Solo la glasnost salverà la Cina

Solo la glasnost salverà la Cina INTERVISTA CON LO SCRITTORE LIU BINYAN, INTELLETTUALE DI PUNTA DEL RIFORMISMO Solo la glasnost salverà la Cina Giornalista e scrittore, espulso dal partito, è rimasto comunista ■ Dice: «Stalin, Mao e Poi Pot sono stati una sciagura» ■ «Non hanno capito che il socialismo presuppone un alto livello di sviluppo» - «La campagna contro la corruzione è fallita per mancanza di libertà di espressione» - Ora però «un'apertura si sta facendo strada, non perché i conservatori la desiderino, ma perché il popolo li forza ad accettarla» ; Liu Binyan, 62 anni, giornalista e scrittore, è consideralo l'intellettuale, di punta della Cina riformista. Già negli Anni 50 e poi nell'epoca post-maoista, criticò duramente la gestione del partito comunista e il mancato rispetto dei diritti umani L'intervista, di cui pubblichiamo i passaggi più significativi, è stata concessa da Liu, durante una recente visita ad Harvard, a Nathan Gardels, direttore del periodico New Pcrspectives Quartcrly. Insieme col fisico Fang Lizhi, lei è l'intellettuale di muggior rilievo espulso dal partito comunista nel perìodo della riforma. Fang Lizhi ne ha concluso che il socialismo ha fallito e che il marxismo, alla fine del XX Stailo, è irrilevante. Lei, al contrario, continua a essere un comunista convinto. Perché? «Il problema non ha niente a che fare col socialismo in se stesso. Il socialismo che venne importato dall'Urss c attuato in Cina non è vero socialismo. Da Stalin a Mao Tsc-tung abbiamo avuto un falso socialismo». Il segretario dell'Unione degli Scrittori sovietici ha dichiarato che Stalin ha compromesso, con i suoi crìmini, il socialismo di tutto il mondo. Pensa lo stesso di Mao? «Stalin è stato il primo a rovinare il socialismo. Il secondo è stato Mao, il cambogiano Poi Pot il terzo. Tutti questi uomini hanno completamente distrutto il significato del socialismo. Non erano affatto marxisti. Hanno ignorato il dogma marxista secondo il quale il socialismo presuppone un alto livello di sviluppo materiale». E' questa la definizione che darebbe delle esperienze di Stalin e Mao, un tentativo di forzare la nascita del socialismo per mezzo del potere politico? «Sì, l'utopia attraverso il tamburo di una pistola. All'inizio, lo stesso Lenin pensava che il socialismo non si sarebbe potuto realizzare in un Paese arretrato come la Russia. Così lì il risultato non fu autentico socialismo. Inoltre, non può esserci socialismo senza democrazia. Gorbaciov ha fatto di questo principio marxiano uno slogan importante in Urss: "Più democrazia significa più socialismo". Ma negli ultimi trent'anni ci sono state meno libertà e meno democrazia sia in Cina sia in Urss. Questo non può definirsi socialismo». Così la Cina dovrebbe sviluppare, o ricostruire, un mercato, allo scopo di creare un'economia più avanzata prima di poter diventare una vera nazione socialista? «Questa è stata anche la teoria originaria di Mao. Designò infatti il periodo post-rivoluzionario, durante il quale le forze del mercato avrebbero dovuto sviluppare l'economia, la "nuova fase democratica". Nel 1949 Mao disse che la "nuova democrazia" della Cina avrebbe avuto bisogno di 15-20 anni per potersi trasformare in socialismo. Ma nel '53 volle diventare il leader del movimento comunista mondiale, così tentò di lanciarsi nel socialismo. Ignorò la realtà concreta e tentò la corsa verso il "glorioso futuro"». Le sue opinioni sono simili a quelle di Abel Aganbegyan, il consigliere economico di Gorbaciov, il quale ha affermato che da Lenin in avanti è stato tutto un errore! «Sebbene la linea di Mao sia stata prematura e foriera di errori, ci furono risultati positivi. Abbiamo costruito l'industria pesante, la cultura e il sistema educativo hanno fatto passi avanti; lo standard di vita della popolazione è aumentato. Ma abbiamo pagato un prezzo salato. Forse le nostre enormi sofferenze hanno giovato all'umanità. Abbiamo insegnato agli altri Paesi a non percorrere la nostra strada disastrosa». Il prezzo che la Cina deve pagare oggi per il suo tragico passato sta nella profonda delusione dei suoi giovani. Che fiducia può avere nel futuro un giovane in Cina? «Molti dei nostri giovani non hanno visto nulla di buono da che sono venuti al mondo. Adesso tutto dipende dalla riforma e dal processo di democratizzazione, compresa la riforma dello stesso partito comunista. Credo che i nostri giovani saranno in grado di vedere, gradualmente, che c'è speranza per la Cina». Qua! è la differenza tra le opinioni di un intellettuale cinese del 1956, durante la Campagna dei Cento Fiorì, e un intellettuale odierno, nel tempo della riforma? «Esiste una profonda differenza. Nel '56 gli intellettuali cinesi credevano ancora nel partito, oggi no; nel '56 si risvegliarono dall'apatia del socialismo reale staliniano, in gran parte grazie al disgelo di Krusciov. Si resero conto che l'idealizzazione della vita ne'.'ia letteratura e nelle arti èra stata un errore. Paradossalmente, proprio mentre questo pensiero della new wave cominciava a prendere piede, la Cina venne coinvolta in una nuova fase di "costruzio- • ne socialista", sulle orme dell'industrializzazione staliniana dell'Urss. Questo processo trasformò il p.c. cinese in quello stesso apparato estremamente burocratico e opprimente che Krusciov andava criticando. Quando la vita intellettuale si risvegliò, nel 79, ventitré anni dopo, la fede dell'intellettuale cinese nel partito era scossa. «Nel '79 molti intellettuali accettarono tuttavia la nuova possibilità che si offriva, sviluppare una struttura teorica su cui poggiare le riforme econòmiche di Dcng Xiaoping. Studi e relazioni pubblicati sul Quotidiano del Popolo liquidavano l'epoca di Mao come un errore totale. Ma non appena si profilò questa tendenza, i leader del partito decisero che non potevano permettersi la delegittimazione completa di Mao, se non mettendo in pericolo il loro potere. Piuttosto che una nuova apertura ideologica, lo stesso Dcng promulgò i Quattro Principi Cardinali nel 1979, che tuttora limitano la libertà intellettuale. Sono: mantenere la strada socialista; sostenere la dittatura democratica del popolo; rispettare la leadership del partito comunista cinese e aderire al marxismo-Icninismo-Mao Tse-tung pensiero. Sono stato espulso dal partito nel 1987 per non aver ri¬ spettato questi principi». Come si spiega la natura del cambiamento in Cina, che procede due passi avanti e uno a ritroso? «Dal 1979 la liberalizzazione ha seguito un corso disordinato, con aperture e chiusure. Virtualmente ogni anno c'è stata una campagna contro la liberalizzazione, ma queste campagne sono sempre più deboli. Nel 1981 ci fu una lunga campagna contro il film Amore amaro di Bai Hua, nel quale erano mostrate le crudeli sofferenze infette alla popolazione durante la Rivoluzione Culturale, indicando chiaramente in Mao il responsabile. Nel 1983 è stata la volta della Campagna contro l'Inquinamento culturale, che durò appena ventisette giorni. Del 1987 fu la Campagna di Liberalizzazione Anti-Borghese, che venne interrotta dopo tre mesi. Queste campagne appartengono alla medesima ondata controriformista che fa capo a una fazione sempre più debole del potere». Ma le dimissioni del presidente del pc cinese, Hu Yaobang, presentate l'anno scorso, non hanno forse rappresentato un indebolimento delle forze liberali all'interno del partito? «Nonostante Yaobang sia stato accantonato, le correnti che rappresentava all'interno del partito sono in realtà divenute più forti. Si sono rafforzate anche l'anno scorso, perché la Campagna per la Liberalizzazione Anti-Borghese ha provocato reazioni negative molto decise sia all'interno che all'esterno del partito. Le dimissioni di Hu Yaobang e l'espulsione di Fang Lizhi, insieme con la mia, sono state considerate atti illegali, contrari alla Costituzione e al partito. Per la prima volta le gente si è opposta pubblicamente ad una campagna politica e ne ha difeso le vittime, sostenendo che le azioni del partito erano anticostituzionali. «C'è un'altra ragione per la quale le forze progressiste nel partito sono diventate più forti: il programma contro la corruzione, del 1583 e del 1984, è fallito. I coroni sono divenuti più sfacciati e hanno attaccato quelli che avevano denunciato la corruzione. La loro spudoratezza, fattasi ancora più vistosa, ha irritato anche alcuni conservatori, che si stanno avvicinando alle nostre posizioni. «Questo nuovo allineamento è la chiave per comprendere la situazione della Cina contemporanea. I "conservatori" si rendono conto che opporsi alla libertà d'espressione, quando quest'ultima porta alla luce la corruzione, danneggia i loro stessi interessi, il desiderio di ristabilire la credibilità e la leadership del partito. Ecco perché la Campagna di Liberalizzazione Anti-Borghese si è conclusa così velocemente. I leader del partito hanno anche capito, finalmente, che ogni volta che si varava una nuova campagna, l'economia ne veniva severamente danneggiata». La leadership del partito ritiene che la riforma politica sia necessaria ai fini di una riforma economica? O, in realtà, Deng Xiaoping è favorevole alla perestrojka senza la glasnost? «La riforma economica ha un lungo passato in Cina, mentre quella politica è agli inizi. Nessuna delle due può procedere senza ostacolare l'altra. Il movimento studentesco è esploso nel 1986 perché la riforma politica era appena agli inizi. In realtà, il primo a promuovere l'idea di una riforma politica è stato Xiaoping. Nel 1980 disse che dovevamo riformare il nostro sistema politico, combattere il feudalesimo e la burocrazia, diffondere la democrazia. Ma questo progetto non riuscì a passare. La resistenza all'interno del partito fu troppo forte. I funzionari più anziani si sono rifiutati di rinunciare alle loro posizioni e ai privilegi. Non si curano del socialismo: si preoccupano soltanto dei propri interessi e di quelli dei loro figli e nipoti. Penso che una vera glasnost, o un atteggiamento di apertura, si farà lentamente strada, non perché i conservatori li desiderino, ma perché il popolo li forzerà ad accettarli». Si intravedono reazioni conservatrici all'orizzonte? «Nel caso ci siano, presenteranno un tipo di razionalizzazione diverso da quello delle passate campagne. E' possibile che l'elevata inflazione venga presa come pretesto, essendo all'origine di una grande insod¬ disfazione tra le masse. I conservatori potrebbero usare motivazioni economiche per attaccare le riforme, dicendo: "Guardate! La maggioranza della popolazioni sta soffrendo a causa dell'inflazione, mentre una minoranza, che trae benefici dalle riforme di mercato, vive negli agi!". Questo può essere l'approccio giusto, perché la gente è esasperata dalla nuova diseguaglianza sociale e da ciò che percepisce come una caduta dello standard di vita. Gli abitanti dei villaggi sono spesso più ricchi dei cittadini e un tassista, per fare un esempio, può guadagnare fino a dieci volte un conducente d'autobus o un intellettuale». Che pensa dei progressi compiuti in Cina sotto la riforma-in confronto a quelli dell'Urss? «In molte aree cinesi le condizioni sono arretrate rispetto all'Urss, compi esc le condizioni politiche e culturali, nonché la situazione giuridica. Anche l'Urss è crivellata dalla corruzione, ma Gorbaciov è stato più efficace nel denunciarla. Ma siamo in una situazione migliore dei sovietici nel senso che, dopo la Rivoluzione Culturale, nessuno in Cina ha più fedi. Ne risulta che, qualora venga proposto un programma di riforme drastiche che sfidi tutti i dogmi, la gente non vi si opporrà, a differenza dei molti che stanno osteggiando le riforme in Urss. Un'altra differenza: mentre la Campagna per la Liberalizzazione Anti-Borghese ci ha liberato di Hu Yaobang, le riforme sono andate avanti. Nel marzo 1987 è stato decretato che nelle elezioni locali del Congresso del Popolo potrà esserci un numero di candidati maggiore dei seggi a disposizione, e che i candidati non saranno nominati unicamente dal partito, ma anche dal popolo. Se l'Urss varasse una riforma di stampo antiliberalizzatore che destituisse Gorbaciov, ie loro riforme si troverebbero veramente in difficoltà». Quanto è importante per un cir..,e l'esperienza sovietica di perestrojka e glasnost? «Molto. Guardiamo a Gorbaciov. perché ha cominciato le sue riforme con la politica e l'uso dei media. E' molto efficace nella glasnost, che è proprio quanto manca alla Cina». Nathan Gardels Copyright «New York Revicw of Books» c ptr l'Italia «La Slanipa» Pechino. Una manifestazione durante la rivoluzione culturale: «Il prezzo che la Cina paga oggi è li delusione dei suoi giovani»