In Usa riparte l'inflazione e Wall Street perde l'I,82%

In Usa riparte l'inflazione e Wall Street perde l'I,82% A gennaio aumento dello 0,6% (7,2% su base annua) In Usa riparte l'inflazione e Wall Street perde l'I,82% L'indice Dow Jones scivola di 42,32 punti - Greenspan riconferma la stretta • Il petrolio in altalena ROMA — Negli Usa torna la paura dell'inflazione: a gennaio l'indice dei prezzi al consumo è salito dello 0,6% ad un tasso annuo composto del 7,2%. A dicembre l'aumento era stato dello 0,3% (ad un tasso annuo composto del 4,1%) mentre in novembre un ugual incremento dello 0,3% aveva portato il tasso annuo a quota 3%. Un sondaggio condotto dalla Dow Jones prevedeva un incremento dello 0,5%. Il governatore della Fed, Greenspan, e il portavoce di Bush, Boskin, hanno subito definito «inquietante» l'impennata dei prezzi: .Non tollereremo un aumento dell'inflazione» ha detto Boskin, e Greenspan ha ribadito che la Fed manterrà una politica monetaria restrittiva per combattere l'inflazione americana che nell'89 dovrebbe salire al 4,5-5 per cento. Il dollaro, che aveva già chiuso in netto ribasso in Europa, è subito sceso dopo l'annuncio dei dati (a Milano il biglietto verde era stato indicato a 1351,9 lire contro le 1358.9 di martedì) mentre a Wall Street, in seguito all'acuirsi dei timori di un rialzo dei tassi d'interesse, l'indice Dow Jones, dopo una giornata convulsa, ha perso 42,32 punti chiudendo a 2284,11, l'l,82r/f in meno rispetto alla chiusura di martedì. In netta ripresa invece il marco che a Milano è stato indicato a 734,23 lire contro le precedenti 732,06. La valuta tedesca ha risentito delle aspettative di una nuova stretta creditizia da parte della Bundesbank, e si sta dunque rafforzando nei «cross-rates» contro tutte le principali valute. Il timore di un rialzo dei tassi ha condizionato la Borsa di Francoforte, dove l'indice Dax è sceso al minimo di quest'anno, infrangendo la quota psicologica dei 1.300 punti e chiudendo a quota 1292,17 (15,35 punti in meno della chiusura di martedì). Per trovare un livello più basso dell'indice bisogna risalire al 15 dicembre scorso quando chiuse a quota 1285,33. Il barometro del mercato si è orientato decisamente al brutto quando la Bundesbank ha comunicato l'esito dell'operazione di pronti contro termine di finanziamento lanciata mar¬ tedì. La banca centrale ha infatti drenato liquidità per 2,2 miliardi di marchi ma, ciò che più ha preoccupato gli investitori, ha condotto l'operazione a tassi variabili oscillanti tra il 6% e il 6,25%, oltre quindi la soglia del tasso «Lombard» sulle anticipazioni contro titoli, posta al 6%, che rappresenta il limite, pur non ufficiale, delle oscillazioni dei tassi monetari. In linea con la Bundesbank, anche la banca d'Olanda ha rialzato il proprio tasso d'intervento sul mercato monetario portandolo al 6,4%. Ma torniamo all'inflazione Usa. Il deciso balzo dei prezzi ha immediatamente fatto riecheggiare nelle orecchie degli operatori le parole pronunciate martedì dal governatore della Fed, Greenspan davanti alla commissione bancaria del Senato. Il capo della Fed, incurante del diverso parere espresso dalla Casa Bianca, aveva ribadito per la terza volta in un mese che il livello dell'inflazione è intollerabile e che, in un quadro che non vede allentarsi le pressioni sui prezzi, la politica della banca centrale non può indulgere allo stimolo ma deve forzatamente stringere le redini. L'aumento dei prezzi in gennaio è un segno allarmante che le pressioni inflazionistiche stanno gradualmente crescendo a causa dell'aumento delle retribuzioni e del costo crescente delle materie prime. A partire dal petrolio, che ieri ha perso terreno in Europa, sulla scia dei risultati considerati «deludenti» della riunione dei paesi non -Opec svoltasi martedì a Londra, mentre è tornato a salire in serata a New York. A Londra il Brent del Mare del Nord per marzo ha chiuso a 16,55 dollari per barile (contro i 16,76 di martedì); a New York il Wti per aprile quotava a tarda sera 17,80 dollari il barile, 17 cents in più della chiusura precedente. Sempre a tarda sera sono filtrate notizie sui risultati del vertice londinese. Sei dei sette paesi indipendenti (Cina, Egitto, Messico, Malesia, Oman e Yei'isn del Nord) avrebbero concordato di ridurre le loro esportazioni del 57<j mentre l'Angola sarebbe ancora esitante. r. e. s. 18 H 17 16 L'altalena del greggio Brent Blend Crude (dollaro per barile) gennaio-febbraio 19S9 Fonte: Petroleum Argus

Persone citate: Boskin, Bush, Greenspan, Lombard