L'eredità di Croce di Gianni Vattimo

L'eredità di Croce L'eredità di Croce (Segue da pagina 1) La ùlosofia dell'essere di Emanuele Severino è tutta una variazione metafisica sul principio logico (e cioè, valido sul piano del discorso) di identità e di non contraddizione (si potrebbe osservare che il sapore gentiliano della filosofia di Severino si radica anche in effettive connessioni storiche: Gentile è stato infatti il punto di riferimento polemico principale dei maestri neoclassici di Severino, come Gustavo Bontadini; è fin troppo evidente che la frequentazione, anche solo polemica, dell'attualismo gentiliano ha lasciato profonde tracce nel loro pensiero, tracce che riemergono potentissime in Severino). Ma anche una certa rinascita del «pensiero tragico», che si richiama a un esistenzialismo religioso maturato alla fine degli Anni Trenta, reca profonde tracce del «radicalismo» gentiliano: così come largamente gentiliana si può chiamare l'atmosfera in cui è stato recepito in Italia il messianismo di Benjamin e di Bloch. Finché c'è tanto Gentile che circola nella nostra cultura, si potrebbe dire, abbiamo bisogno di Croce. Di che cosa, però, propriamente, tra le tante eredità di Croce? Non certo della parte più sistematica del suo pensiero, di quella dottrina dei «distinti», le quattro forme o momenti dello spirito (arte, filosofia, economia, morale), che è responsabile di tante rigidità del pensiero crociano: per esempio, del suo rifiuto di considerare l'esperienza estetica anche come una possibile esperienza di verità (giacché in quel momento dello spirito vale solo l'opposizione bellobrutto, non quella vero-falso); o della separazione tra politica e morale (la prima essendo chiusa nel momento economico, dove vale solo l'opposizione utile-dannoso, e introdurvi giudizi morali sarebbe so¬ lo una consolazione per anime belle). Quel che rimane vivo e ancora ricco di insegnamenti per noi, in Croce, è invece il suo storicismo — con tutti i problemi aperti che contiene, e che è stato merito di Croce, forse, non pretendere di risolvere in maniera troppo sistematica e rassicurante. Quando fa la teoria dei quattro momenti dello spirito Croce pretende di assumere una posizione sistematica, panoramica, in fondo fuori della storia. Ma quando ripercorre le tappe della filosofia, della letteratura, della storia politica e civile dell'Occidente in cerca dei segni di un emanciparsi del principio spirituale dalle dipendenze esterne, dalle osservanze realistiche sempre inficiate dalla credenza mitica in potenze «oggettive» fondanti, cioè insieme rassicuranti e minacciose, allora Croce insegna davvero la via alla filosofia di oggi. La filosofia non è descrizione di strutture stabili, nemmeno delle quattro forme dello spirito, perché nemmeno queste sono qualcosa di stabile e definitivo, simile all'essere della metafisica. La specificità della filosofia starà invece nel suo essere, In senso eminente, interpretazione (e l'ermeneutica attuale è, più di quanto non creda, erede di Croce), cioè un pensiero che ripensa la storia della cultura come un processo tenuto insieme dal filo conduttore dell'emancipazione dello spirito — inteso anche nel senso più letterale, come qualcosa di sfuggente e leggero. E' un filo conduttore problematico (perché parla appunto del dissolversi di ogni struttura oggettiva, dunque anche di quella che lo legittimerebbe) ; anzi, «solo» una proposta interpretativa: alla quale Croce, con un termine su cui conviene ancora meditare, dà il nome di «storia della libertà». Gianni Vattimo

Persone citate: Bloch, Emanuele Severino, Gustavo Bontadini

Luoghi citati: Italia