Papandreu, 4 mesi per lavare gli scandali di Tito Sansa

Papandreu, 4 mesi per lavare gli scandali Il crack della Banca di Creta ha macchiato l'immagine del Pasok: il governo frena le indagini per placare l'indignazione popolare Papandreu, 4 mesi per lavare gli scandali Le elezioni sono ancora lontane e i greci «dimenticano in fretta, come i lotofagi» - Ma se il bancarottiere Koscotàs (in carcere a Boston) parlasse, la leadership socialista verrebbe travolta - L'opposizione chiede anche conto di 400 miliardi spesi in più per l'acquisto di 40 «Mirage» DAL NOSTRO INVIATO ATENE — Se George Koscotàs, il bancarottiere greco fuggito e arrestato negli Stati Uniti, parla, l'era del primo ministro Andreas Papandreu e del suo Pasok, il partito socialista panellenico, è finita. Su ciò concordano tutti ad Atene, a denti stretti lo ammettono perfino funzionari governativi. E' infatti un segreto di Pulcinella che la gran parte dei 300 miliardi di Ure spariti dalla «Banca di Creta» di Koscotàs sono finiti nelle tasche dei politici del Pasok, cosi come (secondo l'opposizione di «Nuova democrazia») sono andati a impinguare i conti all'estero dei socialisti i 400 miliardi di lire che la Grecia ha pagato più del dovuto per l'acquisto di 40 aerei Mirage. Tutte queste cose le scrivono i giornali, le dicono le radio libere, le ripetono ogni sera i cabarettisti nei teatri di rivista ateniesi senza timore di essere querelati per diffamazione. E' stata soltanto formata in autunno una commissione d'inchiesta parlamentare, che avrebbe dovuto consegnare il suo rapporto il 24 gennaio. Ma, sotto la pressione della maggioranza socialista nel- la commissione di trentuno membri, gli inquirenti hanno chiesto altriduemesiper un supplemento di indagine. n governo di Papandreu insomma vuole prendere tempo, impedire che venga fatta luce prima delle elezioni politiche del 18 giugno. •/ greci sono come i lotofagi incontrati da Ulisse — dice pieno di fiducia un funzionario governativo —, dimenticano». E siccome mancano 130 giorni alle elezioni, durante questo tempo l'indignazione popolare per gli scandali, che viene definita autentica, dovrebbe svanire. L'importante è che i panni sporchi del governo non vengano sciorinati prima. Per questo un'ondati; di panico si è diffusa ad Atene quando dagli Usa è arrivata la notizia che la magistratura di Boston, la città nella quale Koscotàs è detenuto, è disposta a far interrogare in carcere da una inquirente greca il bancarottiere e eventualmente a concedere la sua estradizione. La prima reazione degli ambienti politici greci è stata imbarazzata, agli americani è stato fatto sapere che non c'è fretta, che in realtà nessuno pensa di interrogare Koscotàs né tanto meno di farlo rientrare in patria. Apertamente un funzionario del Pasok ammette che le sue rivelazioni potrebbero essere esplosive e venire sfruttate dai quattro partiti di opposizione (i due di destra e i due comunisti uniti momentaneamente in un'alleanza tattica contro natura) influendo così sui risultati delle elezioni. Il che -non sarebbe democratico». Pertanto è probabile che Koscotàs venga fatto parlare solo dopo il 18 giugno. La battaglia elettorale per scalzare Andreas Papandreu intanto è già cominciata. I giornali a maggiore dif¬ fusione come Ethnos ed Eiefterotipìa, i settimanali e le riviste di opinione come Anti e Pontiki sono scatenati nel rivelare scandali é corruzioni, ben sapendo che l'elettore ellenico è mosso più dall'odio che dall'amore, tradizionalmente non vota «a favore» di una persona o di un partito, ma «contro». Il maggior partito di opposizione, «Nuova democrazia», del resto, non dà proprio l'impressione di offrire molto per cui votare, nella speranza di abbattere il gigante socialista. n suo leader, Costantino Mitsotakis, è — si dice — contestato e detestato da molti dei suoi stessi seguaci, che lo chiamano «shark» (pescecane) per la sua aggressività, gli rimproverano il suo passato pasokista, e mettono in evidenza la sua mancanza di carisma. Non sono pochi, all'interno di «Nuova democrazia», quelli che gli preferirebbero il qua- rantottenne sindaco di Atene, Milziade Evert (figlio del bavarese Anghelos Evert, ex capo della polizia di Atene che salvò migliaia di ebrei durante l'occupazione nazista). Ex picchiatore all'università, motociclista scatenato, Evert, chiamato «bulldozer», piace. Inoltre, mentre il capo del partito Mitsotakis imita Bush, facendo diffondere la sua fotografia con tutta la famiglia, la moglie, le tre figlie, i generi e i nipotini, Evert fa concorrenza al vecchio Papandreu con i suoi atteggiamenti mondani, in ciò ben assistito dalla moglie Elisa. -E' una strana coppia», è il meno che si dica degli Evert. E alla gente ciò piace. E' ancora vivo nella memoria degli ateniesi un naufragio di Evert con il suo motoscafo contro gli scogli di Corfù in compagnia della bella Elisa e dell'inseparabile suo accompagnatore Achille Karamanlis. fratello minore dell'ex premier Costantino Karamanlis. E' piuttosto curiosa l'atmosfera preelettoralé che si respira ad Atene. Tutte le previsioni dei vati moderni, gli istituti di sondaggio demoscopico, dicono che il Pasok di Papandreu perderà, che «Nuova democrazia» otterrà la maggioranza dei voti e che il primo ministro sarà Mitsotakis. L'istituto europeo «Dimel», con sede ad Atene, dà al Pasok un 28 per cento scarso dei voti (contro il 38 per cento di «Nuova democrazia»), l'insospettabile società americana «Frost & Sullivan» concede all'intramontabile Papandreu qualcosa di più (il 35 per cento) ma assegna la vittoria certa all'opposizione con un solido 45 per cento. Tutto chiaro dunque? -No, l'ultima parola non è ancora detta-, dicono gli esperti. E aggiungono che, del resto, le elezioni del 18 giugno -sono senza importanza», quelle -che contano» saranno le elezioni presidenziali del marzo 1990. Vediamo un po' il perché. Ammettendo anche che il 18 giugno «Nuova democrazia» ottenga la maggioranza dei voti e che Mitsotakis diventi primo ministro — spiegano i politologi — il suo governo sarà -di transizione», durerà solo nove mesi. Nel maggio dell'anno prossimo, quando si dovrà eleggere il nuovo capo dello Stato, -i conti verraìino fatti daccapo». La Costituzione prevede infatti che il presKer e della Repubblica venga eletto alle prime due tornate con i due terzi dei voti del Parlamento, cioè 200 su 300, e nella terza tornata con almeno 180 voti. Se questo «qaorurn» non viene raggiunto da nessun candidato, il Parlamento viene sciolto e vengono indette nuove elezioni politiche. Orbene — fanno osservare i politologi ateniesi — è questo l'obiettivo del Pasok di Papandreu, ammesso che esca sconfitto dalle prossime elezioni. Alle presenziali gli basteranno 121 voti di ostruzione per impedire che venga eletto il candidato della destra e ottenere cosi lo scioglimento del Parlamento. Si rivoterà pertanto per le politiche nell'estate del 1090. E allora gli elettori greci di corta memoria avranno dimenticato l'ondata di scandali e di corruzioni che hanno accompagnato il governo del Pasok socialista e l'attuale primo ministro dovrebbe vincere «a redini basse» contro lo scialbo Mitsotakis. In Occidente si ha l'impressione che il «dopo Papandreu» sia cominciato nell'autunno scorso con i due problemi di cuore del primo ministro d'operazione di «by-pass» e l'invaghimento per l'ex hostess Dimitra Liani). In Grecia, quando ho domandato «chi verrà dopo Papandreu?», hanno risposto «Papandreu». Un suo collaboratore, al ministero delle Informazioni, ha aggiunto: -Se il buon Dio e Din. itra ci faranno la grazia». Tito Sansa