Ruvido, nevrastenico, talvolta generoso

Ruvido, nevrastenico, talvolta generoso Parla Stelio Mattioni che ha esplorato la vita dell'artista, raccogliendo testimonianze inedite Ruvido, nevrastenico, talvolta generoso TRIESTE — Con Saba, però, non finisce qui. Oltre al testo teatrale, la critica ripropone uno studio di Mario Lavagetto («La gallina di Saba-, Einaudi!, e la biografia offre la prima storia del personaggio. Emerge da un «laboratoriodurato circa vent'anni: un tempo biblico. Ma a spiegare le ragioni di tanto indugio è lo stesso autore, lo scrittore triestino Stelio Mattioni, fedele finora al romanzo (-Palla avvelenata-, -Il richiamo di Alma-.e altre opere, quasi tutte Adelphi). Il suo libro uscirà ad aprile da Camunia, circa 180 pagine ricche di testimonianze che il tempo ha reso irripetibili per la sopravvenuta scomparsa di molte persone. Abbiamo incontrato lo scrittore in una sua villetta, protetta dal verde di una bella zona residenziale di Trieste: è una seconda casa che gli serve da studio. Esiguo nell'aspetto, Mattioni è discreto anche nei modi di raccontare. Ha, si direbbe, qualche ombra alle spalle: di chi ha ostacolato la sua ricerca, di chi — ancora oggi — turba la sua quiete con strane e brusche telefonate. Sono cittadini qualsiasi, indispettiti dal timore che il biografo stia per accreditare un'immagine troppo addolcita del più burbero poeta di Trieste (e, forse, d'Italia). Mattioni stesso ha un curioso ricordo del suo primo, casuale e unico incontro con Saba, sulla porta della libreria antiquaria del poeta, in via San Nicolò. Entrando, in cerca di un testo di filosofia, fu malamente apostrofato, con tanto di bastone per aria: «Mi no vendo 'ste porcherie!-. — Tuttavia, perché vent'anni prima di scrivere? •Per due motivi. Scavando in una vita irta di angoli scabrosi, provai una sorta di pudore, un senso di violazione. E poi molte porte mi si chiusero in faccia. La stessa figlia, Linuccia, era un po' troppo preoccupata di salvaguardare un'immagine "santificata" del padre. E Trieste: la città fu molto elusiva, poco incline a parlarmi di un personaggio da cui era stata, cosi spesso, trattata senza guanti-. — Dopo la seconda guerra mondiale Saba fu vicino al partito comurJsta. E' questo che Trieste gli rimprovera? •Nego che Saba abbia avuto precisa idee politiche o che sia stato uomo di partilo: è assurdo. Non ammetteva autorità, né "socialità". Semplicemente, il Fronte popolare se ne fece in quel momento una bandiera e Saba (frustrato, impaurito dopo le leggi razziali) si lasciò pc.-tare. Ma il pei di allora propendeva per un confine orientale che lasciasse Trieste alla Jugoslavia, e si può capire cosa pensassero allora di Saba i triestini... Ma oggi non è amato per la sua ruvidezza, direi. Non per altro-. — Una ruvidezza mitica. •Terribile. Eppure Saba era più che altro contraddittorio: generoso e tirchio, per esempio, capace di gratitu dine, ma mai di rimorsi. La stessa figlia diceva: "Sa amare, non voler bene"-. — Lei ha parlato di fatti scabrosi... •Be', ci fu il caso di Federico Almansi, figlio di un amico di Saba, L'unico, splendido erede in una famiglia già segnata da casi di pazzia. Saba lo chiamava "il mio celeste scolaro" e instaurò con lui un rapporto esclusivo e intenso. Omosessualità? Forse. Io però nego (e me l'hanno confermato anche Comisso e Penna) che Saba fosse omosessuale in senso fisico. Fatto sta che Federico a un certo punto diede segni di squilibrio mentale, e Saba se ne attribuì la colpa. Fu da allora che cominciò con la morfina. •Prendeva un preparalo medicinale, molto diluito: dieci iniezioni al giorno. Ma il suo medico di Gorizia, Umberto Levi, chiese alla casa produttrice delle scatole "manomesse": la prima fiala, per il mattino, morfina diluita; le seguenti otto, acqua distillata; l'ultima, per la notte, di nuovo morfina. Un trattamento per la nevrosi, più che altro-. — Anche questa ormai mitica... • Una nevrastenia caratteriale, che veniva a galla appena qualcosa minacciava la sfera assolutista e chiusa di Saba. Era impaurito, apprensivo, con tutte le caratteristiche dell'ebreo orientale: si lamentava, si compiangeva sempre... E Levi, per liberarlo delle paure, lo tormentava. Una volta, ricoverato a Villa San Giusto a Gorizia, Saba chiese di essere trasferito ai piani al¬ ti. Così, in caso di bisogno, disse, si sarebbe potuto buttare giù. Levi cosa fece? Lo accompagnò all'ultimo piano, e gli ordinò di suicidarsi lì per lì, dalla finestra. Saba sbirciò quella minacciosa perpendicolare: "C'è terra smossa, laggiù — mormorò —. E se poi non muoio...?". Era fatto cosi-. E per questo si affidò alla psicoanalisi, altro importante capitolo biografico. Quanto alla poesia, Mattioni non si propone come nuovo critico, ma afferma: •Un poeta nato, e troppo innamorato dei propri versi. Non tutto è oro, nel "Canzoniere", si sa. Bobì Bazlen mi diceva: "Saba crede che sarà capito fra cinquanta, cento anni". No, dico io, andrebbe semmai retrodatato: non ha aggiunto niente alla poesia del proprio tempo. Ha solo il merito di aver portato l'uomo di ogni giorno nella sfera dell'arte, come Joyce e Flaubert. Ma loro erano grandi letterati, Saba un poeta con esperienze da provinciale-. Nell'attesa che Càmunia mandi in libreria il volume di Mattioni, per chi s'interessa al personaggio-Saba vogliamo segnalare una recente raccolta di ricordi scritta dal genero del poeta, Lionello Zom Giorni, 'Saba il cinese e altri racconti', di cui non s'è quasi parlato. L'ha pubblicata l'Editrice Goriziana (Corte Sant'Ilario, Gorizia; prefazione di Elvio Guagnini, pagg. 98 più un'appendice d'immagini, lire 14 mila). g.z.