Portuali, ultima trincea

Portuali, ultima trincea Portuali, ultima trincea Utenti e trasportatori disapprovano le Compagnie - Il sindacato teme un conflitto tra lavoratori Dialogo Ira sordi, s DAL NOSTRO INVIATO LIVORNO — Italo Piccini, un omone con gli occhi vispi, sul 60 anni, che guida i portuali livornesi da oltre un ventennio, usa toni pesanti. -Questa è una battaglia per la democrazia, se pensano di fare a fettine i lavoratori si sbagliano, ci possono mandare la polizia più cattiva noi saremo sulle banchine...». Tira una brutta aria sul porti italiani. Lo sciopero generale e la manifestazione nazionale dei portuali a Livorno sono stati preparati con cura meticolosa. La risposta ai decreti del ministro della Marina mercantile. Prandini, accusato di voler privatizzare gli scali e ridimensionare il potere delle Compagnie, è forte. Fin dalle prime ore di luce davanti la sede della Compagnia di Livorno, proprio vicino al mare, si accalcano lavoratori giunti da tutte le parti: Trieste, Ravenna, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Piombino e altre città ancora. Quando il corteo parte, sotto un sole primaverile, sono più di 20.000. Tutto fila liscio, ma la vertenza porti si è trasformata in un caso politico e rischia di diventare un problema di ordine pubblico. Lunedi scorso, proprio a Livorno, 200 dipendenti delle agenzie marittime e società di spedizione, che non possono lavorare pi" ir ^^oero del portuali, si son. invocati in assemblea: . juu sindacalisti che volevano discutere sono stati cacciati. Oli autotrasportatori che attendono inutilmente le merci agli scali sono in agitazione. Insomma, si rischia un conflitto tra lavoratori. Ne è consapevole anche il .sindacato. -Sì c'è una spaccatura tra il porlo e le altre categoria — ammette il segretario nazionale della Fit-Cgil, Franco D'Agnano — è chiaro che dobbiamo riflettere su qtiesta situazione». Roberto Benvenuti, giovane comunista sindaco della città toscana, è preoccupato e invita alla moderazione: -Bisogna battere la via del negoziato, ci vuole un atto di coraggio e tornare al dialogo». Certo è difficile discutere pacatamente quando in discussione ci sono privilegi storici, interessi economici, conti politici, «n Telegrafo», quotidiano di Livorno, saluta la manifestazione con un titolo tremendo: «n canto del cigno». Parla di -lotta anche giusta ma che la città non si sente di condividere». L'Unione utenti del porto, con una pagina a pagamento, accusa le Compagnie: 'Nell'88 i portuali hanno lavorato per 6 ore e mezzo al giorno per 14 giorni al mese ed hanno percepito il salario garantito dal ministero come se avessero lavorato tutto il mese». E' la guerra delle cifre. Il console Piccini replica: 'Abbiamo lavorato 16 giorni, al netto di infortuni, malattie e ferie, i portuali lavorano come gli altri». E' chiaro che con queste diatribe aritmetiche non si risolve nulla. E allora? Per adesso si parla tra sordi: Prandini tiene duro sulle sue posizioni e questa volta, nonostante la durezza delle reazioni e lo stato di agi- tazione (ormai giunto al 26° giorno), l'Impressione è che la Compagnie siano in grossa difficoltà. Cosa vuole il sindacato? 'Prandini deve ritirare i decreti e poi discutiamo su tutto» dice D'Agnano: 'Non può pretendere che il sindacato stia solo in ginocchio». n segretario della Fit Cgil presenta i punti discutibili: riorganizzazione del lavoro, revisione tariffaria e della mutualità, cioè i fondi delle Compagnie, riqualificazione della riserva fla mano d'opera) . 'La Compagnia, comunque — insiste — deve gestire la riserva». Ma questo vuol dire mantenere il monopolio della mano d'opera per le Compagnie, proprio quello che Prandini vuole eliminare. E' difficile uscirne. Martedì ci hanno provato a livello locale Piccini e gli altri operatori del porto (armatori, agenti, capitaneria) per trovare un accordo locale che potesse essere poi utilizzato a livello nazionale. -Eravamo disposti a pagare un prezzo, abbiamo fatto quattro volte l'accordo, comprese tariffe e organizzazione del lavoro — polemizza Piccini — ma ogni volta gli armatori andavano a telefonare a qualcuno, tornavano e ci dicevano che non si poteva fare». Questo atteggiamento avvalora i sospetti delle Compagnie che Prandini e armatori vogliano arrivare a una definitiva resa dei conti. L'aspetto più paradossale di questa situazione è che probabilmente, anche applicando i decreti Prandini, non ci sarà nessun miracolo nei porti italiani. -Anche se il costo del personale diminuisse del 20% — avverte D'Agnano — non saremmo competitivi con gli altri scali stranieri e non abbiamo neanche una flotta in grado di stare sul mercato». r. e.

Persone citate: D'agnano, Franco D'agnano, Italo Piccini, Prandini, Roberto Benvenuti