«Il vero Satana è l'eterno censore»

«Il vero Satana è l'eterno censore» La scrittrice sudafricana Nadine Gordimer commenta la condanna a morte dell'autore dei «Versi satanici> «Il vero Satana è l'eterno censore» Nadine Gordimer, 66 anni, è considerata la più grande scrittrice sudafricana. E' autrice di numerosi romanzi e racconti, alcuni dei quali proibiti nel suo Paese. Da anni è candidata al premio Mobel per la letteratura. JOHANNESBURG — Disordini; libri al rogo; l'imperiosa richiesta di un bando mondiale; il boicottaggio degli editori; il minacciato rovesciamento del premier Bcnazir Buttho; e almeno cinque morti in Pakistan. Quando mai un libro è stato il pretesto per un simile delirio di virtuosa barbarie? Ingiuriato, condannato a morte da un'autorità religiosa, una taglia sul suo capo, costretto a fuggire c a vivere sotto scorta armata. Vi è mai stato uno scrittore perseguitato come Salman Rushdic? Victor Hugo, Flaubert, D. H. Lawrence e altri conobbero il pubblico obbrobrio o l'esilio. Milan Kundcra, cui fu vietato scrivere, si guadagnò da vivere pulendo finestre. Nell'Unione Sovietica di Stalin, gli scrittori erano rinchiusi nel gulag. In Sud Africa, si è proibito ad alcuni scrittori di pubblicare le loro opere. Ma neppure sotto i regimi più repressivi, nessun artista — anche se aveva offeso la morale pubblica o l'oilodossia politica — è stato mai condannato a una doppia morte. Doppia, perché il libro di Salman Rushdic dev'essere cancellato per sempre dalla letteratura mondiale e l'autore dev'essere privato della vita. E questo sanguinoso ulu ato giunge da un branco di n ilioni, tra i quali nemmeno una frazione dell'uno per cento ha letto il testo. Lo rivela il semplicismo con cui si accusa Rushdic di avere scritto, letteralmente, un libro «sul» Profeta Maometto e su null'altro. Chi ha letto questo romanzo complesso c brillante, ed è sufficientemente colto da capirlo nella sua interezza, sa che dominante tra i suoi rigogliosi temi è quello dell'espatrio in ogni senso. Maometto e la fede musulmana sono le metafore del romanziere per descrivere, fra gli altri dilemmi umani, l'espatrio spirituale nell'esperienza coloniale. Il metodo usato dai leader e dalle comunità musulmane contro Salman Rushdic è, letteralmente, una letale raffinazione dell'immutabile principio della censura, principio che era, è e sempre sarà usato per attaccare la parola al carro del tiranno. Il tiranno può essere un dittatore, un regime, un'intolleranza morale o religiosa. Per me, l'affare Rushdic rivela come uno qualsiasi di questi agenti di censura possa accrescere, in collu¬ sione, i suoi vantaggi contro la libertà di espressione. Vivendo in Sud Africa, ben conosco la censura. In varie occasioni, tre dei mici libri sono stati messi al bando. Da molti anni ormai, la stampa e tutti i media sono sottoposti qui ad arcigne restrizioni, decretate sotto consecutivi stati di emergenza imposti per soffocare l'opposizione all'apartheid. E tuttavia ho fatto una triste scoperta in questo mio Paese, un Paese dove il governo proibisce la libertà d'espressione, dove tutti coloro che usano la parola scritta devono combattere contro il Publications Control Board c le sue norme, dove molti musulmani hanno mostrato fierezza e coraggio nei movimenti di liberazione. Ho scoperto infatti che gli estremisti musulmani erano insorti in fanatica protesta contro una progetta¬ ta visita di Salman Rushdie, nel novembre passato. Rushdic era stato invitato a parlare sulla censura, ad una «Settimana del libro» dedicata a tale tema. Cosa avvenne? E' una storia che segue un intreccio ormai familiare. Comizi di arrutfapopoli davanti alle moschee; minacce di incendiare i negozi dei librai; c minacce di morte non soltanto contro Rushdic ma anche contro tutti coloro, fra i quali un membro del Congrcss of South African Writcrs, che avevano collaborato all'invito. E tutto questo ad opera di persone che non avevano letto il libro (lo so, perché io avevo l'unica copia nel Paese, inviatami dall'editore americano di Rushdic); è stato facile per questi estremisti musulmani ottenere immediatamente la proscri¬ zione del libro, »i absentia. Senza dubbio bastò una parola al Publications Control Board da parte di un membro della comunità musulmana con influenza nella I Iousc of Dclcgatcs. E' questa la «Camera» segregata dei collaboratori indiani sudafricani, nel nostro Parlamento incamerale dell'apartheid. Parlamento che esclude gli Africani. Noi scrittori avevamo l'alternativa di mettere a repentaglio la vita di Rushdie per i nostri princìpi sulla libertà di espressione o di annullare la visita. Adesso, con almeno cinque morti in Pakistan, si può dire che abbiamo fatto la sola scelta possibile. Ma, grazie a questo, teppismo religioso, lo Stato, in Sud Africa, si è conquistato un alleato nella repressione della parola. Io non ho suscettibilità religiose che possano essere offese da un'opera di narrativa. Ma accetto c rispetto le sensibilità altrui. Si sono già visti numerosi libri, lavori teatrali e film, in cui Gesù, la Vergine Maria e persino Dio vengono satireggiati, fantasiosamente privati della loro divinità e presentati come mortali imperfetti. Ma la fede cristiana rimane saldissima. Come può essere minaccialo l'Islam dalla fantasia di un unico romanzo? Non c'è dubbio. Satana ha messo lo zampino neila vicenda dei «Versi satanici». Io non credo che una qualsiasi divinità possa sanzionare quanto viene fatto ora contro Salman Rushdie. 11 fanatismo religioso ha scoperto la «Soluzione Finale» della censura per quel nemico dell'oscurità che è la parola. Scrivo, con un brivido di orrore. Nadine Gordimer Copyright « the New York Times» e per l'Italia «La Stampa»

Luoghi citati: Italia, Pakistan, Sud Africa, Unione Sovietica