Vincenzo il letterato

Vincenzo il letterato Vincenzo il letterato Vincenzo: (...) Lena è una santa, e avrà trovato nel dolore la sua perfezione. Soffre da sette anni, sono sette anni che alleva la nostra bambina da sé, col suo lavoro mal pagato, respingendo nell'eroismo del suo orgoglio quei soccorsi, che mille volte le ò offerti. Ed oggi dev'essere sublime, deve aver toccata la perfezione della sua natura. Attilio: (con ironia) Sta bene insomma. Vincenzo: (con uno scatto, alzandosi) Voglio rivederla, voglio andare da lei. Una di queste sere, Attilio, voglio andare a casa sua, nella sua povera camera ammobiliata. Attilio: E Bianca? Vincenzo: Oh, essa non è gelosa: bisogna amare con passione per sentire della gelosia. Poi è troppo intelligente; capisce tutto: proprio il contrario di Lena che era così stupida, così divinamente stupida! (intenerendosi fino quasi alle lacrime). Fossi certo che mia moglie non ne soffrirebbe, vorrei si conoscessero, che diventassero amiche! Attilio: Anche da un'altra persona t'eri proposto d'andare a passare una delle tue serate. Non ti ricordi già più? Vincenzo: Ma no; in questo momento almeno. Attillo: Da quel giovane che ti à mandati quei suoi versi, che ci son tanto piaciuti, che dicevi sarebbe stato il tuo erede, il distruttore e continuatore in meglio dell'opera tua. E dalla sua lettera appariva cosi solo, così povero, così sconfortato. Non gli ài risposto, solo promettendoti di andarlo a sorprendere di persona, una sera. E'passato già un mese. Vincenzo: (con entusiasmo) Questa sera, Attilio, questa sera vogliamo andarci. Che gioia per quel giovane, te lo immagini? Ed anche per me, poveretto (commosso); sarà la più bella serata della mia vita! Attillo: (estrae un orologio piccolissimo, da donna) E' già tardi. Vuoi che ci occupiamo un po'della corrispondenza? Vincenzo: (sempre animato) Ma si, amico mio, con piacere. Di'; cosa c'è di nuovo? Attilio: (disponendo delle carte) Fra qualche mese esce a Roma una nuova rivista. I promotori domandano per il primo numero qualcosa di tuo, prosa e versi indifferente, pur che porti la tua firma. Vincenzo: Come intendono chiamarla questa nuova rivista? Attilio: 'Il sole-I Vincenzo: Nientedimeno! E i collaboratori chi sono? Attilio: Tutti nomi nuovi. Vincenzo: Ma ti pare che io sporchi della carta per riviste che si chiamano addirittura *Il sole ? Quest 'altra lettera di chi è? Attilio: Ti faccio osservare che son giovani; non si può mai sapere... Vincenzo: Io so già. Di dove viene quella lettera? Attilio: (tiene la lettera in mano, ma senza consegnarla a Vincenzo) Questo che ti do è solo un consiglio pratico. E' sempre bene stare con i giovani; e più quando si può fare con assai poca spesa la parte del maestro. Vincenzo: Ebben"., se tanto ci tieni, manderemo i versi di quel giovane, insieme a una mia lettera, che permetterò di pubblicare. Adesso voglio sapere che lettera è quella, che non ài nemmeno aperta. Perché? Attillo: A' scritto in grandi caratteri 'Privata'. Tieni (gli dà la lettera). Vincenzo: (prende la lettera, ne legge la soprascritta e l'intasca) D'altro cosa c'è? Attilio: Qualche lettera d'affari. Devo leggerti? Vincenzo: Non adesso. E... i giornali? Attilio: -Il Travaso' vi dedica il suo ultimo numero. Vincenzo: (Impallidendo) Dici davvero? Attilio: Porta delle riuscitissime caricature di te e della signora Bianca. Bellissimo, sai, è un gusto leggerlo. Vincenzo: (provandosi a sorridere) Per te, nemico mio... Attilio: (paternamente) Lo metto qui, da parte. E' una satira per niente maligna, e potrà solo giovarti. Gli altri giornali non ti nominano affatto, né in bene né in male. E' troppo tempo che non dai nulla. Devi rimetterti al lavoro. Vincenzo: Ai ragione (un silenzio; poi prende dì tasca un portasigarette che presenta aperto ad Attilio). Vuoi? Attilio: Non fare il bambino. Sai bene che non fumo. Vincenzo: (come ricordando a un tratto) Ah, è vero! Tu non fumi, non bevi, non... Tu solo mangi. Attilio: (seccamente) Sai che Pietro si è licenziato? Vincenzo: Con chi? Quando? Attilio: Ma con me, prima. E mi ha pregato di fargli avere il congedo immediato, senza nemmeno i quindici giorni. Vincenzo: Oh! Perché? Non stava forse bene con me? Attilio: Dice che lo ài ingannato. Vincenzo: lo l'ò ingannato? Attilio: Pare! Prima di tutto lo fai vestire in borghese. Vincenzo: L'immaginavo bene! L'idea di non avvilire i servitori con la livrea è tutta della Bianca, io non ne ò mai avute di simili! O' ceduto ad essa, ed ò fatto male; al solito! Del resto, questa è la prima volta che mi son preso il lusso d'un cameriere; imparerò per il seguito. Attilio: Poi dice che non vuol servire in case dove i padroni non sono maritati. Vincenzo: A'detto questo il mascalzone ? E' matto? Attilio: E' un buon cattolico e vuol salvare la sua anima. Non vuole arrischiare la sua parte di paradiso, vivendo in una casa dannala. Umberto Saba, a Trieste, durante una passeggiata in compagnia della figlia Linuccla

Persone citate: Bellissimo, Umberto Saba

Luoghi citati: Roma, Trieste