Il pm processo a Cuccia di Susanna Marzolla
Il pm: processo a Cuccia «Fondi neri» di Mediobanca, chiesto il rinvio a giudizio Il pm: processo a Cuccia Con altri otto (tra cui Calabria e Cingano) è accusato di falso in bilancio - Secondo la difesa, i 24 miliardi si sono «persi» durante il passaggio dalla contabilità manuale a quella automatizzata MILANO — Il sostituto procuratore Luigi De Ruggiero ha chiesto ieri al giudice istruttore il rinvio a giudizio per falso in bilancio dell'intero vertice di Mediobanca negli anni 1970-1980: Enrico Cuccia, Fausto Calabria, Franco Cingano, Giovanni Guidi, Lucio Rondelli, Vincenzo Maranghi, Luigi Chiericati, Luigi Tebanelli, Edgardo Intra-Sidola. Sono sotto accusa per una vicenda di 24 miliardi «spariti» dal bilancio: da qui il sospetto di ••fondi neri». Secondo la tesi difensiva di Mediobanca si è trattato invece di un -semplice problema contabile-. Chi sono gli accusati? Enrico Cuccia, attualmente presidente onorario di Mediobanca, è stato per anni il consigliere delegato e in pratica ••l'anima» dell'istituto. Fausto Calabria, già inquisito nella vicenda dei «fondi neri» dell'Iri, ne è stato il presidente. Francesco Cingano, attuale presidente, all'epoca dei fatti era amministratore delegato dellla Banca Commerciale: come tale siedeva nel comitato esecutivo di Mediobanca. Stesso ruolo per Giovanni Guidi, ex amministratore delegato del Banco di Roma ed Enrico Rondelli, amministratore delegato del Credito Italiano. Vincenzo Maranghi, oggi consigliere e direttore generale di Mediobanca, era addetto al «servizio partecipazioni»; Ugo Tabanelli e Luigi Chiericati svolgevano il ruolo di sindaci, Edgardo Intra-Sidola era un cassiere. Tutti avevano ricevuto un mandato di comparizione nel maggio '88. Interrogati dal giudice si sono detti all'oscuro di eventuali «riserve occulte». Solo Cuccia avrebbe accennato all'esigenza imprenditoriale di tenere coperte alcune spese: comunque un discorso teorico, non l'ammissione di responsabilità nel fatto specifico. La riapertura dell'inchiesta, circa tre anni fa, aveva sorpreso i vertici di Medio¬ banca che ritenevano il caso ormai chiuso. E infatti il fascicolo era arrivato sul tavolo del giudice istruttore Gherardo Colombo con una richiesta di archiviazione. Ad avviare l'indagine, alla fine degli Anni Settanta, era stato l'esposto di un'azionista, n fascicolo era passato alla procura mentre nel frattempo (1978-'79) la Banca d'Italia aveva svolto un'inchiesta autonoma su Mediobanca senza riscontrare nulla di irregolare. Anche per questo la procu;-;. aveva chiesto di archiviare il caso. Il giudice Colombo invece decide di condurre ulteriori indagini (siamo già al 1986) e invia in Mediobanca la Guardia di Finanza. Analisi accurate dei documenti contabili e dei bilanci: alla fine, in un rapporto, la Finanza denuncia l'esistenza di un «fondo» non contabilizzato di 20 miliardi fino al 1976 e di altri 4 miliardi tra il 1976 e il 1980. Da dove ven vano questi soldi e come sono stati utilizzati? Neppure il p a De Ruggiero ha saputo spi- ^arlo. Una «minima parto» della somma — secondo ii magistrato — sarebbe stata utilizzata per gratifiche a dirigenti e dipendenti. Per la maggior parte, invece, esistono solo ipotesi: integrazione di interessi passivi di clienti importanti, interventi a favore di società partecipate. Escluse le ipotesi di una possibile frode al fisco e di finanziamenti occulti a partiti. Ed esclusa da De Ruggiero la versione di Mediobanca secondo la quale i fondi si sarebbero «perduti» nel periodo di passaggio dalla contabilità manuale a quella automatizzata. Si sarebbe trattato di certificati di deposito contabilizzati per errore in conti intemi. Un «disguido» attribuibile al capo cassiere di quel periodo che però, nel frattempo, è morto. Per spiegare come questo eventuale errore possa essere sfuggito al momento della revisione dei conti, Mediobanca adduce l'«esiguità» della cifra rispetto al suo bilancio complessivo: in quegli anni la sola raccolta in lire era di 2400 miliardi, cento volte tanto i presunti «fondi neri». Susanna Marzolla
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