L'inquieta ballata di Wittgenstein di Anacleto Verrecchia

L'inquieta ballata di Wittgenstein L'inquieta ballata di Wittgenstein «Considerava la lìngua come una fonte di esperienze», spiega il critico Joseph Peter Stein, che l'ebbe docente a Cambridge - Popper lo accusava di scrivere aforismi, «ma non c'è contraddizione fra quésto e l'aspirare a una coerente visione del mondo» - «Oggi è una moda: oggetto d'una letteratura buona nell'ambito angloamericano; isterica e mistificatrice in quello austro-tedesco» - Le affinità con Schopenhauer • «Karl Kraus gli diede del pazzo, lui lo definì orribile egoista e vanitoso» VIENNA — Nell'area di lingua tedesca i sacerdoti degli anniversari si stanno preparando per celebrare 11 centenario della nascita di Wittgenstein, che avvenne a Vienna il 26 aprile 1889. Prima che gli orecchi siano assordati dagli squilli di tromba e dalle declamazioni degli «specialisti», sentiamo quello che dice, su Wittgenstein, un suo ex allievo. E' Joseph Peter Stern, che ho incontrato a Vienna, dove attualmente si trova per un corso di lezioni all'università. Nato a Praga nel 1920, Stern scappò all'arrivo delle truppe tedesche e si rifugiò, come tanti altri ebrei, in Inghilterra. Come pilota dell'aviazione inglese, contribuì a mettere a fiamme e fuoco la Germania di Hitler. Fu abbattuto sul Golfo di Boscaglia e ne porta ancora i segni: ha la mano sinistra rovinata, come Cervantes. E' professore emerito dell'Università di Londra e autore di libri di vasto interesse su Ernst Jùnger e Lichtenberg, su Nietzsche e anche su Hitler. Come critico e storico della letteratura, scrive per la pagina letteraria di diversi giornali inglesi, fra cui il Sunday Times. Parla un bel tedesco, che gli deriva dalla scuola di Praga, ed è un tipo aperto, franco e simpatico. Un raro esempio di uomo di pensiero e d'azione. —Lei è stato allievo di Wittgenstein. «Si, per due anni». — Dove e come lo conobbe? «A Cambridge. Ero ritornato dalla guerra e anche lui era ritornato a Cambridge dopo aver prestato servizio volontario come portinaio di un ospedale. Io ero un praghese e lui viennese: questo background ci unì*. — Si adattò a fare il professore sebbene odiasse i professori e definisse assurde le cattedre di filosofia. Come mai? «Era diventato professore nel 1936, poi, nel. 1939, aveva abbandonato la cattedra "à causa della guerra ed età. ritornato nel '43-'44. Odiava soprattutto l'istituzionalismo delle università e la routine gli riusciva insopportabile. Non aveva molti amici fra i professori*. — Insomma, odiava la cultura istituzionalizzata. 'Precisamente. Vorrei anche dire, a questo punto, che solo con riserva si può definire Wittgenstein un filosofo austriaco. La sua famiglia era originariamente tedesca e io credo che l'elemento tedesco, in lui, fosse in qualche modo ancora vivo. Ma lei sa che (jK austriaci amano la propaganda culturale''. — Ma l'uomo Wittgenstein com'era? 'Fuori dell'ordinario, in tutti i sensi. Non partecipava a discussioni. Raramente si poteva fare con lui un dialogo come lo stiamo facendo noi qui. Amava certi aspetti della letteratura tedesca. Ne ero a conoscenza in quanto suo allievo-. — Quali autori amava, in particolare? 'Goethe, Lichtenberg, Schopenhauer. Leggeva con piacere anche il libro di Wilhelm Busch che s'intitola n sogno di Edoardo. Gli piacevano, inoltre, le ballate*. — Non si può dire che avesse una grande cultura. 'Assolutamente no. Aveva letto attentamente solo pochi autori. Aveva pochi libri, tra cui un'edizione in lingua originale dei Fratelli Karamazov». — Sapeva 11 russo? 'Lo leggeva. L'edizione di cui parlo era piena di annotazioni a matita*. — In un passo Wittgenstein elenca gli autori che influirono su di lui, ma stranamente non fa 11 nome di Lichtenberg. Forse perché gli doveva troppo? 'Le posso dire questo. A Cambridge io lavoravo proprio su Lichtenberg per la mia tesi e scoprii molte affinità tra i due, che poi dimostrai. Sono imparentati molto da vicino. Più che di prestiti, però, parlerei di coincidenze. Ma c'è anche qualche cosa che li divide: Lichtenberg sprizza umore, mentre Wittgenstein ne è privo*. — Intorno a Wittgenstein è sorta una specie di chiesa. E' una moda? «Si, è una moda che dura a partire dalla sua morte, è senza interruzione. Su di lui è sorta una grande letteratura, buona neU'ambito angloamericano, piuttosto Jstèrlca e mistificatrice nell'ambito austro-tedesco*. — E quella italiana? «Aron la conosco*. — Ma che cosa ha detto di veramente nuovo, Wittgenstein? Un dotto viennese mi disse: 'Tutti portano in processione questo Wittgenstein e nessuno ha il coraggio di dire che non ci ha capito niente*. 'Mi limito a questo. Wittgenstein ha criticato ampiamente e dettagliatamente il sistema aristotelico delle categorìe e al suo posto ha intro- dotto un riuotiD sistema di falsificazioni'. — Tutta la filosofia, secondo Wittgenstein, non sarebbe altro che critica del linguaggio. Ma è davvero solo questo? «Naturalmente la filosofia non è soltanto questo. Ma a me i metafisici sistemi filosofici interessano molto di meno della critica dì tali sistemi». — Popper chiama Wittgen. Stein un 'filosofo oracolare*. 'Qui c'è dietro un'aspra polemica, dovutaanche a contrasti personali. Popper non crede all'importanza della formulazione linguistica. Per lui la lingua è solo uno strumento descrittivo e niente di più. Per Wittgenstein, invece, la lingua è anche una fonte di esperienze. F-ssa fa delle cose, non solo' '.ve*. — E' sen. ^pper a dire che un vero filosofo deve dimostrare, non limitarsi a scrivere aforismi E non si riferisce solo a Wittgenstein, ma anche a Nietzsche. 'Wittgenstein ha scritto aforismi, massime e riflessioni non perché non sapesse dimostrare o portare le prove, ma perché vedeva la lingua come un paesaggio intero. Gli aforismi fanno parie di un sistema che viene continuamente formulato. Non c'è contraddizione fra lo scrivere aforismi e l'aspirare a una coerente visione del mondo». — Uno dei pochi filosofi letti e amati da Wittgenstein è Schopenhauer. Che cosa gli deve? 'Questa è una domanda molto difficile. I critici sostengono che egli abbia preso molto da Schopenhaìier. ma per me questo non è cosi chiaro. A me sembra che l'enorme, edifi- ciò metafisico, che Schopenhauer costruì quando era ancora molto giovane e che non cambiò mai, vada contro i principi fondamentali con cui Wittgenstein affronta la metafisica*. — E per quel che riguarda Kant? 'Quello che Wittgenstein ha fatto è, infondo, la variazione della critica kantiana in senso linguistico. Come Kant formula la nostra esperienza quale prodotto delle forme di conoscenza, così, in maniera analoga, Wittgenstein formula il concetto della lingua come la forma in cui noi viviamo il mondo*. — Qui a Vienna mi è stato raccontato questo episodio. Viktor Kraft, l'ultimo membro del Circolo di Vienna, dette da commentare un passo di Wittgenstein ai suoi allievi Tutti dettero una interpretazione diversa. E Kraft: 'Non preoccupatevi. Wittgenstein stesso non sapeva spiegarlo e diceva sempre una cosa diversa». •Non posso immaginare che Wittgenstein abbia mai scritto qualche cosa senza essere convinto che fosse chiaro e comprensibile». — Com'erano i rapporti con Kart Kraus? 'Non abbiamo, al riguardo, notizie molto precise. Comunque, nella Fackel di prima della guerra c'erano molte cose che Wittgenstein leggeva con entusiasmo, soprattutto la critica ai porcili borghesi che Kraus vedeva qui a Vienna. Quando Wittgenstein ritornò dalla guerra, sembra che abbia avuto uno scontro tempestoso con Karl Kraus. Questi lo avrebbe preso per un pazzo completo. Wittgenstein avrebbe detto a Kraus che era un orribile egoista e un vanitoso». — La letteratura austriaca è fatta soprattutto di ebrei e questi provengono spesso da Praga o dalla Boemia. Non sarebbe dunque più giusto parlare di letteratura ebraicopraghese? 'Non proprio tutti provengono da Praga. Bisogna anche dire che essi odiavano Praga, tanto che l'abbandonarono. L'unico che ci rimase, però contro la sua volontà, fu Kafka». — A proposito di Kafka, è veramente quel colosso di cui tanto si parla? Joseph Roth dubita che i suoi romanzi siano veramente romanzi. -E infatti non è uno scrittore di romanzi. Non finì mai un romanzo e non pubblicò mai lui stesso un romanzo. Scrive novelle, osservazioni, riflessioni, soprattutto parabole. Teorizza una visione che si avvicina molto al mondo moderno: la cattiva coscienza. Si. io credo che sia molte importante. Nella scala io nominerei Rilke. Kafka e Musil». — Chi vive a Vienna in questi tempi ha l'impressione di essere in una enorme sinagoga. Dalla mattina alla sera non si fa altro che pariare di ebrei. Ma questo non è sospetto? Come i grandi dolori sono nudi, cosi il profondo e sincero rimorso non ama le declamazioni. Non per niente il Confiteor è una preghiera che va recitata a bassa voce. •Lei mi parla al cuore. Anch'io sono uno straniero e ho notato esattamente la stessa cosa. A volte con grande stupore, a volte con qualche spavento. Il motivo mi è abbastanza chiaro. E' la cattiva coscienza. Naturalmente non mi riferisco alla coscienza della nuova generazione, che non c'entra». — Insomma questo continuo parlare di ebrei le dà fastidio. 'Sì, assolutamente». — Seneca dice che gli allievi di Pitagora dovevano stare zitti per cinque anni. Non le sembra che una simile cura sarebbe opportuna anche oggi, per tutti e in tutti i campi? 'Certamente. Ma non è facile dire fino a quando la dobbiamo aspettare». — Lei ha scritto anche un bel libro su Nietzsche. Pensando alle sue teorie e a quello che è venuto dopo di lui in Germania, lo ritiene innocente? 'No. Sono stato attaccato fortemente proprio perché ho detto che esistono legami diretti tra Nietzsche e" il fascismo prima e il nazionalsocialismo dopo. Lei sa che quando Mussolini e Hitler s'incontrarono al Brennero il regalo ufficiale del Fuhrer al Duce fu una splendida edizione delle opere di Nietzsche». Anacleto Verrecchia Ludwig Wittgenstein: «Amava Goethe e Schopenhauer. Leggeva "I fratelli Karamazov" in russo»