Follie in pura plastica
Insolite decorazioni per magliette, borse, zaini Insolite decorazioni per magliette, borse, zaini Follie in pura plastica «plasticosi» di Fiorucci si vendevano come il pane. Circolava il detto «Gucci, Pucci, Fiorucci», perché l'eleganza più «in» del momento era esibire una borsa di Gucci, una maglietta o una gonna di Pucci, il tutto condito dal tocco di simpatica trasgressione di un accessorio fiorucciano. Alcuni specialisti della «fun plastic», che ancora oggi credono nel potere seduttivo di questo materiale, devono parte del loro successo proprio a Elio Fiorucci. Sono il torinese Alessandro Boniperti (25 anni) e il milanese Alfredo Mattiotto (53 anni). Il giovane bonipertino nell'83 aprì con i fratelli Gian Paolo e Federica una piccola società a Torino, «L'Idea», per sviluppare uno spunto nato da un viaggio a New York. «Avevo notato che le magliette con decorazioni in lattice erano soltanto a tema horror», racconta. «Decisi di produrle in Italia in versione soft». Nasce così la linea di T-shirt «Le marscots», caratterizzata da animaletti spiritosi, curiosi e teneri abitanti di Marte in veste di portafortuna. Erano pupazzetti tridimensionali, in lattice: appollaiati su una spalla o aggrappati sul torace, lanciavano messaggi scritti sulla maglietta. Il bruco diceva-«Dammi tempo, doma- CHE fine ha fatto la «fun plastic»? E cioè la plastica buffa, originale, coloratissima che trasforma qualsiasi indumento o accessorio in assoluta novità? Si è evoluta. Qualche anno fa aveva cominciato a liberarsi dalla tirannia dell'utilità per diventare più se stessa e non l'imitazione di qualche altro materiale, ristabilendo il diritto al divertimento: più lucida, più trasgressiva, più trasparente, insomma più più. La corsa al divertimento è cominciata in America e Inghilterra con i gadget e le T-shirt dell'orrore: mannaie in lattice di gomma conficcate nel petto con gran spargimento di sangue, mostri sdentati che fuoruscivano, tridimensionali, da finte televisioni dichiarando frasi come «Terror vision» e cose simili. L'idea era buona, ma un po' macabra. Servì comunque da spunto: e qualcuno in Italia pensò bene di elaoorarla con aspetti diversi. Il più convinto era Fiorucci: «La plastica deve essere quella che è, non mascherarsi», sosteneva lo stilista milanese mentre andavano a ruba le sue buste in plastica stampate a pizzo, piuttosto che le cinture con varie etichette ricoperte sempre di plastica trasparente. Negli Anni 70 tutti gli accessori W5 imtt&>lW*i 'H'L"' m A sinistra T-shirt «horror» in fun plastic. A destra Alessandro Boniperti indossa un pullover di Fiorucci con degomma tridimensionale e Federica Boniperti ha una felpa con «marscol» e lo zainetto con il simbolo di Italia
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