Becker bombarda il mito

Becker bombarda il mito TENNIS A Milano McEnroe tradisce le simpatie del pubblico Becker bombarda il mito L'americano regge soltanto pochi minuti, sostenuto da un tifo calcistico, poi è costretto ad arrendersi (2-6, 3-6) - Nell'altra semifinale Volkov batte Jelen DAL NOSTRO INVIATO MILANO — Ancora una volta McEnroe non ce l'ha fatta. Da quando è ritornato sul circuito in diverse occasioni ha dato l'impressione di essere pronto a risalire al vertice, ma poi, ogni volta, di fronte ai più forti avversari, ha finito per confermare che il grande Mac, in grado di dominare qualsiasi avversario, non lo rivedremo più. Le ultime due ore e mezzo di grande tennis le offrì a Parigi nella finale '84 con Ivan Lendl. Ma quel match che aveva dominato (6-3,6-2,4-2) all'improvviso cambiò volto e la più travolgente delle prestazioni mai offerte su di un campo in terra battuta dal geniale mancino americano si risolse con la più amara delle sconfitte. L'inizio del declino. A Milano dove aveva vinto le quattro volte che aveva giocato, McEnroe sembrava avere ritrovato la condizione migliore. Il fatto di giocare al meglio dei tre set e non dei cinque come nei tornei del Grande Slam sembrava assicurargli la tenuta necessaria. Così c'era grande attesa per la semifinale con Boris Becker, autentica finale anticipata. Mac vi era giunto in carrozza impartendo una lezione di tennis alla matricola sovietica Cherkasov, Becker soffrendo da matti per domare la resistenza di Bergstrom. Ma ancora una volta la grande attesa del pubblico è stata tradita. Colpa più della potenza di Becker che della volontà di McEnroe. Con la sua classe, con i suoi tocchi sublimi, con lo straordinario senso dell'anticipo, McEnroe aveva nascosto i suoi limiti contro Steeb, Schapers e Cherkasov, ma contro le fucilate di Boom-boom non c'è stata mai storia. Era stato così a Parigi lo scorso anno contro Lendl e si e ripetuto quest'anno sempre contro il cecoslovacco nell'Open d'Australia. Quanqo la palla dell'avversario viaggia veloce e pesante. McEnroe non è più in grado di domarla. Milano ha tifato al 95% per Mac, addirittura in maniera scorretta, applaudendo a scena aperta gli errori del tedesco. Non è stata la gara spettacolare che molti attendevano; le emozioni sono state minime e tutte ad inizio del secondo set quando Becker ha diminuito la percentuale di prime palle di servizio. McEnroe otteneva l'unico break della partita nel terzo gioco e sul 3-1 aveva altre tre consecutive palle-break che potevano rimetterlo in gara. Ma sullo 0-40, con lo spauracchio delle insidie di un terzo set, Becker lubrificato l'archibugio infilava cinque prime palle consecutive, due ace (10 in tutto contro 2 per McEnroe) compresi. E Mac capiva che non c'era più nulla da fare se non imprecare, protestare per un palo di decisioni dubbie dei giudici di linea, insultare il supervisor svedese (gli arriverà, inevitabile, una pesante multa). Nulla poteva evitare il rush finale di Becker che In un'ora e 35 minuti conquistava la seconda finale milanese dopo quella vinta contro Mecir nel 1987. Era la conferma delle grandi doti di agonismo di Becker che può fornire qualche sorpresa negativa contro i giocatori di seconda linea ma quasi mai tradisce nei grandi appuntamenti. Non per nulla nel 1988 è stato il giocatore con il maggior numero di vittorie contro i top ten della classifica mondiale: 10 successi e solo due sconfitte. Adesso spero solo — diceva Boris dopo il successo — che Jelen riesca e battere Volkov. Così giocheremmo la prima finale tutta tedesca della storia del Grand Prix». Ma Jelen non c'è riuscito, sconfitto dal sovietico Alexander Volkov al termine di una rocambolesca gara che dopo un set a testa con l'identico punteggio di 6-2 si è risolta solo al tiebreak del terzo per 9-7. Jelen si è arreso solo al settimo match-point dopo averne annullato uno sul 5-4, uno sul 65, poi quattro al tìe-break ma il settimo era quello buono al ripetersi della beffa che il sovietico aveva patito in Coppa Davis a Praga. Rino Cacioppo

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