Quattro delitti Su poche ore in Sicilia

Quattro delitti Su poche ore in Sicilia Ancora regolamenti di conti, prosegue la sfida della mafia allo Stato e alla società civile Quattro delitti Su poche ore in Sicilia PALERMO — La via della lotta alla mafia in Sicilia è ancora tutta in salita, irta di ostacoli. Tra sabato e ieri quattro omicidi. Due fratelli assassinati sabato sera a Gela, che si conferma una delle zone più ad alto rischio dell'isola; il cadavere di un pregiudicato vittima della «lupara bianca» trovato «incaprettato» nel bagagliaio di una «Renault 21» data alle fiamme e abbandonata fra le rovine di una masseria a 20 chilometri da Caltanissetta; un piccolo boss della droga assassinato a pistolettate sotto gli Archi Antichi vicino al porto di Catania. Per gli investigatori si tratta di nuovi casi da risolvere, per lo Stato e per la società civile sono nuove sfide di Cosa Nostra che, sparando e ammazzando, praticamente manda a dire che è ancora lei a comandare. Gela, 80 mila abitanti (più di quelli del capoluogo Caltanissetta), è più che mai un Due fratelli assassinati a Gela (36 omicidi e 52 ferimenti negli ultimi 14 mesi) - Un pregiudicato vittima della «lupara bianca» a Caltanissetta - Un piccolo boss della droga ucciso a Catania campo di battaglia. Nel tardo pomeriggio di sabato un duplice omicidio. Negli ultimi 14 mesi nella città vi sono stati 36 delitti, 52 mancati omicidi, oltre 50 attentati (uno fallito nella sede della pretura), nello scontro all'ultimo sangue alimentato dai grossi interessi per appalti e subappalti di opere pubbliche, il racket delle estorsioni e il traffico di stupefacenti. I due assassinati sono i fratelli Pietro e Rosario Morelli di 21 e 24 anni crivellati dai proiettili di un fucile e di una pistola mentre lavoravano in un campo di carciofi a 3 chilometri dalla città. Nella tarda serata il fratello Rocco, andato a cercarli data l'ora avanzata, ha trovato i cadaveri che ha quindi portato a casa dopo averli caricati su un motofurgone. I corpi sono stati notati dall'equipaggio di una «volante» della polizia e Rocco Morelli forse ora passerà dei guai per avere spo¬ stato i cadaveri senza, prima avere avvertito gli inquirènti. I due, tempo fa, erano stati denunciati per un furto e per oltraggio a pubblico ufficiale. A 300 metri da un viadotto della strada veloce Agrigento-Caltanissetta, nei cui pressi in settembre furono assassinati il presidente della Corte di Assise di Palermo Antonino Saetta e il figlio Stefano, è stato rinvenuto carbonizzato il cadavere del pregiudicato Angelo Panzica di 37 anni, scomparso da casa a Canicattì nel pomeriggio del 2 febbraio. La sua sparizione era stata denunciata ai carabinieri l'indomani dalla moglie. Uno dei circa cento casi di «lupara bianca» (sequestro, uccisione e occultamento del cadavere) che ogni anno si verificano in Sicilia. Prima di essere abbandonato nel bagagliaio della ^Renault 21», Panzica è stato legato mani e piedi e la corda gli è stata fatta passare at¬ torno al collo in modo che, nel tentativo di. liberarsi,' ha finito per autostrangolarsi. Nello stesso luogo, il 31 agosto '88 fu scoperta la salma (pure incaprettata, pure nel bagagliaio di una vettura incendiata) di Gioacchino Nicolosi, 45 anni, rapito e tolto di mezzo sempre a Canicattì. L'analogia è lampante. Probabilmente ì due omicidi hanno come comune denominatore i lucrosi utili derivanti dal commercio dell'«uva Italia» prodotta su oltre 25 mila ettari di vigneti e coltivati nel Canicattinese, tra le Province di Agrigento e Caltanissetta. Pregiudicato per furti e ra pine, Antonino Puglisi, 42 anni, sposato e con 5 figli, è stato eliminato a pistolettate a Catania nella zona del porto, n corpo è stato scoperto dai carabinieri dopo una telefonata anonima. Nel 1985, Puglisi con altre 40 persone fu colpito da un ordine di cattu¬ ra della procura della Repubblica per associazione, per delinquere finalizzata aUraffico di stupefacenti. Era in libertà provvisoria. Dopo gli 85 omicidi del 1988 (Catania ha 450 mila abitanti) non sembra che quest'anno i regolamenti di conti nella seconda città dell'isola siano più rari, anzi sono quasi all'ordine del giorno e il ministero dell'Interno conta molto su quel che potrà fare una «squadra speciale» organizzata da Francesco Accordino, l'ex vice capo della Squadra Mobile palermitana che l'altro anno dovette lasciare Palermo essendo stato gravemente minacciato. Stesso destino ha avuto pochi giorni fa il capo della sezione Omicidi. Ma lasciata la questura di Palermo il dottor Accordino dichiarò che le cose andavano male anche per la scarsa efficienza della Squadra Mobile. Antonio Ravìdà

Persone citate: Accordino, Angelo Panzica, Antonino Puglisi, Antonio Ravìdà, Francesco Accordino, Gioacchino Nicolosi, Panzica, Puglisi, Rocco Morelli, Rosario Morelli