L' Honduras sfratta i contras di Ennio Caretto

L'Honduras sfratta i contras Intesa tra i Paesi centroamericani sulle basi degli antisandinisti L'Honduras sfratta i contras In cambio il Nicaragua promette libere elezioni e vera democrazia - Gli 11.500 guerriglieri potranno tornare in patria o andare in altri Paesi • Disappunto a Washington: non ci fidiamo di Ortega DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — Le basi militari dei contras in Honduras ai confini col Nicaragua, che ospitano attualmente 11.500 ribelli armati, verranno smantellate nel quadro di un accordo raggiunto ieri dalle cinque nazioni centroamericane. I contras disarmati se lo vorranno saranno rimpatriati, gli altri potranno recarsi in altri Paesi. In cambio, il Nicaragua terrà libere elezioni al più tardi entro un anno, consentirà ai partiti dell'opposizione di fare propaganda sui giornali e in tv, scarcererà la maggior parte dei detenuti politici e rispetterà i diritti dell'uomo e le libertà civili. L'accordo è stato firmato dall'Honduras, dal Nicaragua, dal Costa Rica dal Guatemala e dal Salvador al termine di una conferenza di due giorni a Costa del Sol in Salvador. L'intesa è preliminare. Prevede infatti la messa a punto entro 90 giorni di un piano definitivo con l'aiuto dell'Onu, che succes¬ sivamente dovrebbe mandare consistenti contingenti di osservatori in ciascuna delle cinque nazioni. Ma a Washington si teme che il piano segni comunque la fine dei contras, a cui il presidente Bush ha detto di non voler più fornire aiuti militari, e a cui un Congresso ostile non intende rinnovare neppure quelli logistici. La reazione dei contras all'accordo è stata guardinga ma positiva. Uno dei loro leader, Adolfo Calerò, ha dichiarato che 'il rimpatrio sarà ben accetto se Ortega manterrà le sue promesse". L'atteggiamento dei ribelli sembra dovuto alla stanchezza e alla rassegnazione. Calerò ha comunque sottolineato che discuterà il piano con gli Stati Uniti, una volta che sarà stilato anche dall'Onu. Il dipartimento di Stato non ha nascosto le proprie riserve, notando che in passato Ortega 'Si è spesso rimangiato la parola». I colloqui di Costa del Sol si sono svolti senza nessuna partecipazione Usa, ma la Casa Bianca ne è stata informata quotidianamente. I cinque leader centroamericani hanno firmato un documento di 8 pagine che, hanno detto, 'rilancia la pace conclusa 18 mesi fa». Il presidente honduregno Azcona, che ha ospitato i contras su richiesta degli Stati Uniti, ha detto che l'accordo «è nell'interesse comune» e ha espresso la speranza che venga accettato da Washington. Ma il dipartimento di Stato ha già chiesto delucidazioni, e ha indicato che manterrà la propria libertà di azione nei prossimi mesi. Nell'opinione degli esperti, l'intesa di massima raggiunta dai cinque Paesi presenta alcune incognite. Non fissa negoziati diretti tra i contras e il regime di Ortega e, a differenza di quanto previsto per il disarmo dei ribelli, non contempla nessun sistema di verifica delle prevista democratizzazione del Nicaragua. Le riforme vengono affidate a commissioni di Riconciliazione Nazionale composte da sandinisti, esponenti della Chiesa e leader dei partiti di opposizione. Non è previsto inoltre nessun meccanismo per la prevenzione di una crisi dopo le elezioni del '90. William Goodfellow, il direttore del Centro di Politica Internazionale di Washington, ha affermato che «i ribelli escono perdenti e i sandinisti vincitori» da tre anni di trattative. «/ contras rischiano di trovarsi disarmati e isolati senza ottenere nulla in cambio, con gli Usa divisi dall'atteggiamento da tenere nei loro confronti» ha affermato. Secondo il politologo esiste però un accordo segreto tra la Casa Bianca e i leader ribelli per il trasferimento della maggior parte degli 11.500 uomini in territorio statunitense, in caso di necessità, anche se il flusso di immigrati dal Centro America è causa di aspre polemiche. Alla Casa Bianca, le concessioni promesse da Ortega hanno suscitato il sospetto che il leader di Managua sia stato sottoposto a forti pressioni da Gorbaciov, e che abbia voluto approfittare dell'attuale vuoto di politica di Bush. n Presidente non ha ancora formulato una politica centroamericana, in parte perchè ostacolato dallo scandalo Irangate in parte perchè non riesce a trovare un'alternativa efficace a quella interventista attuata da Reagan. Ortega gli ha sottratto l'iniziativa mettendolo in difficoltà. Qualche giorno fa, Bush aveva accennato alla possibilità di negoziati diretti tra gli Stati Uniti e il Nicaragua, come hanno chiesto invano i sandinisti negli ultimi anni. Se anche questa prospettiva si concretasse, il Presidente non potrebbe più condizionare quanto accade in Nicaragua, privo come è dell' appoggio del Congresso. _ Ennio Caretto