«La politica italiana? Vado a lezione»

«La politica italiana? Vado a lezione» L'italoamericano Peter Secchia sarà il nuovo ambasciatore Usa a Roma «La politica italiana? Vado a lezione» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — «Sto studiando non solo l'italiano, che parlo già un po', magari sbagliando ì verbi, maccheronico dite voi, no? ma anche l'Italia politica, de e pei, De Mita. Craxi, i risultati delle vostre ultime elezioni. Badi bene che né la Casa Bianca né il Dipartimento di Stato mi hanno comunicato che sarò io il prossimo ambasciatore Usa a Roma. Ma lo spero proprio: sono innamorato del Paese dei miei nonni». E che cosa ha imparato finora della politica italiana? -Non creda di incastrarmi con un giudizio su Occhetto. Se vuole, le cito invece le percentuali di voti del pei, il numero dei deputati de...». Al telefono da Grand Rapids, la città del Michigan da cui è ^cominciata la corsa alla presidenza di Bush, Peter Secchia — "Peter è il nome dì mìo nonno, lo porta anche la catena dei miei ristoranti» — sembra di buoa'ssimo umore. Lo diverte l'idea di studiare da ambasciatore, lui, il business¬ man italoamericano che in 18 anni ha portato il fatturato della sua ditta, la Universal Companies, da 10 milioni a 400 milioni di dollari, 520 miliardi di lire. Ha appena chiuso la convention repubblicana del suo Stato e parte con la moglie e i quattro figli per un lungo weekend che si concluderà mercoledì, il giorno in cui il segretario di Stato Baker sarà e Roma e forse la sua nomina diverrà ufficiale. Quando e come ha riscoperto l'Italia? «Nel '56, da marine: quell'anno e i due successivi ho fatto servizio nella Sesta Flotta americana nel Mediterraneo, con base a Napoli. Non c'era da scherzare, tra l'invasione dell'Ungheria e la crisi di-Suez. Che cotta mi sono preso dell'Italia! Ho voluto tornare a tutti i costi nei luoghi dei miei vecchi, il Biellese per il nonno, la provincia di Torino per la nonna. Sa che la nonna era imparentata con Don Bosco? Si chiamava Regina Occhiano. La consideri un garanzia del mio carattere». Quante volte è tornato in Italia? «Non le ho neanche contate. L'ultima è stata l'anno scorso, ci ho trascinato i miei soci con le loro famiglie. Anzi, se lei fosse qui le presenterei mia moglie Joanne, che è di origine svedese, e i miei figli, Stefanie di 21 anni, Sandy di 19, Charles di 18 e Mark di 15. Ne sono molto orgoglioso, conquisteranno l'Italia, se davvero mi manderanno ambasciatore a Roma». Che carriera politica ha fatto? «Sono nel direttivo nazionale del partito repubblicano e presiedo quello del Michigan. Mi sono dato alla politica appena finito il servizio militare. Posso dire che abbiamo avuto un certo peso nell'elezione del presidente. Ma la vera battaglia per Bush l'abbiamo vìnta nell'87, quando abbiamo respinto l'offensiva del televangelista Robertson nelle primarie. Insomma, non sono un pivello». Quale sarebbe il suo programma di ambasciatore? «Rafforzare i rapporti già molto buoni tra i nostri due Paesi. L'Italia è uno dei leader dell'Occidente, ha un ruolo cruciale nel Mediterraneo, c'è la tappa importante del '92 in Europa. Mi dicono che non è facile districarsi tra i vostri partiti e io non conosco i vostri uomini politici, ho incontrato solo Andreotti e sono amico del presidente della Regione Liguria Magnani perché siamo tutti e due nella Commissione per Cristoforo Colombo. Ma imparerei in fretta». Si descriva per i nostri lettori. «Che cos'è, un terzo grado? Allora: sono rotondetto, è la mia italianità, mi piace troppo mangiare. Ma non sono basso di statura, quasi 1 metro e 80. Sono bruno, ho 52 anni, mi piacciono gli sport, ma chi ha più tempo di praticarli? Vengo dalla gavetta, per dirla come voi. Sono nato nel New Jersey, ho studiato all'università del | Michigan. Ho incominciato come commesso viaggiatore nella ditta di commercio del legname che adesso dirigo: ne ho assunto il controllo azionario nel '71». Nessun altro particolare? «Vediamo un po'. Mi sono sposato nel '64, la mia azienda ha 3000 dipendenti, conosco bene l'ex presidente Ford, faccio parte della Fondazione Nazionale Italo-Americana, mi interesso dei problemi delle scuole cittadine, ho fondato l'ordine dei figli d'Italia nel Michigan...». Dietro la scelta di Secchia c'è la mano di Bush. H presidente aveva contratto due grossi debiti elettorali con due leader italoamericanì. Zappala 'n Florida e Secchia nel Michigan. Ha scelto il primo per Madrid e il secondo per Roma, sembra contro la volontà di Baker, che avrebbe preferito diplomatici di carriera. Baker avrebbe comunque chiesto il gradimento spagnolo e italiano. Ennio Carette (Altro servizio a pag. 10)