LE DISPUTE SULUOTTANTANOVE

Petrocchi, le chiavi della Commedia LA SCOMPARSA DEL GRANDE FILOLOGO E INTERPRETE DI DANTE Petrocchi, le chiavi della Commedia In tutte ormai le edizioni commentate della Commedia per uso scolastico si legge, come avvertenza, che il testo scelto è quello dell'edizione curata da Giorgio Petrocchi. Credo che questo sia il massimo omaggio che possa essere reso allo studioso appena scomparso, quello che in modo più duraturo ne consacra la memoria non soltanto fra gli specialisti, ma anche in mezzo al giovani. Per gli studenti di molte generazioni è stato colui che ha offerto la possibilità di leggere il poema dantesco nella forma il più possibile vicina a quella originaria, tenuto conto che non possediamo l'autografo, stabilita attraverso la collazione dei codici più antichi e autorevoli, rigorosamente esaminati e discussi. All'edizione della Commedia Petrocchi ha affidato anche l'esempio di un metodo filologico che, almeno nell'ambito della letteratura italiana, ha sempre lasciato il posto a modi di esasperata conservazione che rendono spesso il testo illeggibile. Oppure ha consentito il gioco di ipotesi fantasiose che privilegiano la novità, la sorpresa, lo scandalo, la meraviglia, preferendo l'autoglorificazione e l'autocompiacimento del filologo al servizio che la filologia ha da essere per presentare i testi nella forma più fedele e più chiara L'autentico filologo, in più, deve avere anche una sensibilità critica particolarmente acuta e una grande capacità di penetrare e comprendere i testi che cura, per evitare che venga fuori un risultato arido e astratto, spesso anche indipendente dal significato delle parole, puro esercizio tecnico. Questo fu proprio il carattere distintivo dell'opera di Petrocchi nel supremo momen¬ to che fu l'edizione della Commedia. Le minuziose discussioni e le precisissime giustificazioni delle scelte delle lezioni nei moltissimi passi controversi del poema dantesco diventarono, per l'equilibrio molto raro, che fu di Petrocchi, fra il rigore filologico, l'intelligenza storica e la penetrazione critica dei vari episodi o momenti del poema che venivano messi in questione dalla scelta testuale, un grande ed efficacissimo commento alla Commedia. La scelta filologica per Petrocchi si è proposta sempre come frutto anche dell'impegno dell'interpretazione. Attraverso l'opera dello studioso che stabilisce il testo, viene così fuori anche la storia delle varie letture nel tempo del poema di Dante; delle modificazioni e delle incomprensioni che si sono fissate nelle varianti dei codici. E ancora, delle interpretazioni che ne sono nate in tempi successivi presso critici e commentatori, guidati spesso da arbitrari impulsi estetici oppure dai capricci del gusto, dei veri e propri errori: la storia, appunto, del poema nella sua tradizione lungo più di sei secoli e mezzo. La Commedia che Petrocchi ci ha così consegnato contiene, di conseguenza, anche l'ermeneutica del poema quale si è venuta configurando attraverso i tempi e il variare dei gusti e delle interpretazioni: un poema vivo proprio perché tante volte copiato dai copisti, edito dagli editori, commentato dai critici, discusso dagli storici e dai filologi. E tutto questo è inglobato nel lavoro dello studioso, come prosecuzione e derivazione di quel testo che egli ha fissato e che appare, di fronte alle edizioni precedentemente in uso, tanto più aspro, duro, ir¬ to, perfino reso più arduo dalla ricostruzione dei modi della scrittura arcaica che Dante adoperò. n fatto è che l'edizione della Commedia fu, in qualche misura, la prova suprema di un'attività di studi e di ricerche ricca di curiosità non usuali e svolta con grande equilibrio metodologico in tempi di molti e sempre un poco vani e vuoti entusiasmi per le varie novità della sociologia della letteratura, delle indagini psicoanalitiche, di quelle stilistiche, semiologiche, formali ecc. Penso soprattutto alla molta attenzione che Petrocchi ha dedicato ai fatti e alle tecniche della narrativa a partire da quel volume sugli Scrittori piemontesi del secondo Ottocento, del 1948, che aprì molto fruttuosamente il discorso su una letteratura regionale, quale quella piemontese, da Calandra a Cagna, a Tarchetti, a Sacchetti, a Faldella, fino a quel momento considerata marginale oppure tributaria di movimenti e culture d'altri centri più fortunati presso critici e studiosi, e rivendicata, invece, da Petrocchi nella sua specificità di idee e di forme; e poi ecco il volume su Masuccio Guardati e la narrativa napoletana del Quattrocento (1953), con l'edizione del Novellino di Masuccio Salernitano, anch'esso dedicato a un periodo della nostra narrativa fra i meno studiati e i più frettolosamente giudicati; e vi fa riscontro l'altro libro su La prosa narrativa del Quattrocento, del 1958. Se Petrocchi si occupa del Manzoni, ecco che la sua attenzione si fissa specificamente sui problemi di tecnica della narrazione (La tecnica manzoniana del dialogo, del 1959), che, nel vario modo con cui sono presenti, costituisco¬ no anche l'aspetto su cui più insistono le monografie sull'Aretino (1948) esulBandello (1949). E ci sono, naturalmente, i molti volumi dedicati a Dante, soprattutto le guide alla lettura delle tre cantiche della Commedia, in cui si esprime anche la vocazione di Petrocchi all'affabile e cordiale servizio di spiegazione e di comunicazione dei significati del testo, reso a un pubblico molto ampio di lettori e di studenti. E ci sono le indagini alla letteratura religiosa soprattutto a quella dei primi secoli, dove si manifesta l'altro aspetto della personalità di Petrocchi, che è l'attenzione alla genesi spirituale dello scrivere, sia che si tratti di scritture specificamente letterarie, sia che, Invece, si tratti di scritture che hanno per scopo l'ammaestramento, l'esperienza interiore, quella del sacro (come appare dai lavori sulla mistica trecentesca e anche sul Tasso de n mondo creato). Credo che ciò che costituisce la grazia vera del critico della letteratura e del filologo sia la capacità di far sentire come ancora e sempre vivo anche il passato più remoto, quello che, por esempio, si è rappreso e concretato nel poema che racchiude in sé l'origine della nostra storia letteraria e linguistica, ma anche della storia civile e spirituale che ancora ci nutre. La vita del testo letterario è nella possibilità di interpretarlo, anche modificandolo e trasformandolo e rielaborandolo così da diventare davvero esperienza profonda di età storiche e del gusto e di lettori; e qualsiasi ricerca critica è anche il frutto dell'incontro fra il rigore della filologia e l'inventività dell'interpretazione. L'opera di Petrocchi resta proprio per questo orizzonte totale di metodi e di interessi un punto di riferimento sicuro. Riieggere oggi Dante significa, allora, anche ripercorrere il viaggio che il poema dantesco racconta insieme con chi ne ha stabilito il testo e ne ha narrato al tempo stesso la lunga vicenda lungo i secoli come parte costitutiva e necessaria di quel testo. Petrocchi è stato, infatti, una guida nella scuola, ma anche per la vita proprio per la capacità di porgere con eleganza con ironia con grande impegno morale e spirituale idee, proposte, interpretazioni, risultati raggiunti, scopi da ottenere nel lavoro del docente e dello studioso. A questo punto spunta il rischio di una celebrazione che finisca a usare un termine come «maestro», ahimè tanto usurato e spesso (troppo spesso) adoperato a sproposito e per chi ne è probabilmente indegno. Preferisco, allora, pensare a Petrocchi come all'interlocutore, vivace nell'accordo come nella diversità di opinioni, di tanti incontri critici, di tanti interessi simili e prossimi, di tanti progetti, quale è stato per me e per moltissimi sia miei coetanei sia di me più giovani. Come la sua opera ha continuato la lunga catena di interpretazioni letterarie dei testi, dandole l'impronta della propria personalità, così ora nelle ulteriori interpretazioni di Dante come del Manzoni e di tanti altri che la seguiranno essa avrà quella durata che è solo della letteratura e che consiste nella capacità che hanno i testi (critici non meno che narrativi e poetici) di vivere trasfusi di volta in volta nell'attenzione che loro dedicano i nuovi lettori, nel lavoro ermeneutico di altri filologi e critici del futuro. G. Bàrberi Squarotti