Dal castello nella brughiera arriva la voce di una poetessa perduta

Dal castello nella brughiera arriva la voce di una poetessa perduta Il caso di Annette von Droste, romantica figura delT800 tedesco: tradotti i versi e un racconto Dal castello nella brughiera arriva la voce di una poetessa perduta « ASSARE la palude, che paura», sussurra, con le parole del ragazzo evocato in un suo 'quadro della brughiera», la poetessa del primo '800 tedesco Annette von Droste. In effetti il suo mondo di immagini e memorie rimane legato alla dimora degli Hùlshoff, un caratteristico Wasserburg (cioè un castello sull'acqua) del paesaggio di Vestfalia. Oltre l'acqua buia che difende ed isola non ci si può arrischiare e le sporadiche sortite che la biografia registra (i viaggi a Bonn e in Renania, i soggiorni in Svizzera e sul Lago di Costanza) non allentano una convinzione chiusa di sentimenti. Aristocratica, conservatrice, Annette vive in un microcosmo che preserva da ogni accensione ideologica. Ha rapporti limitati con gli sviluppi dei circoli culturali, non conosce Berlino e altri centri importanti. Le sue liasons con i letterati sono mediate da figure non certo di primo piano, come gli amici Christoph Berhard Schlùter e Levin Schùcking. Per Schucking prova affinità elettiva forte, sentimentale, eppure finisce per allontanarlo, avversa agli atteggiamenti democratici da lui espressi e ambivalente nei riguardi di ogni Ìntima corrispondenza. Un ritratto dunque dai lineamenti freddi, uno stile di relazioni intellettuali ossessivamente riduttivo, al limite della grettezza' provinciale. Eppure alle poesie di Annette lo stesso Engels è tra i primi a rendere onore. Nei componimenti «La casa nella brughiera» (Rizzoli Bur, pag. 237, L. 9500) degli anni 1840-1846, la riflessione poetica della Von Droste trova gli accenti più intensi epuri. Nello spazio che è l'orizzonte del castello, nel deserto d'acque e di torbiere che l'avvolgono, si concentrano le sorprese, le passioni, le sofferenze, di una don¬ na che si affida in modo assoluto alla voce, voce che risuona da un punto alto e altro rispetto a ogni tentativo di conferirle tratti, precisioni culturali, sistemazioni critiche e ideologiche. Annette rimane un caso particolare di vocazione letteraria confermata nell'isolamento e i suoi versi raggiungono originalità d'espressione esplorando la natura che vive attorno e insieme la storia che anima le stanze della casa. Gli stemmi di pietra e i muschi che ricoprono i muri fanno coesistere natura e storia in un viluppo che resiste a ogni contaminazione. L'esemplare rivisitazione di Giorgio Cusatelli e l'antologia critica che egli propone animano questo segreto, rimasto opaco alle interpretazioni di tanti studiosi. Di Annette si deve ascoltare la voce, e Cusatelli la fa vibrare nelle sfumature, rendendone i versi nella traduzione con singolare unità emotiva; quasi che, per uno dei sortilegi dell'antico castello sull'acqua, un folletto gli sia guida a incontrare, dietro le parole, un'anima. Solo per questa magia si accede al laboratorio di Annette, una Wunderkammer di gusto romantico: camera delle meraviglie dove oleografìe e insetti, dagherrotipi ed erbari, minerali e oggetti archeologici, manoscritti e impressioni di nuvole convivono in una splendida trama d'associazioni. Un giorno viene donato ad Annette uno scrigno vuoto; quando lo ha tra le mani, fa scattare un congegno e il fondo scopre antiche miniature. Così è per la poesia. L'attenzione romantica, alla natura e la sua lettura filosofica, l'antiquaria collezione delle memorie vestfaliche raccolta nello spirito degli amici fratelli Grimm, compongono, d'improvviso, uno scenario sorprendente e terrificante, inedito, contem¬ plato con una seconda vista. Le acque pullulanti di fermenti, le rive e le piane che accolgono i colori delle stagioni, il fruscio degli istinti liberamente circolanti tra specie animali e verzure rivelano una vita insospettata dietro il silenzio e la soffocante quiete. Anche il terreno piatto mostra mescolanze di catastrofi geologiche, misteri di seppellimenti preistorici. Natura e storia si stratificano e pulsano all'unisono, strette in un disegno evolutivo che le accomuna. Si avverte un trasalimento nel constatare la coincidenza tra questo mondo di eventi e la vita interiore. In ogni dettaglio di osservazione naturale, in ogni richiamo di accadimenti storici, si riflette un nucleo personale profondo di pulsioni, di attese e paure, in una corrispondenza speculare esatta, lucida, delineata con verità quasi crudele. Che Annette entri nelle coordinate del reali¬ smo o ne sfugga per trascorrere tra le fantasie dell'espressionismo, si può comprendere, riconoscendole la rara capacità di far coesistere esterno e interno in immagini, in parole. Come per Amleto, principe di Danimarca, cosi per la giovane poetessa vestfalica, i confini sono gli spalti di un castello sull'acqua, strisce lucenti e cupe che ."fumano le cose reali e animano fantasie nitide come cristalli. Lo sguardo consapevolmente raccoglie e fissa dettagli, li dilata in un'operazione profeticamente «minimalista». Rane, insetti, volatili, bisce, alghe e muschi hanno lineamenti da trattati tassonomici e insieme riverberano oscurità ctonie. Poi, nell'asserrarsi dalla nebbia e delle ombre, si aggiungono all'affresco le sagome senza pace degli spettri della storia: i nobili di Vestfalia bloccati in un purgatorio forse senza riscatto assisi a cento mense, sui lati del salone, I uno a fianco dell'altro; gli assassini medioevali come quello di Engelbert, arcivescovo di Colonia; le leggende religiose che ritmano il calendario; le saghe drammatiche popolari che ancora uniscono i sussulti dell'esistenza allo stormire degli alberi secolari. E' un'unione violenta e dolcissima di furori araldici e di devozione naturale. A voler caratterizzare quest'esperienza, che la sensibilità di Cusatelli accosta in ogni sfumatura, si possono rammentare solo percorsi mistici, e Annette appare veramente come una Santa Brigida in vesti Biedermeier. E' un'impressione singolare che i dati della biografia non restituiscono. Tuttavia l'autrice stessa ha provato a lasciarci una trpecia, a disegnare precocemente l'arazzo della propria vita nel racconto Ledwina (SE, pag. Ili, L. 13.000). Ledwina con il male che la consuma, le pulsioni gelate, i tesi e con¬ torti rapporti di famiglia, e il segno di un incombente destino, svolge una ricerca incessante in un ritmo di prosa affannoso, senza punteggiatura e pause. La narrazione registra le febbrili emozioni della tisi, l'immersione panica nella natura e la discesa nelle profondità delle fantasie oniriche. Nel racconto non accade nulla che si discosti dalla consuetudine quotidiana. E" una famiglia ritratta nei dialoghi, nelle riunioni con i vicini, nelle attese e nei ricevimenti degli ospiti: una madre vedova che sorveglia ogni intreccio, sorelle e fratelli intenti in schermaglie d'affetti, un'atmosfera occupata da chiacchiere, abitudini, formalismi. Eppure nelle pieghe di questo scorrimento incolore emergono come lampi note tragiche: l'infreddatura mortale che il vecchio servo contrae tracciando la strada nella neve alla padroncina; l'errore che porta la guida del viaggiatore a sprofondare nella palude, i colpi di tosse e i pallori che come i sogni funerei annunciano qualcosa di fatale. Con lievi ritocchi è proprio la famiglia di Annette. Il suo mondo. Questa nobiltà provinciale si corrode così, senza l'accusa di un dolore, e scompare in silenzio, in un impalpabile declino. Anche il manoscritto Ledwina è rinvenuto in un cassetto quando Annette è scomparsa da anni. La nota che Bruna Bianchi distilla da questo taccuino al limite del delirio è un'archeologia analitica di strutture psicologiche e di conflitti. Ma non si fissa il volo di una farfalla nella bacheca senza smarrirne la magia. Annette brucia le distinzioni, in un'equivalenza totale della scrittura e della vita. Nella forza di tale unione è la sua modernità. La voce supera in ogni momento il personaggio storico. Giuliana Morandini

Luoghi citati: Berlino, Bonn, Danimarca, Renania, Santa Brigida, Svizzera