Un eccidio di massa rituale e apocalittico

Un eccidio di massa rituale e apocalittico Un eccidio di massa rituale e apocalittico MA tutte queste statistiche sono difficili da digerire. Ogni tentativo di condannare una persona sopprimendone il carattere individuale e inserendola in categorie astratte e ideologiche come quelle degli «aristocratici» o dei «borghesi» è intimamente disumano. Il Terrore fu damerò terribile. Aprì la strada al totalitarismo. Fu il trauma che sfregiò la storia moderna nel momento stesso della sua nascita. Gli storici sono in parte riusciti a spiegarlo (ma non tutto; non l'ultimo mese di «Grande Terrore», quando le esecuzioni aumentavano mentre diminuivano le minacce di invasione) come reazione alle circostanze eccezionali del 1793 e del 1794: gli eserciti invasori stavano per travolgere Parigi; i controrivoluzionari, in buona parte autentici ma in parte puramente immaginari, minacciavano di rovesciare il governo dall'interno: il prezzo del pane sfuggiva a ogni controllo e faceva impazzire la plebe parigina di disperazione e di fame: la guerra civile infuriava in Vandea: le municipalità di Lione. Marsiglia e Bordeaux si erano ribellate; la Convenzione Nazionale era dilaniata dalle fazioni, con il rischio di una paralisi che bloccasse ogni tentativo di controllare la situazione. Sarebbe il colmo della presunzione, per uno storiai americano che se ne sta comodamente .seduto a tavolino a studiare, condannare i francesi per la loro violenza e compiacersi invece con i propri compatrioti per il carattere relativamente incruento della loro rivoluzione, verificatasi in condizioni del tutto diverse. E tuttavia come può un tale storico valutare i Massacri di Settembre del 1792; un'orgia di assassinii che privò della vita più di mille persone, molte delle quali erano prostitute e delinquenti comuni intrappolati in prigioni come Abbayc? Non sappiamo esattamente ciò che avvenne, giacché i documenti vennero distrutti durante il bombardamento della Comune di Parigi del 1871. Ma le testimonianze sobrie giunte fino a noi (cfr. Pierre Caron, Les Massacres de Septembre, Parigi, 1935) inducono a pensare che i massacri abbiano assunto i caratteri di un eccidio di massa rituale e apocalittico. Folle di sanculotti, tra cui uomini provenienti dai macelli descrìtti da Mercier, assaltarono le prigioni per soffocare quella che ritenevano una congiura controrivoluzionaria. Misero in piedi un improvviso tribunale popolare nella prigione dell'Abbaye. A uno a uno i prigionieri vennero condotti fuori, accusati e giudicati sommariamente in base al proprio comportamento. La fortezza d'animo veniva considerala una prova d'innocenza, il balbettare una dimostrazione di colpa. Stanislao Maillard, uno di quelli che avevano preso parte alla conquista della Bastiglia, assunse il ruolo di pubblico accusatore; e la folla, presa per strada e fatta sedere su file di panche, ratificava i suoi verdetti con cenni di approvazione e acclamazioni. Se dichiarato innocente, il prigioniero veniva abbracciato tra le lacrime e portato in trionfo per le strade della città. Se trovato colpevole, veniva fatto a pezzi in una selva di picche, di mazze e di lame. Poi il suo corpo veniva denudato e gettato su un mucchio di cadaveri o squartato e portato in corteo in cima a una picca. (...) Sono fatti che restano, comunque. Non si può più farli sparire. Vanno inclusi in ogni tentativo di comprendere il senso della Rivoluzione. Si potrebbe sostenere che la violenza era un male necessario, perché il Vecchio Regime non si sarebbe rassegnato a una morte pacifica e il nuovo ordine non avrebbe potuto sopravvivere senza annientare la controrivoluzione. Quasi tutte quelle violente «giornate» erano forme di difesa, tentativi disperati di impedire mosse controrivoluzio¬ narie che minacciavano di distruggere la Rivoluzione tra il gimmo 1789 e il novembre 1799, allorché Bonapanc prese il potere. Dopo lo scisma religioso del 1791 e la guerra del 1792, ogni forma di opposizione poteva essere presentata come tradimento e non era più possibile raggiungere alcuna forma di consenso sui princìpi che regolavano la politica. In poche parole, le circostanze giustificano quasi tutti gli episodi di violenza e di estremismo del decennio rivoluzionario. Quasi tutti, ma non proprio E certamente non la Strage degli Innocenti del settembre 1792. La violenza stessa resta un mistero: il classico tipo di fenomeno che può addirittura indurre a cercare spiegazioni di taglio metastorico quali il peccato originale, lo scatenarsi della libido, le astuzie della dialettica. Da parte mia, mi riconosco incapace di spiegare la causa ultima della violenza rivoluzionaria. Mi ritengo tuttavia in grado di identificarne alcuni effetti. Sgombrò la strada alla riorganizzazione e alla ricostruzione cui ho fatto cenno in precedenza. Abbatté le istituzioni del Vecchio Regime con una tale l'orza e in maniera tanto improvvisa, da far pensare che tut¬ ¬ to fosse possibile. Liberò energia utopica. Questo senso di possibilità senza confini — potremmo chiamarlo «possibilismo» — fu l'aspetto chiaro della «commozione popolare» e non si limitò alle esplosioni millenaristiche avvenute per le vie di Parigi. Esso conquistò uomini di legge e letterali dell'Assemblea Legislativa. Il 7 luglio 1792, A.-A. Lamourettc, deputato della Rhòne-et-Loirc, dichiarò ai membri dell'Assemblea che tutti i loro guai nascevano da un'unica fonte: la faziosità. Cera bisogno di maggior fraternità. Al che i deputati, che fino a un istante prima s erano accapigliali tra loro, si alzarono in piedi e cominciarono ad abbracciarsi e a baciarsi, come se tutte le loro divergenze politiche fossero stale spazzale via in un sol colpo da un'ondala di amore fraterno. Il «bacio di Lamourettc» è stato liquidato con qualche sornsetio d'indulgenza dagli storici che >anno che, tre giorni dopo, l'Assemblea era destinata a spaccarsi sui sanguinosi tumulti del 10 agosto. Che razza di bambini .'rami quegli uomini del 1792, ron la loro oratori traboccante, il loro culto ingenuo della virtù, i loro slogan infantili sulla libertà, l'uguaglianza e la fraternità! Ma qualcosa può sfuggirci, quando trattiamo con condiscendenza la genie del passato. L'emozione popolare della fraternità, il valore più strano della trinità rivoluzionaria, travolse Parigi nel 1792 con la forza di un uragano. Per noi è quasi impossibile immaginarne il potere, perché viviamo in un mondo organizzato secondo altri principi. Noi ci definiamo datori di lavoro o prestatori di lavoro, insegnanti o studenti. Ciascuno di noi si situa in una ragnatela di ruoli che s'intersecano reciprocamente. Ma la Rivoluzione, nella sua fase più rivoluzionaria, cercò di cancellare tali distinzioni. Voleva davvero dare valore di legge alla fratellanza umana. Forse non c'è riuscita, proprio come il Cristianesimo non è riuscito a cristianizzare; ma ha rimodcllato a tal punto il paesaggio sociale da modificare il corso della storia. (...) Robert Daniton Copjlielil -Th« N. V. Risi» ut Booksi per rilalu di -La SUmpa- Parigi, 28 aprile 1789. Lancio di tegole e porfido degli operai delle cartiere in sciopero a Faubourg Saint-Antoine contro guardie real

Persone citate: Mercier, Pierre Caron, Stanislao Maillard

Luoghi citati: Bordeaux, Lione, Marsiglia, Parigi