Bellocchio «Ma gli autori dove sono?» di Ugo Buzzolan

I registi commentano la decisione di limitare gli spot nei film in tv I registi commentano la decisione di limitare gli spot nei film in tv Bellocchio; «Ma gli autori dove sono?» Einaudi, cicerone in tv tra le pietre di Torino Detmers i «E' «E' Berl strano che proprio noi si sia rimasti assenti da un accordo che tende a tutelare le nostre opere» - Bolognini: quasi miracoloso, mi sembra un bel progresso» - I fratelli Carlo ed Enrico Vanzina che lavorano per rlusconi: «Le nostre pellicole, forse perché più corali di altre, non hanno mai sofferto per le interruzioni» DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Marco Bellocchio ha accolto con moderata soddisfazione la notizia dell'accordo raggiunto tra Anica e Federazione radio-televisione sull'inserimento degli spot nei film presentati in tv. 'Meglio quattro interruzioni che dodici — commenta Marco Bellocchio —. Certo, la mia reazione non può essere che positiva, è bene riuscire a ridurre al minimo lo spezzettamento televisivo delle pellicole. Quello che mi stupisce, però, è che in questo tipo di contrattazione, e nell'accordo che ne consegue, non abbiano avuto voce gli autori, cioè i diretti interessati. E'sorprendente verificare che le concessioni siano arrivate proprio dalla controparte, cioè dai produttori che finora hanno sempre accettato le regole delia pubblicità in base a precisi criteri economici". Bellocchio, che recentemente ha acconsentito alla messa in onda su Retequattro del suo film Diavolo in corpo in versione tagliata, si spiega ancora meglio: 'Finora erano stati i produttori a difendere le ragioni degli spot: se le tv commerciali garantiscono la realizzazione di un film è naturale dover accettare n «Diavolo in corpo» Per la rubrica (d L'editore su Raitre ci anni, non hanno mai avuto una posizione contraria agli spot e perciò hanno sempre fatto film con il gruppo Berlusconi. Spiegano: 'Forse è perché i nostri sono film corali che sopportano meglio di altri di essere spezzati dagli spot, ma noi la sofferenza per queste interruzioni non l'abbiamo mai patita. La pubblicità garantisce alle tv private gli introiti e gli introiti garantiscono la libertà. E la libertà, come è noto, non ha prezzo. E' per questo che la battaglia contro gli spot a noi appare insensata». Perché in Rai si è meno liberi? 'La nostra impressione è che in Rai si sia soggetti a più condizionamenti. Forse siamo rimasti colpiti da quello che è capitato a nostro padre, Steno, che per la Rai ha girato L'ombra nera del Vesuvio, uno sceneggiato sulla camorra che a causa di una campagna di stampa negativa è stato costretto dalla stessa Rai a tagliare, smussare, addolcire. Da Berlusconi invece una volta approvato il progetto facciamo quello che ci pare. E tra i due mali, quello di vedere il proprio film spezzato dagli spot e quello di dover render conto alla de o alpsi preferiamo il primo». ho saputo con soli due giorni di anticipo che Gli indifferenti sarebbe andato in onda e a quel punto era già troppo tardi per chiedere di curare personalmente l'inserimento degli spot pubblicitari». Nella veste di spettatore televisivo, Mauro Bolognini è quasi completamente estraneo al problema: «Vedo poco ifilm in televisione e quelli con gli spot non riesco assolutamente a seguirli. Trovo che la pubblicità, in mezzo a una storia cinematografica, sia assolutamente inaccettabile». I due fratelli Vanzina, Carlo regista ed Enrico sceneggiatore, venti film in die- ti di Moravia prodotta da Reteltalia, considera l'accordo 'quasi miracoloso», un passo importante in una strada ancora da battere. 'Sarebbe lodevole, da parte dei produttori, fare ogni tanto qualcosa per gli autori — ha commentato il regista anch'egli abbastanza guardingo circa i risultati raggiunti dall'Anica e dall'FRT —; trovo che si è fatto un bel progresso, ma non posso evitare di dire che il vero successo, la conquista definitiva, starebbe nel limitare la collocazione degli spot al solo spazio dell'intervallo. 'Per quanto ini riguarda — ha proseguito il regista — certe regole. E' strano ora che gli autori siano assenti da un accordo mirato a tutelare l'integrità della loro operai. A differenza di altri colleglli, il regista de / pugni in tasca non ha sfruttato la possibilità di collocare personalmente le interruzioni pubblicitarie nelle sue pellicole trasmesse sul piccolo schermo. «/ miei film sono stati acquistati in gran parte dalla Rai; quelli che sono passati sulle tv private sono stati interrotti dagli spot normalmente, come tutti gli altri». Mauro Bolognini, che ha girato di recente la versione televisiva de Gli indifferen¬ poi sopprimerle alla chetichella senza far rumore e suscitar polemiche). Nonostante la congiura del silenzio, gli indici di ascolto in realtà sono confortanti, anche se con forti oscillazioni. Direi che — in sede di primo bilancio dopo un semestre circa di attività — le forti oscillazioni riguardano pure la qualità dei prodotti che sono saltati da cose incisive ed attraenti a confezioni scialbe o, peggio, velleitarie. Il tema è unico, molto vasto e persino vago, Viaggio in Italia' sarebbe forse necessario un coordinamento tra le sedi per una maggiore coerenza e approfondimento di 'discorso regionale» e per non disorientare la platea con piroette da documentari e tentativi di fiction, conati intellettualistici e collages di interviste. Oggi in ogni caso Viaggio in Italia merita attenzione: si svolge a Torino ed è indicativo di come si possa realizzare un programma intimamente legato alla regione e al tempo stesso di interesse nazionale, un programma (regista Tomaso Shcrman) che fonde la cultura, la curiosità, l'informe:'one, l'immagine 'al¬ Non se ne parla, la Rai tace, non vengono resi noti gli indici di ascolto, non si promuovono pensosi processi e relative scontate assoluzioni, anzi glorificazioni in famiglia, come per Biberon o lo show di Banfi. Eppure i programmi regionali esistono ancora, programmi ideati e prodotti autonomamente dalle sedi Rai delle varie regioni, ultimo avanzo non dico infelice ma certo non florido — soprattutto clandestino — di quello che era stato sbandierato come una grande conquista democratica, il decentramento. Ogni lunedì (questa settimana, eccezionalmente, il mercoledì, cioè oggi; ne parlerò tra poco) sono ospitati da Raitre trasmissioni di un'ora con cui Raitre però non c'entra nulla; si limita a concedere lo spazio. E poiché — comprensibilmente dal suo punto di vista — riserva gli orari migliori alla propria programmazione, ecco che le trasmissioni regionali finiscono a metà pomeriggio e a beneficio di un pubblico ristretto (e in più, ripeto, ìion godono di nessuna forma di reclamizzazione, quasi che la Rai voglia a bella posta ignorarle, per re giudica i monu menti della città l'interno» di una città, e, in buona misura, l'allettamento diciamo spettacolare. Il titolo è I convitati di pietra- due secoli di vita a Torino rivisitali attraverso i monumenti, e cicerone straordinario è Giulio Einaudi. Per la verità Einaudi funziona da contro-cicerone, non ha ovviamente nulla della guida di tradizione e del suo linguaggio convenzionale, e nemmeno del dotto espandersi dello studioso specialista. Divertito e dissacrante, e lieto di aggirarsi da mattatore incontrastato fra muti antagonisti di sasso e di bronzo, Einaudi risparmia pochi monumenti da giudizi caustici come «Quant'è brutto» e «Pazienza, è venuto così..»; ma, insieme, va ben al di là della critica alla pomposa retorica sabauda o fascista e traccia con acume e chiarezza un itinerario storico-psicologico della Torino di ieri con i suoi difetti e le sue virtù. Acume e chiarezza inai disgiunte da ironia maligna come nel finale quando esclama: «Nel dopoguerra qui da noi non sono più stati costruiti monumenti: per avarizia o per rispetto alla città?». Ugo Buzzolan

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