Gova: nessun re nella dc di Francesco Cevasco

Gova: nessun re nella cd Intervista con il leader del «grande centro» Gova: nessun re nella cd «Il partito non prevede il diploma di capo» - Boccia la candidatura di Martinazzoli: «Il segretario deve uscire dalla mia corrente» - «Intercettare i voti comunisti è il modo più serio di competere con Craxi» MILANO — Signor ministro, oggi e qui, al congresso regionale della de lombarda, è nata una candidatura ufficiale per la segreteria del partito: la sinistra propone Mino Martinazzoli. Oggi a Roma il ministro Remo Gaspari fa un identikit del nuovo segretario che assomiglia a lei. Antonio Gava, ministro dell'Interno, leader del Centro, alleato di Forlani, di Scotti e anche di Andreotti incomincia scherzando («L'identikit non è il mio, è il suo, è Gaspari!») poi dice cose serie. Smonta l'ipotesi Martinazzoli: «E' una personalità di rilievo. Sono stato lieto di votarlo come capogruppo alla Camera. Ma penso che questa volta il segretario politico della de bisogna sceglierlo in maniera diversa. Deve essere uno del Centro. Tutti i gruppi del partito stanno lavorando per una soluzione unitaria. Non è vero che ci sono divisioni». E, allora, le difficoltà quali sono? «E' da poco che si stanno superando. Da quando il segretario e presidente del Consiglio ha preso l'iniziativa di sentire tutti i gruppi». Il problema è solo quello del nome del prossimo segretario? «No. Il problema, un altro problema, è quello di chi sta intorno al segretario, la classe dirigente del partito». Che cosa significa? «Ho risto con i miei occhi De Mita, in certi momenti di sconforto, lamentarsi perchè si sentiva solo. E ho sentito io, con le mie orecchie, altri che lo accusavano di "mancanza di collegialità". Si tratta di eliminare queste due cose». Ma oggi la de ha bisogno o no di un leader? De Mita è un leader. «Un partito popolare si conserva non trasformandolo in un partito "leaderistico". Ripeto: non sono i galloni (la g può essere maiuscola o minuscola a seconda delle interpretazioni, ndr) che fanno 1 gradi. Uno può essere segretario e non contare niente. Moro aveva l'8 per cento del partito ed era un leader. Non c'è il diploma di leader. Con questo non dico che De Mita non è un leader, ma proprio perchè lo è non può fare due cose insieme: segretario della de e presidente del Consiglio. Io sono per una democrazia, anche nel partito, in cui valgono più i valori delle persone. Se ne accorgerà Craxi». Craxi? «Sì: i problemi per lui cominceranno quando, e quanto più, il suo partito crescerà: quando avrà ridotto il pei come il pcf di Marchais». E la de che c'entra? «C'entra eccome: noi dobbiamo guardare con una nuova attenzione al pei. Dobbiamo incalzarlo. Noi da sempre abbiamo come obiettivo di trasformare il pei in una forza democratica. Ora che il pei è indebolito perchè non ha più punti di riferimento certi, nemmeno sul piano ideologico (aveva ragione Amendola, dovrebbe persino cambiare nome) è la de, siamo noi, che dobbiamo intercettare i voti comunisti. Anziché fare polemica, fare la guerra di parole con i socialisti, dobbiamo prendere quei voti. E' il modo più serio di competere con il psi. Poi i conti con Craxi li faremo meglio. Dobbiamo preparare il partito alla sfida che Craxi ci ha preannunciato quando avrà allargato il consenso elettorale del psi». Torniamo alla de e a De Mita: è d'accordo con chi dice: due presidenti (del partito e del Consiglio) non fanno una segreteria (della de). «Quelle sono frottole grosse assai». Lei è a Milano, al congresso della de lombarda, lo stesso dove nell'82 Marconi lanciò la candidatura di De Mita per la segreteria. E' un caso? «E' un caso. Io ero libero e sono venuto alla presidenza di questo congresso. Domenica sarò a quello della mia regione, la Campania». La platea, però, parla più di lei che di Martinazzoli, il candidato segretario? «n ministro degli Interni non è proprio l'ultima ruota del governo...». Si discute anche del messaggio di Craxi dal Venezuela: via i «pesi morti» da' governo. «Dovrei conoscere lo spagnolo per capire che cosa voleva dire. Ognuno di noi ministri pensa che sia il collega, quindi siamo tutti tranquilli». Il leader, ma forse dopo le cose che ha detto non ama essere definito così, di «Azione popolare» oggi avrà l'ultima parola al congresso della de lombarda. Ieri è stato un diligente presidente dell'assemblea e ha pazientemente ascoltato molti sfoghi della sinistra delusa da come sono andate negli ultimi tempi le cose per la de di queste parti (perduto il Comune di Milano e la Provincia, pesanti concessioni al psi pur di non perdere anche la Regione). Da questo malessere nasce, su proposta di Granelli, la candidatura provocatoria di Martinazzoli alla segreteria nazionale della de. «Non mi dò percentuali di riuscita — dice Martinazzoli — perchè non sono disattento a che cosa sta succedendo nel partito. La mia candidatura, comunque, non è una sfida. E' un contributo a quella che dovrà essere la somma di tante convergenze senza pregiudiziali». Come dire: per il segretario non basterà un accordo De Mita-Centro, dovete stare a sentire anche la sinistra. Poi dice la sua su Craxi: «Un partner così importante nel governo dovrebbe fare meno boutade. E ricordarsi che poi torna in Italia». Ma Gava è più attento alle notizie romane («Andreotti ha commentato positivamente rincontro con De Mita», gli annuncia soddisfatto il sottosegretario Senaldi) che non ai malumori della sinistra. E a chi gli dice: «Complimenti per la linea, è dimagrito», risponde: «Certo, sono in gran forma...». Francesco Cevasco

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