Quelle ruspe in marcia su Chia

Quelle ruspe in marcia su Chia BATTAGLIA IN SARDEGNA, MENTRE SI ATTENDE IL PIANO PAESISTICO Quelle ruspe in marcia su Chia Ritorna il progetto di un complesso turìstico a monte dell'intatta bellezza delle dune e degli stagni presso Capo Spartivento, ideale parco costiero - Apocalittica minaccia di cementificazione-su tutte le coste sarde: 300 milioni di metri quadrati di villette - Ma è cresciuta nell'isola la consapevolezza culturale: sindacati e amministratori schierati per la tutela CAGLIARI — E' in corso la battaglia per Chia, sulla costa a Sud di Cagliari., verso Capo Spartivento. Luogo emblematico per la sua bellezza altissima, ultimo baluardo della conservazione di una Sardegna meridionale che avevo ancora le suggestioni del mito. L'allarme scattò quando le ruspe cominciarono ad aggredire le dune ammantate da ginepri e gli stagni che formano un sistema naturale, intatto da millenni, prolungato fino a Porto Teulada da massicci costieri protesi su insenature profonde, dalle acque blu, verdi, viola. Con le ruspe arrivarono autocarri carichi di mattoni e di altro materiale da costruzione; fu tracciata una strada sui bordi dello stagno «Campana», venne iniziato un canale artificiale. Erano i segnali della temuta ripresa di un vecchio progetto di lottizzazione con porto turistico ricavato nello stagno. Progetto che sembrava abbandonato dal 1985, quando un'ondata di proteste ne aveva provocato il blocco. Oggi, riparati almeno in parte i danni causati nei mesi scorsi da lavori preparatori abusivi o autorizzati nel totale disprezzo dei valori ambientali, la società promotrice afferma di voler realizzare a Chia un «comprensorio turistico integrato» nel rispetto dell'ecosistema e del paesaggio, sema il temuto porto nello stagno. Ma le assicurazioni non dissipano l'allarme per le sorti di questo unico monumento mediterraneo, che deve restare assolutamente integro, spostando in siti più idonei gli alberghi, i centri commerciali, le case per migliaia di posti letto, l'approdo turistico. A monte, sulle dolci colline degradanti verso i campi semicoltivati che proteggono alle spalle ledine e gli stagni, gli spazi deserti abbondano. La fascia a mare-va salvata totalmente, a dispetto delle sconsiderate approvazioni firmate in passato da autorità regionali e statali, Soprintendenza compresa. Qui si verifica la serietà degli impegni solenni ma generici dei ministri dell'Ambiente, dei Beni culturali, della Marina (da cui dipendono le capitanerie di porto, padrone dei litorali). Nel 1985 si era rifiutato di firmare lo scempio l'assessore regionale all'Urbanistica, Luigi Cogodi, sensibile agli appelli giunti da ogni parte d'Italia e fautore di un programma concordato con gli '.mprenditori per promuovere uno sviluppo turistico non distruttivo, concepito col fine di dare occupazione e offrire spazio all'iniziativa privata senza toccare la fascia litoranea che rappresenta il massimo valore e la massima attrazione di questi luoghi. Dopo quella prova di coraggio, Luigi Cogodi venne trasferito a un altro assessorato. Erano gli anni in cui si discuteva con passione della possibilità di conciliare la crescita del turismo in Sardegna, tanto desiderata dopo l'infelice esperienza di industrializzazione fondata sulla petrolchimica, con la conservazione di ambienti e paesaggi costieri preziosi dal punto di vista naturalistico e più largamente culturale. Era ormai evidente che la trasformazione dei litorali in agglomerati di seconde case stava riducendo o annullando i valori tipici dell'isola, senza produrre i benefici attesi dai sardi. Caso esemplare quello del comune di Arzachena, comprendente in parte la Costa Smeralda: 23 mila ettari di territorio, infrastrutture e servizi per poche migliaia di abitanti che d'estate diventano 150 mila, avendo a disposizione dieci vigili e venticinque netturbini. IÀ previsioni erano e restano apocalittiche. Trecento milioni di metri quadrati di "zone turistiche» destinati a villette lungo tutte le coste sarde. I piani comunali potrebbero consentire 70 milioni di metri cubi, ripetendo all'infinito le brutte copie di Porto Cervo e Porto Rotondo, spargendo in disordine e in riva al mare agglomerali deserti per dieci mesi l'anno, nnme quelli che si stendono (.'la Costa Rei a Nord di Capo Carbonara. Ogni insenatura era ed è minacciata ualla cementificazione, in p'-rte jutorìzzata e in parte abusiva. A Nord, di fronte all'isola dt Caprera, l'ex sindaco di Arzachena, Salvatore Orecchioni, sta combattendo una battaglia personale contro il porto turistico di Poltu Quatu, che non era riuscito a bloccare quando era in carica, almeno nella parte ritenuta abusiva. Un fiordo roccioso e selvaggio sbarralo da undici moletti, banchinato, ridotto a geometria volgare nel quadro di villette e casette per 76 mila metri cubi. Una certa saturazione del mercato aveva raffreddato gli entusiasmi dei lottizzatori, concedendo alla Sardegna un periodo di pausa. Oggi la febbre toma a salire, ma la condizione culturale dell'isola è cambiata e il fronte degli oppositori allo scempio generalizzato si è esteso sino a coinvolgere non poche amministrazioni locali con l'appoggio dei sindacati. La Cgil ha proposto addirittura un provvedimento di emergenza: blocco temporaneo di ogni edificazione entro una fascia di 500 metri dalla battigia e rapida stesura del piano di coordinamento, o piano paesistico, che la Regione era obbligata ad adottare alla fine del 1986 secondo la legge Galasso. «Si devono però correggere errori e dimenticanze sorprendenti: tra le aree indicate per una speciale tutela mancano proprio quelle intatte, come il litorale di Buggerru sulla costa occidentale e come la costa meridionale, da Chia a Porto Teulada», annota il geologo Felice Di Gregorio, presidente regionale di Italia Nostra. Su questa costa, comprendente lo straordinario golfo di Capo Malfatono, incombono vecchi progetti dì lottizzazioni in contrasto con la destinazione a parco marino. n punto focale della battaglia in corso rimare Chia. Più delle polemiche tra la principale società lottizzatrice Sarti (che ora esprime migliori propositi) e gli ambientalisti, più delle denunce contro la Capitaneria di porto e degli attacchi all'assessore regionale all'Urbanistica Giovanni Merella, repubblicano, interessano gli spiragli che sembrano aprirsi per soluzioni ragionevoli. L'amministrazione comunale di Domusdemaria, che aveva ereditato progetti rovinosi, si dice decisa a impedire lo scempio, trasferendo le costruzioni ammissibili altrove per conservare intatti gli stagni, le dune, le spiagge. Dovrebbero essere ridotti i piani delle cosiddette «zone F», che consentono costruzioni per 880 mila metri cubi, insediando una popolazione estiva di 25 mila persone (il comune di Domusdemaria ne conta 1500) con relativi servizi, fognature, strade, acquedotti, proprio dove sopravvive un lembo di Sardegna da conservare in modo assoluto. Anche lo Regione autonoma esprime buoni propositi.. «L'intera giunta è contro la cementificazione delle coste», ha detto pubblicamente il presidente Mario Melis. Ma per dare un seguito concreto a queste affermazioni di principio non basterà limitare i danni a Chia e dintorni. Il direttore del servizio di vigilanza in materia edilizia, ing. Gianni Amadori, stima in 400 miliardi di lire il solo onere per il risanamento degli agglomerati abusivi sorti sulle coste dalla Gallura a Stintino, sulla costa orientale con più forte pressione nella zona di Siniscola, sulla costa occidentale a Sud di Alghero e di fronte a S. Antioco, infine tra Cagliari e Vìllasimius, nonché su lunghi trotti della meno conosciuta costa orientale. Il provvedimento risolutivo e più atteso è il piano paesistico, che dovrebbe finalmente stabilire quali tratti delle coste sono modificabili, quali sono da restaurare, quali sono da conservare allo stato di natura. La Regione Sardegna ha da oltre dieci anni una sua legge che vieta di edificare a meno di 150 metri dalla battigia. Era stata vanificata concedendo a man bassa permessi prima della sua erdrata in vigore. Oggi si parla addirittura di sostituirla con una nuova legge che porrebbe il vincolo sino a 500 metri dal mare, abolendo però il divieto, ed è risaputo che ì vincoli comportano giudizi discrezionali, aprendo larghi varchi. Un pessimo segnale, mentre si dovrebbe riprendere il discorso interrotto anni fa per ridurre drasticamente i progetti già approvati, magari concedendo al tempo stesso «premi di cubatura» agli imprenditori disposti ad allontanare dalla costa le lottizzazioni già perfezionate legalmente. Una misura discutibile, carica di insidie, ma senz'altro da preferire a una legge teoricamente vincolistica che aprirebbe le porte alla contrattazione per una nuova marea di case e casette lungo i litorali della Sardegna, Se è vero che l'amministrazione regionale e quelle locali intendono salvare il salvabile dopo essersi rese conto dei danni causati dalle urbanizzazioni selvagge (la vergogna dei cartelli «divieto di balneazione- dove il mare era purissimo), si conservi l'inedificabilità a 150 metri dal mare e si cominci a realizzare il programma dì parchi eostieri su aree di proprietà pubblica. Non sono pochi i comuni che possiedono centinaia o migliaia di ettari: Santa Teresa di Gallura 225, Carloforte 1676, Siniscola 11.280,, Lungo la costa occidentale a Sud di Capo Frasca diversi enti minerari possiedono ben 6633 ettari in abbandono, una superficie superiore a quella del Parco Nazionale del Circeo. In tutta Italia si sta consolidando la nuova cultura dell'ambiente e del paesaggio. La Sardegna ha un patrimonio straordinariamente ricco e in molti casi unico sotto l'aspetto geologico, botanico, faunistico. Dispone di grandi spazi disabitati a ridosso delle coste più conlese. Ha ricche riserve di mare pulito. La sita classe dirigente è ancora in tempo per offrire un modello di sviluppo più redditizio di quello che sinora ha prodotto congestioni, inquinamenti e devastazioni a danno del turismo e a spese dei sardi stessi. Mario Fazio