«Colpa mia, uno stupido errore»

«Colpa mia, uno stupido errore» «Colpa mia, uno stupido errore» Il bolognese non cerca scuse ma Paletta non è d'accordo: «Troppi falsi amici, per tornare a vincere deve fare piazza pulita di chi gli sta intorno» DAL NOSTRO INVIATO VAIL — «Ho commesso un errore clamoroso, non dovevo proprio, non so come è potuto succedere ma è stata una stupidata: così ho buttato la gara, e devo onestamente riconoscere che la sfortuna non c'entra". Albertone Tomba, avvilito come non l'avevamo mai visto, un cagnolino bastonato, ha spiegato al suo popolo in lacrime il tranello in cui è caduto, lassù sulla pista, nella neve stavolta nemica. Scrollava la testa alla fine della prima manche, quella dell'errore fatale, e ripeteva ad alta voce ma parlando a sé stesso 'Che schifo, che schifo», quasi a voler scaricare la tensione che che gli sconvolgeva i tratti del volto, pallido come la neve dalla quale era stato appena battuto. 'Un errore banale, una pista orribile, un'organizzazione insufficiente, una visibilità pessima». Albertone Tomba ce l'aveva con tutti e con tutto, e bisogna capire anche il suo astio, nel momento terribile della delusione, mentre l'amico Paletta cercava di consolarlo battendogli affettuosamente la mano sulla spalla. Messner era in pista, Pietrogiovanna chissà dove, non abbiamo visto nemmeno il generale Valentino che pure non manca mai di far sentire la sua presenza alle cene di casa Italia. «Ci vedevo poco e stavo scendendo veloce, molto veloce», così Alberto, pressato dalle domande, ha iniziato il racconto dell'errore che gli è costato il quindicesimo posto alla fine della prima manche con un distacco di quasi tre secondi da Nierlich, un abbisso. «La pista era segnata, c'erano tracce profonde e io dopo un dosso mi sono accorto che stavo troppo sullo sci interno e che andavo basso, contro il paletto. Vedevo le tracce degli altri, capivo che stavo sbagliando la linea. Ho toccato il palo con la punta dello sci e poi non so in che modo, quasi sdraiato com'ero sulla neve per una decina di metri, ho evitato di saltare la porta seguente: su quel tratto, però, ho lasciato oltre un secondo e mezzo, un vero disastro». Stupore, delusione, amarezza, sconcerto, tensione: tutto questo abbiamo letto negli occhi di Alberto che seguiva quasi senza vedere, lo sguardo annebbiato, la discesa degli avversari sperando, piccola speranza, di rimanere com'è accaduto nel gruppo del primi quindici, in maniera da partire in buona posizione nella seconda manche. «Mi dispiace da matti, e non sapete quanto, perché questa era la mia gara, attesa per tutta la stagione. A Calgary ho vinto l'oro, a Crans il bronzo, e adesso guardate un po' voi cosa mi è successo per colpa di uno stupido errore. Adesso mi rimane soltanto lo slalom di domenica, dove spero di essere più fortunato: anche se non voglio cercare scuse, ho sbagliato io». Né la seconda manche, che l'ha riportato più in alto, è servita a lenire l'amarezza. Nessun altro ha sbagliato, ha detto Tomba, ma non era di questo parere Alberto Marchi Paletta, il quale dietro gli occhiali neri non sapeva nascondere lacrime di delusione e di rabbia: «Va bene, l'errore sulla pista l'ha commesso lui. Però queste cose dipendono anche dal fatto che non riesce a concentrarsi a dovere prima della gara. Alberto ha troppa gente intorno, troppi falsi amici che vogliono consigliarlo, guidarlo, organizzargli la giornata. E c'è persino qualcuno che al cancello di partenza continua a ripetergli cosa deve fare in pista, come se Alberto avesse bisogno di imparare a sciare. Io sono di questa opinione: per tornare a vincere, Alberto deve fare piazza pulita». c. co.

Persone citate: Alberto Marchi Paletta, Albertone, Messner, Nierlich, Paletta, Pietrogiovanna, Tomba

Luoghi citati: Italia