L'Ungheria «apre» ai partiti

L'Ungheria «apre» ai partiti Una svolta clamorosa dopo la «revisione a metà» per la rivolta del '56 L'Ungheria «apre» ai partiti La fine del «monopartitisnio» è stata approvata la notte scorsa dal Comitato centrale dopo due giorni di discussione a porte chiuse - Il segretario Grosz: «Incoraggiamo la novità nel quadro del sistema socialista garantito dalla Costituzione» BUDAPEST — L'Ungheria chiude con il «partito unico». Come ha detto lo stesso segretario generale del Posu (Partito operaio socialista ungherese) Karoly Grosz, il Comitato centrale non solo appoggia ma -incoraggia' il passaggio al multipartitismo nel quadro del sistema socialista stabilito dalla Costituzione. La «svolta» è giunta al termine di due intense giornale di lavori a porte chiuse del plenum straordinario del Comitato, che ha anche approvato una parziale «revisione» della rivolta del '56. Fino a pochi mesi fa, ha aggiunto Grosz, •ritenevamo di poter creare il pluralismo politico nell'ambito del sistema monopartitico' ma il dibattito sviluppatosi nei mesi successivi -ci ha resi più saggi e riteniamo ora di dover iniziare con questo nuovo sistema- che sembra garantire 'minori errori e distorsioni' del passato. Con toni più moderati, il comunicato ufficiale — dopo aver affermato il valore del sistema multipartitico — sottolinea tuttavia che è necessario arrivare alla •transizione in .modo graduale, nel quadro di una calcolata trasformazione politica'. Meno clamorosa ma sempre innovativa la posizione assunta dal Comitato centrale sull'altro tema all'ordine del giorno della riunione: la parziale «riabilitazione» del '56 dopo che due settimane fa il popolare -numero due» del partito Imre Pozsgay aveva parlato di «rivolta popolare- a dispetto della tesi ufficiale che finora ha sempre usato il termine •controrivoluzione'. Il leader del Posu ha detto che le discussioni su questo tema non si sono certamente esaurite, ma che comunque la maggioranza si è trovata d'accordo nel ritenere che i moti del '56 furono all'inizio una vera e propria sommossa popolare degenerata poi in una controrivoluzione. Parlando sempre del '56, Karoly Grosz ha osservato d'altra parte che negli ultimi trent'anni la storiografia e la propaganda hanno messo l'accento in modo preponderante sugli 'aspetti controrivoluzionari', tralasciando gli • elementi popolari- insiti nella rivolta del '56. In altre parole, ha detto, questa cominciò come una autentica sommossa in cui "moltissima gente onesta, che era scontenta della situazione, miraprese la battaglia, protestò e impugnò le armi contro il gruppo politico al potere-. Successivamente però — ha aggiunto — gli -elementi controrivoluzionari si rafforzarono in modo crescente-. A suo avviso bisognerebbe oggi -accecare i fatti-, vale a dire la -benintenzionata, attiva partecipazione di giovani operai e intellettuali agli avvenimenti del '56 che elementi anti-sistema sperarono di poter sfruttare a proprio vantaggio'. Sebbene non si sia trattato di una esplicita revisione del giudizio sul '56, la soluzione di compromesso adottata dal Comitato centrale, pur non mettendo la parola fine al dibattito in corso, infligge una pesante breccia all'edificio della propaganda ufficiale. Il compromesso raggiunto consente di salvare l'unità del partito. Da una parte si evita la «scomunica» del riformista, membro del Politburo, Imre Pozsgay, che raccoglie le simpatie dei vari movimenti di opposizione; dall'altra si rinuncia all'isolamento del carismatico esponente della vecchia guardia, ex capo del partito fino al maggio '88, Janos Kadar, insediato al potere dai sovietici dopo la repressione del '56. I risultati di questa sessione straordinaria del Plenum rappresentano, insomma, una chiara vittoria del leader del partito. -Non esiste un caso Pozsgay, non è mai esistito e mai esisterà-, ha di¬ chiarato Grosz, come a dimostrare che il dibattito sul '56 riguarda la coralità del partito e non è appannaggio di un solo dirigente controcorrente. Grosz ha inoltre anticipato che, proprio per venir incontro alle richieste dell'opinione pubblica su questo sentito problema, sarà pubblicato la settimana prossima il rapporto della commissione — presieduta dallo stesso Pozsgay — che deve rivedere criticamente i 40 anni di comunismo in Ungheria. Il capitolo di storia rij guardante la rivolta del '56 contro l'allora regime stalinista e la successiva repressione sovietica è ancora oggi molto sentito: solo una settimana fa diversi gruppi alternativi hanno annunciato di voler rifiutare ogni dialogo col potere se questo non procederà a un riesame di quegli avvenimenti, facendo piazza pulita dei luoghi comuni della propaganda. Secondo il governo di Budapest 5-6 mila persone morirono nella repressione sovietica; ma stime occidentali parlano di oltre trentamila morti e di 200 mila esuli.

Luoghi citati: Budapest, Ungheria