le Opinioni del sabato
Cose sacre dalle Cine Cose sacre dalle Cine RENATA PISU Santini, statuine con luce perpetua a batteria e aureole luminose garantite senza scossa, libretti per la messa, medagliette da prima comunione, nastri per la cresima, madonne, madonnine e crocefissi in simil-avorio: ecco i sacri gadget che le tre Cine, cioè Taiwan, Hong Kong e la grande Repubblica popolare, la Cina vera, si sono messe a produrre di comune accordo, scambiandosi preziose informazioni e know-how. Per esempio: quante frecce trafiggono San Sebastiano? Gli occhi di Santa Lucia, deposti sul piatto, sono neri o celesti? Ci vuole proprio un bue a riscaldare il Bambin Gesù nella grotta o si può sostituirlo con un bufalo d'acqua? Sembrano sciocchezze, ma sono cose che bisogna sapere se ci si vuol mettere nel ramo. E chi ne sapeva meno che niente erano i cinesi della Cina vera anche se sapevano come si fa a produrre medagliette e santini: per anni infatti avevano sfornato milioni di milioni di milioni di distintivi con l'effigie di Mao, libretti con il Vangelo delle Guardie Rosse, immaginette di eroi del popolo lavoratore. Si trattava soltanto di cambiare il contenuto, non la forma, riconvertendo così un'industria che era stata fiorente quando imperava il culto effimero di Mao. Perché non dedicarsi invece a un culto che effimero non è visto che dura da duemila anni? devono essersi detti i cinesi della Cina vera. Così, digiuni di nozioni sull'iconografia cristiana e sulle storie dei santi, niente affatto convertiti ma confucianamente — anche se non più marxisticamente — laici, i cinesi si sono buttati in questo nuovo e antichissimo business dell'oggetto sacro che per loro sacro non è. E il Mercato gliene ha reso merito. Certo però che devono ringraziare i cinesi di Taiwan e di Hong Kong che non gli hanno messso i bastoni fra le ruote, anzi. Li hanno consigliati, assistiti, pare che abbiano anche fornito capitali. Uniti e solidali, avendo superata ogni differenza ideologica e di sistema, i cinesi, in meno di tre anni, sono così riusciti a garantirsi l'80 per cento del fatturato mondiale del gadget sacro, relegando al quarto posto l'industria del santino italiana. Taiwan esporta infatti oggetti religiosi, comprese musicassette con inni e canti da chiesa in latino e in quaranta altre lingue, per un valore di circa 29 milioni di dollari; Hong Kong ha un volume d'affari nel settore che si è attestato sui 9 milioni, sempre di dollari. La Cina vera che è arrivata per ultima si è subito presa una bella fetta del mercato, il 27 per cento all'inarca, con un fatturato di 18 milioni di dollari. Ecco, sono cifre considerevoli ma, al di là del fatturato, vien da pensare che i cinesi devono essere proprio bravi, a conquistare il primato mondiale in un settore merceologico che gli è del tutto estraneo. E poi, perché si sono messi proprio a sfidarci sul nostro sacro terreno? Non sarà una vendetta, no... Però è proprio vero che oggi non c'è più niente di sacro...
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