Le belle speranze del cinema tedesco di Gianni Rondolino

Le belle speranze del cinema tedesco Le belle speranze del cinema tedesco BERLINO — Dove va il nuovo cinema tedesco? O meglio, in che direzione si muovono i giovani registi della Germania federale oggi? O ancora, si può parlare di un «nuovo cinema tedesco», come se n'era parlato quindici o vent'anni fa ai tempi di Fassbinder, di Wenders, di Herzog? Certamente la situazione è profondamente mutata da allora, sia sul piano politico-culturale, sia su quello economicostrutturale. E tuttavia, da quanto si è visto in questi giorni a Berlino, nelle sezioni parallele del Festival, ci sembra di poter dire che esiste un «nuovo cinema tedesco», diverso ma altrettanto interessante di quello d'allora. E che i giovani registi, spesso esordienti, dimostrano non soltanto di possedere una tecnica eccellente, un linguaggio maturo (magari appresi nelle scuole di Monaco, Amburgo o Berlino), ma anche di avere qualcosa da dire. Prendiamo il trentenne Christian Wagner al suo secondo film, L'ultimo cammino di Walter. E' un'opera delicata e intensa, il ritratto di un vecchio controllore di binari in pensione, che non si rassegna all'inattività e ripercorre, nelle sue solitarie camminate lungo la ferrovìa, la propria vita passata, gli affetti, i dolori, la solitudine. Potrebbe essere un tema stantio, una storia raccontata mille volte; ma Wagner ha uno sguardo partecipe, indaga nelle pieghe della psicologia del personaggio attraverso immagini d'una bellezza cristallina, e il suo Waller si staglia come una figura a tutto tondo, inquietante nella sua apparente rassegnazione. All'opposto, il personaggio femminile di Georgelte Meunier, opera prima della trentenne Tania Stòcklin (in collaborazione col ventiseienne Cyrille Rey-Coquais), è il simbolo stesso della ribellio¬ ne totale. Il suo amore incestuoso per il fratello, condannato e negato, la conduce, sola e vendicativa, a una vita fuori delle regole sociali e morali. L'amore diventa odio, gli uomini i suoi nemici, il piacere una dichiarata volontà d'omicidio. Nel descrivere, con stile asicutto e sequenze folgoranti, il calvario-liberazione di questa giovane donna, sembra che la Stòcklin voglia dirci che il rapporto amore-morte costituisce l'essenza stessa dela vita, la tragedia dell'esistenza. E il suo discorso lascia una traccia alquanto profonda. Certamente più incisiva di quella, apparentemente più provocatoria, dell'opera prima di Monika Treut, La macchina vergine. Qui la ribellione è soprattutto morale, una sorta di invito al lesbismo attraverso le tappe d'un percorso alternativo che una giovane giornalista tedesca segue alla ricerca dell'amore romantico. Ma il film non decolla; si frantuma in una serie di note di viaggio che rimangono tali. Ben più accattivanti allora La maledizione del trentacinquenne Ralf Huettner, che pure indulge a certi facili effetti di suspense, e Singles del trentasettenne Ecki Ziedrich. che parrebbe una semplice commedia di costume. In realtà, in due direzioni opposte, l'uno e l'altro sanno costruire film che funzionano. Il primo sul versante del mistero, dell'attesa, d'una certa angoscia esistenziale; il secondo su quello d'una comicità intelligente e sottile. Due opere diversamente stimolanti, che confermano quella vitalità del nuovo cinema tedesco, cui si è accennato. Una vitalità che si manifesta in un impegno ritrovato dei giovani registi a usare il cinema come specchio, deformato e personale, ma veritiero, della realtà. Gianni Rondolino

Persone citate: Christian Wagner, Cyrille Rey-coquais, Herzog, Ralf Huettner, Tania Stòcklin, Treut, Waller, Wenders

Luoghi citati: Amburgo, Berlino, Germania