Laroche, la moda senza spettacolo di Antonella Amapane
Laroche, la moda senza spettacolo Morto a Parigi il grande sarto: aveva 66 anni Laroche, la moda senza spettacolo Uno stilista raffinato e discreto - Suoi alcuni profumi «top» PARIGI — Lo stilista francese Guy Laroche è morto ieri notte nella sua casa parigina. Era malato da tempo. Nato a La Rochelle 66 anni fa, figlio di albergatori, si era trasferito a Parigi durante la guerra. E dal 1945 al 1955 imparò il mestiere dal grande Jean Dessés. Veramente il suo sogno era fare il chirurgo, ma la salute, già cagionevole, non glielo permise. Disegnava abiti per hobby. Fu un'amica della madre a mostrare quei disegni a Dessés che lo assunse come modellista. A quell'epoca non esisteva il prèt-à-porter, soltanto l'alta moda realizzata da stilisti come Dior. Fath, Balenciaga. Laroche non tardò a emergere. Nel '57, dopo un soggiorno a New York, si mise in proprio, aprendo una maison in avenue Franklin Roosevelt. La sua prima collezione era di soli 8 modelli, ma indossati dalle quattro più belle mannequin parigine. Fu un tale successo che Life gli dedicò la copertina. Poi si trasferi in avenue Montaigne. Per un trentennio Laroche è rimasto fedele a uno stile inconfondibile per eleganza, coerenza e attenzione all'attualità: piccoli mantelli plissé, tailleur rigorosi in colori allegri come il corallo, il rosa, l'arancio. Ripeteva: -Non amo l'eccentricità. La moda non è spettacolo. Ogni creazione deve essere sobria, raffinata. Pensate a Balenciaga, un grandissimo creatore che non ha mai avuto bisogno di rivoluzionare nulla. E' più facile inventare qualcosa di eccentrico che non un capo classico, vivo, al passo con i tempi-. Laroche era prediletto da clienti famose e raffinate — Soraya, Michele Morgan. Mireille Dare, madame Pompidou. Mireille Mathieu, madame Chirac lo adoravano — ma non ha mai disegnato un abito pensando a una donna ideale: per lui non esisteva. •Importante è lo stile, lo spirito-, spiegava. Nel '68 Laroche potè diversificare le sue attività grazie al sostegno finaziario del barone Bich. Da quel momento la sua etichetta entrò nel mercato internazionale del prèt-à-porter e. dei profumi. -Diventare un industriale è meraviglioso, si vestono migliaia e migliaia di donne. Perché scandalizzarsi di fronte a uno stilista che sa anche essere chef d'enterprise? E poi il pret-a-porter è tutto diverso dall'alta moda, è un momento di ginnastica dello spirito-, amava ripetere Laroche. affermando che la felicità era un giusto equilibrio fra sentimenti, lavoro e denaro. Ed equilibrata, per lui, era anche la donna d'oggi, che di giorno può scegliere di vestirsi in jeans e bluson e di sera ritrovare la sua femminilità. La definiva -matura, migliorata, più consapevole-. Nel '71 Laroche cominciò a produrre anche una linea maschile, ma l'altra sua grande passione furono i profumi. E non ne ha mai sbagliato uno: •/( segreto dell'alta moda è il piacere dell'eleganza, una sorta di raffinatezza per sé e per gli altri. Che cos'è un profumo se non il complemento più necessario a tutto questo?-. diceva Laroche che nel '67 aveva realizzato l'ardente e sottile Fidji a cui seguirono Eau Folle, piccante e pieno di humor. J'ai osé. vibrante e sensuale e Clandestine, caldo e speziato. E recentemente aveva creato la linea Drakkar per l'uomo. Nell'87 l'impero Laroche aveva un giro d'affari di circa un miliardo e seicento milioni di franchi (370 miliardi di lire) con un 709; del prodotto destinato all'esportazione. E l'anno scorso Chirac aveva insignito lo stilista della Legione d'onore. Ma Guy Laroche continuava a non amare le luci della ribalta: la sua era anche un'eleganza di vita. Antonella Amapane Parigi. Guy Laroche fotografato nel gennaio scorso con il «ditale d'oro», premio per la sfilata di modelli per la stagione primavera-estate '89 (Tclcfoto Associated Press)
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