Che brutto ambiente: non si respira

Che brutto ambiente: non si respira «Il pianeta in bilico» di Zorzoli Che brutto ambiente: non si respira Idiscorsi sull'ambiente non sono lieti: se ne parla, così come ci si lamenta di un nostro organo ammalato. Da che c'è.questo pianeta, la vita, o natagli dentro o piovutagli sopra da chissà dove, vi si è adattata in molti modi; ha inventato ami le forme meglio idonee ad ogni luogo o recesso di oceani, terre, e fin dell'aria. Bergson ha chiamato 'Creatrice» l'evoluzione, perché appunto le sue scelte, che operano continuamente, alfine di portare ciascuna specie a vivere, il meglio possibile, nel suo ambiente, hanno dato luogo alla prodigiosa molteplicità delle forme viventi. Ma gli ambienti mutano (e a produrre ciò contribuiscono in non piccola parte gli stessi viventi) e, nel mutare, essi ambienti determinano la morte delle specie meno adatte e, insieme, l'emergere di specie nuove. Da che c'è vita sulla Terra, il processo, dì cui le creature singole non sono coscienti, continua. Tra le specie (provvisoriamente) vincitrici, l'uomo. Questi si distingue dalle altre creature per alcuni caratteri: l'essere adattabile agli ambienti più diversi, talché con l'aiuto di vari artifizi ha colonizzato l'intero pianeta o quasi; l'essere lui inventore di strumenti (faberj e attivo modificatore dell'ambiente; l'essere anche pensante e perciò non poco assillato dall'idea ch'egli si sta comportando, al presente, come un minuscolo parassita, che si nutre dell'organismo in cui è penetrato, e vi si moltiplica, spargendo tossine, fino a distruggere l'organismo ospite e alla fine se medesimo. I guai che noi portiamo all'ambiente li abbiamo soit'occhio: l'imbrattamento del territorio con pesticidi e fertilizzanti chimici, acque tutt'altro che incolori, in qualche luogo eutrofizzate, l'uso esteso di veleni chimici, come atrazina, Melina; l'avere immesso nell'aria anidride solforosa, ossidi di azoto, piombo, provocando, tra l'altro, le piogge acide, che rodono le foreste (come se non bastasse l'abbattimento praticato diffusamente). E nell'aria, senza che ce ne accorgiamo, c'è altresì un crescendo di anidride carbonica, esito di innumerevoli combustioni, il che — secondo un'idea diffusa — dovrebbe innalzare, sia pur di poco, la temperatura complessiva del pianeta, provocando alla lunga fin lo scioglimento delle calotte polari. Alla fine ci sarebbero i clorofluorocarburi, effetto dei quali sarebbe l'assottigliamento dello strato d'ozono nell'alta atmosfera, cioè una mancata difesa delle nostre persone contro la radiazione ultravioletta del sole. C'è insomma un vasto degrado dei sistemi ambientali, un conseguente calo dell'ottimismo tecnologico, essendo proprio il 'progresso» delle scienze applicate una delle cause di questi mali. Qua e là ci sono slati segnali, avvertimenti. Dopo il mortale smog di Londra nel 1952, le numerose fughe di gas tossici da industrie chimiche. Contribuiscono all'inquinamento generale i lavori malsani nelle officine, nonché la presenza in quasi tutte le case di armadi contenenti bombolette, deodoranti, detersivi, lucidi, cere. Non la sola industria, sembra voler avvertire l'autore del libro di cui parliamo, è responsabile del guasto ambientale. Nemmeno molto egli insiste su un'altra causa (preponderante, a parer nostro) .l'accrescimento numerico delle popolazioni. Cerne che sia, l'inquinamento monta da ogni parte; la preoccupazione è divenuta grande. Sono sorti movimenti di opinione, il che è un bene; perfino partiti politici (del che non c'è da rallegrarsi, perché la politica inquina le menti, se già ci sono 'Verdi» di destra e di sinistra). La diagnosi è accurata: è un male che si manifesta per vari sintomi. Sarebbe troppo pretendere che si trovassero e fossero indicati rimedi di facile attuazione. Si raccomanda giustamente il riciclaggio dei rifiuti, previo il loro recupero selettivo; il riciclaggio delle carte, per risparmiare l'abbattimento in corso di tante foreste. Si potrebbe raccomandare alle società opulente una minor produzione, richiesta e consumo di beni. Ma il libro sa di non poter concludere: non ci sono mezzi oggi per un'azione globale, cui potrebbe forse attendere un {non sappiamo se augurabile) governo mondiale. Una maggior consapevolezza della situazione, il crescere nel mondo del numero delle persone capaci di capire e di operare per il meglio (parzialmente, perché altrimenti non è possibile) sono quanto si può sperare. Didimo G. B. Zorzoli, «Il pianeta in bilico». Garzanti, 163 pagine, 25.000 lire.

Persone citate: Bergson, Cerne, Garzanti, Zorzoli

Luoghi citati: Londra