Millar dei diseguali di Luciano Gallino

Millar dei diseguali TORNA L'ILLUMINISTA SOCIOLOGO Millar dei diseguali Porre le basi di tre diverse scienze sociali in meno di dieci anni è impresa forse unica nella storia delle idee. La compirono, oltre due secoli fa, un piccolo gruppo di illuministi scozzesi, professori a Edimburgo e a Glasgow. Nel 1767 Adam Ferguson pubblica il Saggio sulla storia Mia società civile, fondamentale ancor oggi al fine di comprendere un concetto chiave per la teoria della politica e dello Stato. Appena quattro anni dopo vedono1 la luce le molto sociologiche Osservazioni sull'orìgine delle distinzioni di rango nella società di John Millar, che possiamo ora apprezzare nella prima traduzione italiana presentata con dottrina e passione da Enzo Barrocci (ed. Angeli). Infine nel 1776 compaiono le Ricerche sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni di Adam Smith, maestro di Millar, poi amico e, per qualche tempo, suo collega a Glasgow. Quasi fosse pentita di aver favorito la comparsa, in un periodo si breve, in un solo angolo d'Europa, di tre opere divenute dei classici già ai tempi loro, la storia delle idee avrebbe riservato ai loro autori un destino per ciascuno diverso. L'ininterrotta celebrità e attualità di Smith è nota. Non solo La ricchezza delle nazioni occupa interi capitoli in tutte le storie del pensiero economico, ma economisti di ogni generazione hanno trovato in essa vitali elementi di confronto. Invece Ferguson, lodato da Marx, da Gumplowicz, da Sombart, è entrato a buon diritto nelle storie della sociologia come uno dei padri fondatori di questa disciplina, ma è stato totalmente escluso dalle storie del pensiero politico. A tono, poiché le sue riflessioni sui rapporti tra individuo e comunità, e sulle fondamenta sociologiche dello Stato, non appaiono meno valide di quelle di suoi contemporaneij come ad esempio Edmund Burke, che in tali storie compaiono senza eccezioni. Quanto al suo Saggio, è caduto nell'oblio per quasi un secolo; solo con gli Anni 60 ha risvegliato un certo interesse, non limitato agli storici del pensiero sociologico. * * Ancor più colpite dall'oblio, e con esse il suo autore, sono state le Osservazioni di Millar, che sebbene più smilze non sfigurano certo accanto al Saggio di Ferguson. Dopo aver conosciuto tre edizioni in meno di otto anni (la terza, del 1779, è appunto quella presa come base della versione italiana) ed essere stata tradotta in tedesco appena un anno dopo, quindi in francese, l'opera di Millar sembra scom¬ parire, poco dopo la morte dell'autore (1801), dall'orizzonte del pensiero politico e sociologico europeo. Le storie della sociologia e delle dottrine politiche ignorano quasi totalmente Millar, il cui nome viene al più citatb di passata negli elenchi dei precursori connessi all'illuminismo scozzese. Secondo uno storico che si occupò di lui negli Anni 30, Roy Pascal, ampiamente ripreso da Bartocci nell'introduzione alle Osservazioni, Millar sarebbe stato condannato all'oblio da una sorta di congiura borghese. Con essa si sarebbe voluto colpire una delle primissime opere in cui le diseguaglianze di autorità e di influenza che si osservano tra gli individui sono spiegate, per la maggior parte, con le dinamiche sociali connesse alla proprietà e alla ricchezza. In tempi primitivi, a un individuo veniva assegnato il rango di capo per via della sua forza fisica, del coraggio, delle sue capacità di condottiero. Ma con lo sviluppo dell'agricoltura e dell'industria, un'altra fonte di influenza e di autorità precedentemente sconosciuta si manifesta, capace di accumulare sugli stessi individui sempre nuove dosi dell'una e dell'altra. «In modo corrispondente al patrimonio che ha accumulato», scrive Millar, l'uomo più ricco della società «viene esaltato ad un rango più elevato, vive in migliori condizioni e mantiene un seguito più numeroso di sei vi e di dipendenti i quali... sono sempre pronti a sostenere il suo potere e la sua dignità». Perciò l'autorità derivante dalla ricchezza «non solo è superiore a quella che deriva dalle semplici capacità personali, ma è anche più stabile e permanente». E' possibile che la prospera borghesia scozzese e inglese dell'ultimo quarto del Settecento e dei primi decenni dell'Ottocento non amasse sentirsi dire che il suo rango elevato derivava dai processi impersonali di accumulazione della ricchezza, più che dalle sue capacità individuali. Ma non si vede perché essa avrebbe dovuto concentrare la sua congiura dell'oblio proprio su Millar, e non su autori molto più polemici nei suoi confronti: gente come William Godwin, William Thompson, John Gray, divenuti notissimi ai tempi loro e anche dopo. Nonché più pericolosi perché, a differenza di Millar, cominciavano a sollecitare «i servi e i dipendenti» a far sentire la loro voce. Tuttavia l'ipotesi che l'opera di Millar, con il suo pacato ragionare da studioso attento a vagliare i dati prò e contro ogni affermazione, sia scomparsa dalla scena intellettuale perché in qualche modo irritava i lettori dell'epoca non sembra del tutto priva di fondamento. In una società che ancora considerava le distinzioni di rango, le diseguaglianze sociali di qualunque genere, come- fossero il prodotto o delle naturali tendenze della natura umana, o d'un contratto sociale razionalmente sottoscritto, Millar proponeva di esse un'interpretazione — sociologica avanti lettera — per più versi disturbante. * ★ La rispettiva condizione dei sessi, in specie la posizione subordinata della donna, non è per riulla naturale, si legge nelle Osservazioni. La posizione della donna dipende dalla disponibilità di ricchezze e dal progresso dell'industria e delie arti. Quanto più l'una e l'altro avanzano, di tanto si accresce la libertà della donna. E però vi sono dei limiti oltre i quali sembra impossibile spingere questi progressi. Nelle nazioni ricche, Icsforzo esasperato per gratificare ogni desiderio finisce per ridurre nuovamente il rango e la dignità delle donne, «ostacolando ogni progresso nei loro rapporti con l'altro sesso». Se la condizione inferiore della donna non è affatto naturale, nemmeno lo è l'autorità del padre nella famiglia, del sovrano e dei funzionari nella politica. Il potere assoluto di cui essi godevano nelle epoche antiche poggiava su una struttura sociale in cui, per varie cause, in primo luogo per la scarsità di beni, era concesso al forte di opptimere il debole. Il progresso nelle arti e nella produzione di beni di consumo — sono le esatte parole di Millar — contribuiscono a minare e a indebolire il potere dell'uno e degli altri. Allo stesso tempo, i membri della famiglia, e tutti i cittadini, si elevano ad uno stato di libertà e di indipendenza. A causa della sua accentuazione del fattore economico nello sviluppo sociale, Millar fu accusato da Sombart di essere un materialista; per la stessa ragione è stato accostato a Marx. Su questi giudizi si può discutere. Di certo Millar fu tra i primi ad affermare e documentare con forza che la libertà in tutti i campi appare storicamente connessa, quasi senza eccezioni, e non senza costi e rischi molteplici, alla libertà di azione economica. Da questo punto di vista egli si presenta come un precursore, più che di Marx, dei grandi autori del liberalesimo moderno, da Schumpeter a von Hayek. Luciano Gallino

Luoghi citati: Edimburgo, Europa, Glasgow