dovuto esprimere due voti, uno per il proprio candidato e l'altro per quello di un altro partito. Sette erano i posti in ballottaggio: al primo eletto sarebbe andata la presidenza, al secondo la guida del governo, agli altri cinque tre ministeri ciascuno, uno da assumere in proprio e gli altri due da assegnare a propri uomini. E così è accaduto che il falco Gulbeddin Hekmatyar, arrivato quarto con 126 voti, si è visto aggiudicare il ministero della Difesa e Rabbani, sesto, quello degli Ester* Ma Hekm.' .,ar, secondo i primi commenti degli esperti, ha ottenuto ancora una volta un successo: il moderato e debole Mujaddidi è stato promosso alla presidenza della Repubblica islamica afghana, il primo ministro Sayaf è una sua creatura, e i suoi maggiori rivali all'interno del quartetto dei fondamentalisti sono stati sconfitti. Se la Shura abbia valore o no saranno gli avvenimenti a deciderlo. Rilevante il fatto che ieri, per la prima volta, i notabili della diaspora afghana si siano contati. Ora conoscono i rapporti di forza politici. Quelli militari e della simpatia popolare sono già noti e differiscono notevolmente da quanto scaturito ieri. L'annuncio della nomina del governo provvisorio che dovrà rimpiazzare quello comunista a Kabul è stato dato ieri sera alle 21 nella sala conferenze dello Haj Camp alla periferia di Rawalpindi. Ai giornalisti fatti entrare dopo inconsuete perquisizioni è stata offerta una cena in piedi a base di riso e montone. Poi, in una ressa indescrivibile, i rappresentanti della stampa e gli operatori televisivi sono stati fatti entrare in una sorta di tempio con 440 uomini barbuti e inturbantati che pregavano. Un mulawi ha cantato un lungo lamento, e gli altri hanno risposto come in una litania, invocando la benedizione sul governo che avevano aDpena votato. Il capo della commissione elettorale, il comandante Hakkani, l'eroe della battaglia di Khost, ha poi letto i nomi dei prescelti in un grande silenzio interrotto soltanto da qualche brusio, concludendo: <■£ ora a Kabul". Poi. con il consueto an¬ nuncio che 'Allah è grande», la Shura si è finalmente sciolta dopo due settimane di lavoro. Qualcosa, comunque, non ha quadrato: gli elettori erano 440, i voti da esprimere avrebbero pertanto dovuto essere il doppio, 880, ma quelli espressi sono stati 919. Nessuno è riuscito nella grande confusione a spiegare questo piccolo mistero. Oggi il capo del Paese, quello del governo e gli altri sei eletti sceglieranno i nomi dei ministri designandoli ai vari dicasteri. Poi il nuovo governo — stando a quanto si dice — dovrà decidere quando lasciare la base di Peshawar, in Pakistan, e trasferirsi in Afghanistan. Circola di nuovo la voce che la capitale provvisoria sarà Jalalabad, la quale ha il pregio di essere sulla strada che da Peshawar, attraverso lo storico Khyber Pass, porta direttamente a Kabul. L'attacco a Jalalabad sarebbe già stato programmato ' nformato dell'imminente ou'ensiva dei mujaheddin, il governo di Kabul ha inviato nelle ultime 24 ore nella città vicina al confine rinforzi di truppe e consolidato le già imponenti difese lasciate dai sovietici. Allarmata, una parte della popolazione che ancora era rimasta, ieri è sfollata in lunghe colonne verso il Pakistan. 'E' stata una giornata storica — ha detto il capo dell'agenzia stampa afghana Qaribur, Rehman Sayd —: t capi mujaheddin hanno sepolto le loro differenze e deciso di combattere insieme. Ci rivedremo a Kabul». Tito Sansa