Stato d'emergenza a Kabul di Guido Rampoldi

Budapest, dopo 41 anni è rinata l'opposizione Congresso del partito socialdemocratico Budapest, dopo 41 anni è rinata l'opposizione Un'ombra sulle speranze dell'Ungheria: primo attentato (al metrò) DAL NOSTRO INVIATO BUDAPEST — L'evento è storico, la coreografia inadeguata. In un teatro troppo piccolo, sotto un soffitto troppo rosa, rinasce dopo 41 anni il partito socialdemocratico ungherese, il primo partito d'opposizione ad affacciarsi pubblicamente sulla scena politica dell'Europa orientale. In un mese e mezzo ha organizzato 18 sezioni rionali a Budapest e 5 mila simpatizzanti, 300 dei quali formano adesso una riatea che a poco a poco dimentica la paura, e si commuove, piange, applaude con circospezione davanti ai vecchi scampati alla corda insaponata, al gulag, alla trappola dell'esilio. -Amici, compagni, ancora un anno fa ero sicuro che non avrei mai visto questo giorno-, esordisce l'ottuagenario Andras Revesz, eletto vicesegretario del partito nel campo di concentramento dov'erano gli insorti del '56; e subito srotola il contenzioso che si è portato dentro per metà della sua vita: il partito colpito a tradimento dai comunisti nel '48, sedi e giornale rapinati dal sindacato ufficiale, la serie di arresti, licenziamenti, emigrazioni forzate, la clandestinità, il giuramento del '57 — -Finché vive Budapest vivrà anche la socialdemocrazia' — e adesso la partita che si riapre, ^erché «ora e possibile che noi decidiamo senza dì loro-. Ed è una partita più vecchia anche dei quadri schierati nelle prime file, suggerisce da un tavolino la pila del primo opuscolo socialdemocratico, che aprendosi con un discorso contro i bolscevichi di Kautsky nel '19 data a quegli anni l'inizio di questa storia. La platea non ha mai visto una scena simile, con l'opposizione che si dichiara come tale da un palco, la possibilità per i più audaci di parlare liberamente al microfono, il saluto di un deputato della Spd tedesca e perfino la televisione ungherese, a definitiva conferma che è tutto reale. Ci si guarda in faccia, giovani o molto anziani, e si scopre che mancano due genera zioni, -estromesse dalla po litica e dalla storia-. S'in ciampa subito in questioni elementari. -Dobbiamo chiamarci compagni, amici, o signori?-. -Compagni: è la nostra storia-. -No, il regime l'ha trasformato in un appellativo obbligatorio: adesso ha un brutto suono-. E tra questi impacci parte una discussione disordinata che mescola indirizzi programmatici, sfoghi problemi organizzativi, memorie di questo pezzo di storia sopravvissuta. -In provincia la gente ha ancora paura-, ripetono in molti. -Ho una proposta: le prime cento tessere ai nostri primi cento morti» -Saremo un partito di mas sa, dimostreremo che i comunisti sono il partito del la classe dirigente-. -Dob biamo entrare nelle fabbri che, raggiungere gli ope rai-. -E i poveri, i pensionati-. Uno scampato al lager e al gulag: «Ripristi niamo il simbolo del '46, l'uomo col martello sullo sfondo dei colori nazionali». Un giovane: -Attenti, non è con le lacrime che si fa politica: è a testa alta che dobbiamo andare verso le elezioni: Libere elezioni nel '90-'91 sembrano ai più quasi un dato scontato, e il traguardo già entusiasma un partito che per adesso è soltanto una casella postale — Budapest 14.415/321 —, che non ha una sede, un giornale, neppure un telefono, con le sezioni rionali costrette a riunirsi nelle locande («Gtovedì all'Angelo Azzurro-) dopo aver patteggiato con l'oste un congruo numero di consumazioni. Un partito che formalmente è ancora illegale e che almeno in teoria può venire estromesso dall'imminente legge sulle associazioni. Così, quando il tono degli interventi suona troppo aspro, dal palco si corre a precisare: -Il nostro programma è lo stesso del partito comunista, solo che noi intendiamo applicarlo-. Poiché la storia corre a perdifiato nell'Ungheria di questi giorni, l'altro ieri — 24 ore dopo l'assemblea dei socialdemocratici — un protagonista altrettanto inedito si è affacciato nei telegiornali: il terrorismo. Un ordigno rudimentale in una carrozza della metropolitana di Budapest, alle sei di sera. Nessun ferito, molti danni, sconcerto totale. In un editoriale smarrito, il Nepszabadsag, organo del partito comunista, ricorda la sequenza di telefonate minatorie che hanno preceduto l'attentato, il primo da decenni: -Dopo tante minacce stupide (solo stupide?) una bomba è esplosa nella nostra vitaSi vuole seminare paura e destabilizzare per privare il Paese della fiducia di cui c'è necessità assoluta per la ristrutturazione economica e politica'. Neppure l'opposizione ha le idee chiare. Riuniti in una piccola discoteca, ieri mattina i delegati provinciali del Fidesz, il movimento studentesco, non escludevano una provocazione di servizi segreti, interni o stranieri. Ma avvertivano che nessuno sa che cosa oggi stia bollendo in certe zone della società ungherese. Così il mistero è più inquietante della bomba. Perché conferma che fuori dal tavolo illuminato dai riflettori dove due minuscole minoranze — l'opposizione e il partito — discutono e si scontrano sul nuovo patto per ricostruire l'economia e la democrazia, c'è il buio. Che cosa accadrà negli stabilimenti che andranno chiusi?, si chiede la neonata rivista clandestina della Lega dei liberi democratici. Qual è l'umore degli strati più poveri? Che venti spirano sulle Forze Annate? E che cosa nasconde il silenzio de) Paese, sulla cui testa si va decidendo il futuro dell'Ungheria? Cinismo, apatia, conformismo? Oppure anche rabbia, sfiducia, disponibilità alle soluzioni estreme? Nessuno conosce le risposte, né sa dire che cosa covi questa «maggioranza muta» che il partito invita a mostrarsi, dopo 40 anni, d'improvviso, fosse pure sotto le bandiere dell'opposizione. Guido Rampoldi

Persone citate: Kautsky

Luoghi citati: Budapest, Ungheria