Tra Cecchi e Dandin un incontro mancato di Osvaldo Guerrieri

Tra Cecchi e Dandin un incontro mancato La commedia di Molière in scena a Firenz Tra Cecchi e Dandin un incontro mancato L'attore-regista si è ritagliato il ruolo marginale del servo DAL NOSTRO INVIATO FIRENZE — Strano destino, quello del Georges Dandin. Commedia asciutta, pefellamente simmetrica nei suoi tre atti, che ripetono una situazione portata a un grado sempre più aito di irreparabilità, è considerata fra le più significative di Molière: eppure, da noi, è fra le meno rappresentale. Se poi, malauguratamente, trova la via del palcoscenico, eccola soccombere alla degradazione, o svilirsi nella presuntuosità corriva. E' successo alla fine degli Anni Sessanta con De Bosio, in un'edizione di cui non resta traccia; poi con Franco Parenti, che proiettò questo antesignano del -cocu magnifique* in una dimensione tra la brechtiana e l'agreste; con Bruno Cirino, che diede al personaggio una leggerezza impalpabile, quasi da sogno lunare. E succede oggi con Carlo Cecchi che, nello spettacolo in scena dall'altra sera al Niccolini, sembra badare, più d'ogni altra cosa, a tenersi fuori dalla vicenda che ci racconta Molière, ad osservarla standosene in disparte, in una solitudine ombrosa, persino accidiosa. Eppure ci si aspettava che con lui, oggi, Dandin vibrasse almeno di un suo lampo zolfigno. precipitasse nella voragine disperata della verità offesa. Con i suoi precedenti molieriani, cinque commedie fra cui II borghese gentiluomo e il Don Gio¬ vanni, disuguali nei risultali ma 'interessanti*. Cecchi giustificava l'attesa del suo pubblico, accorso numeroso e subito abbastanza prodigo di applausi. Lo si aspettava nella parte di Dandin; invece, sorprendentemente, decideva di interpretare il personaggio di Clitandro, lo spasimante nobile di Angelica; e alla vigilia del debutto, ancora più sorprendentemente, l'attore-regista indossava la palandrana rugginosa del servo Lubin. si incapsulava in un ruolo piccolo, marginale, saldamente ancorato alle poggiature napoletane, lasciando a una compagnia non del tutto matura il peso di questa -farsa tragica* che Molière scrisse nel 1668. subito dopo Anfitrione e prima dell'Avaro, e rappresentò fra i giochi d'acqua di Versailles, nel corso del -Grand divertissiment rogai-. Vi si trova ancora una volta il tema del -cocuage-, delle corna. E queste sono corna di classe, perché Dandin, contadino arricchitosi, ha voltato le spalle al proprio ceto e ha voluto sposare un'aristocratica, la figlia dei signori Sottenville. C'è un gentiluomo di corte che ronza intorno a questa Angelica dalla bugia facile, le manda biglietti amorosi cui lei risponde con solerte buon grado, la irretisce sema ostacoli in una trama amorosa che si intreccia fluida sotto gli occhi del marito. 1 tre atti sono una rigo¬ rosa dimostrazione dell'impossibilità dì Dandin a provare pubblicamente le colpe della moglie e a chiamare in causa gli altezzosi genitori di lei. Angelica, con un'astuzia mista di crudeltà e di ipocrisia, riesce a volgere c proprio vantaggio le situazioni più scoperte e ad avere ogni volta il marito ai propri piedi. Insomma, un gioco spietato nel quale Georges Dandin non è tanto la vittima della moglie quanto della propria condizione sociale: è di classe inferiore, quindi ha torto per principio. Sulla scena fissa di Tobia Ercolino (una piazza guardata dalla facciata grigiastra della casa di Dandin) Cecchi regista fa procedere i ire atti della commedia sul versante vivido della farsa, senza estrarre la negatività di tutti i personaggi, Dandin compreso. Sottolinea il grottesco dei signori Sottenvilip, sussiegosi, pososi e legaii a un concetto mollo superficiale dell'onore, ma non giunge mai a tradurre lutto in vera comunicazione. Anche perché gli attori Elia Schilton (Dandin). Aldo Sassi (Calandro), Francesco Origo e Dorotea Ausenda (i Sottenville), Nicoletta Bertorelli (la servente Claudine) recitano ad un livello appena corretto. Le cose vanno un po' peggio con Patrizia Zappa Mulas, troppo acerba per la parte cosi tortuosa di Angelica, così vertiginosamente infida. Osvaldo Guerrieri

Luoghi citati: Firenz, Firenze