Un patto per l'Europa di Aldo Rizzo

Un patto per l'Europa La dottrina Kissinger e il viaggio di Baker Un patto per l'Europa II nuovo segretario di Stato americano, James Baker, è arrivato in Europa mentre si apriva la discussione sull'ultima «dottrina Kissinger», cioè sull'idea dell'ex capo della diplomazia di Washington (tornato in qualche modo in auge nell'America di Bush) di un grande accordo occidentale con PUrss sullo sviluppo delle autonomie nazionali nell'Est europeo. Poiché gli stessi Bush e Baker hanno mostrato interesse per la dottrina Kissinger, è di questa che conviene subito parlare. Secondo Kissinger (o almeno secondo quanto gli viene attribuito) gli Stati Uniti e i loro alleati europei dovrebbero proporre all'Unione Sovietica una sorta di grande patto (c'è chi dice una nuova Jalta), in base al quale Mosca dovrebbe lasciare via libera agli ex satelliti per la loro evoluzione libcralnazionale, in cambio di un solenne impegno occidentale a non approfittarne per diminuire la sicurezza politico-strategica dell'Urss. In un simile quadro, diventerebbe possibile, cioè esente da rischi, una riduzione davvero massiccia degli opposti armamenti in Europa. L'idea e molto «kissingeriana», risponde al bisogno, tipico dell'ex segretario di Stato, di costruzioni concettuali, prima ancora che politiche, nelle quali imbrigliare i cambiamenti storici. Risponde anche a un bisogno più generale dell'America postreaganiana d'interrogarsi sul dopo-guerra fredda (se questa è davvero finita), allo scopo di prevedere e parare nuove e diverse turbolenze. Ma bisogna intendersi su che cosa significhi di preciso. Se significa un patto vero e proprio, un patto formale, l'idea è abbastanza fuori della realtà, e comunque va incontro a diverse obiezioni. Alcune sono state elencate dal Washington Post, citando «specialisti europei» del Dipartimento di Stato. L'offerta occidentale sarebbe «moralmente ambigua», determinerebbe «una complicità americana nel consegnare in via permanente l'Europa dell'Est alla sfera d'in fluenza sovietica». Sul piano tattico, immediato, pagheremmo all'Urss «un prezzo non richie sto», perché l'allentamento della presa sovietica sull'Est europeo è già in atto comunque. Si può aggiungere una terza obiezione: e la Germania? Accetterebbe la Germania di Bonn un regolamento europeo che sancisse un'appaiccncnza illimitata nel tempo dei confratelli orientali a un'altra Europa? Ma la «dottrina Kissinger» può significare qualcosa di diverso, di meno vincolante, di un patto formale. Può rappresentare una linea di tendenza, una garanzia tacita all'Urss. E, da que sto punto di vista, il discorso cambia. Intanto, una garanzia tacita non pregiudica il futuro oltre un certo limite, non csclu de l'ipotesi o la speranza di una ricomposizione, a un certo pun to, delle due Europe artificial¬ mente divise. E per l'immediato, nell'attesa che il sogno si avveri, favorisce il controllo di una situazione che può diventare altrimenti esplosiva. Perché su una cosa bisogna essere chiari, di una cosa bisogna essere convinti: nell'Europa dell'Est, per effetto delle spinte gorbacioviane, liberalizzanti, si è messo in molo un meccanismo che può diventare ingovernabile. Certo, si può sperare o sognare che il cumulo delle contraddizioni porti a un'esplosione liberatoria, ma esperienza storica suggerisce o non esclude sbocchi diversi, reazionari in senso stretto, che potrebbero significare in primo luogo la fine stessa di Gorbaciov. La dialettica interna all'Urss e al mondo sovietico, tra innovatori e conservatori, non si è certo esaurita, anzi. Dunque una linea di tendenza, un'ipotesi strategica, da verificare con le esigenze della lattica. E del reslo James Baker è venuto in Europa con altri inlendimenti immediati, il primo dei quali è impedire che gli europei occidentali si addormentino al canto, certo molto suadente," di Gorbaciov. Per due ragioni fondamentali, che non sarà mai eccessivo ripetere. La prima è che il gorbariovismo non può essere ancora considerato irreversibile. Tulti possiamo e dobbiamo augurarci che lo sia, per le difficoltà obiettive, strutturali, dell'Urss, per l'assenza di un'alternativa ragionevole; ma la certezza non ce l'abbiamo. L'altra considerazione e che, se anche Gorbaciov è irreversibile, l'Urss resta una grande potenza, della quale sentiremo il fiato sul collo: di qui la necessita di un rapporto equilibrato anciie militarmente, quale che sia la riduzione degli armamenti e del loro livello. Ogni garanzia, tacila o espressa, deve avere questa base e questo sottinteso. Resta, infine, una considerazione. Ci si può intendere su ogni strategia e su ogni tattica, a condizione che siano strategie e lattiche di tutto l'Occidente. Unità è una parola logorata dall'uso, ma non per questo ha perso il suo significalo. Un «lesi» decisivo sarà il 6 marzo a Vienna, quando comincerà, sulla riduzione degli armamenti convenzionali, il più grande negoziato intereuropeo di tutti i tempi. Aldo Rizzo