I nostri soldi

CONTINUA DALLA PRIMA PAGINA Quattro sfide ce della ricchezza. Ma l'ipotesi è che le democrazie industriali formino una sola grande regione che tenderà ad avere una sola immagine. Perché questa immagine sia accettabile bisognerà occuparsi — con tutte le risorse, l'intelligenza, l'immaginazione possibile — di bambini, di scuole, di ospedali, di persone anziane. Sono le quattro earte della civiltà che il mondo industriale libero deve giocare. Sono temi di unità invece che di divisione, aggregane/ la stessa gente invece che tracciare solchi di inimicizia, chiamano a raccolta il talento disponibile, invece di suonare adunate di schieramenti contrapposti. Dobbiamo parlare di bambini e non di aborto o di astratto «diritto alla vita» perché tutti devono prendersi la responsabilità del destino dei bambini già nati, smettendo di pensare che siano affari degli altri. In un Paese come l'America si vedono a occhio, a pochi passi dai quartieri buoni, i destini sprecati. Folle diverse marciano in diversi cortei, al seguito di profeti occasionali, e intanto i bambini vengono abbandonati, sfruttati, isolati, usati, lasciati perdere letteralmente, lungo le strade, anche dove le risorse sono più che adeguate per provvedere a tutti. La scuola non è come molti pensano, un problema di chi ha figli. La scuola è la principale dotazione delle società avanzate, che non possono sprecare intelligenza e talento. La scuola è ciò che era l'esercito per un re. Era tutto. Eppure la scuola pubblica del mondo industriale è un ghetto di abbandono, un parcheggio di inutili corpi giovani, uno strascicare di passi dal niente al poco verso l'inutile. Reinventare la scuola e renderla almeno tanto razionale quanto una media fabbrica è impegno inevitabile, o tutto 0 niente. Non serve un pezzo di scuola, un frammento di educazione. Serve un grande modello con il quale ci si possa orgogliosamente identificare c dire: questa è la nostra scuola. Questo è ciò che siamo stati capaci di costruire alla l'ine del secolo industriale più ricco della storia. La malattia immaginata come rischio statistico e come avventura privata (al tale, al tal altro è andata male, peggio per loro) è un percorso sbagliato, un modo di pensare primitivo però diffuso. Viviamo ignorando la malattia e spingendo fuori, verso terribili periferie, il luogo in cui si pensa che debba abitare. Ammalali sono «altri», assistiti da chi non ha trovato un lavoro migliore. Quando persino un uomo di talento c successo come Alberto Moravia non sa come provvedere alle cure della moglie che costano molti milioni al giorno, la reazione infantile è quella di ridere, spettegolare. Non ci stiamo ponendo la domanda: come si provvede con dignità alla cura delle «malattie catastrofiche»? Come regge questo peso la genie che lavora? Gli anziani (e adesso si parla di super anziani, perché la vita continua oltre i limiti statistici dell'aspettativa comune) sono l'altro grande scandalo del nostro tempo, e di nuovo l'America ci fa da modello. La vecchiaia è una razza. Passi una soglia, c c'è la discriminazione, immediata. Dato lo squilibrio di forze, la discriminazione degli anziani (che comincia con l'ignorarli, come se fossero un ingombro inutile) è la più odiosa. Ma si estende. Siamo un mondo che i vecchi non sa come guardarli, che ai vecchi non sa quale ruolo assegnare. Non sa neppure che la maggioranza degli anziani potrebbe continuare a dare un contributo prezioso. Siamo una civiltà troncata che si volta su se stessa, verso pochi modelli narcisistici di cinema e di telcvisior :, di cui i vecchi non fanno parte. Il lettore avrà notato che non ho parlato di droga, e di malavita. Ma c'è una ragione. Troppo spesso si usano aggettivazioni guerresche, si discute di usare più truppe, nuove armi, per combattere questi mali. Sarà anche utile. Ma la partita si gioca con le quattro carte di cui ho parlato. Un mondo che si occupa dei suoi bambini, che costruisce e fa funzionare le sue scuole, che non abbandona i suoi ammalati e i suoi anziani, e non per pietà ma per un chiaro progetto sociale, è un mondo che ha autorità, che si fa credere dai giovani, seguire dai cittadini, ubbidire nelle sue leggi, credere nei suoi ideali. E' un mondo di pace che funziona. Furio Colombo