Quella differenza non è piccola di Renata Pisu

Quella differenza non è piccola SE LE DONNE NON VOGLIONO PIÙ' ESSERE UGUALI, MA DIVERSE Quella differenza non è piccola Un convegno a Bologna si trasforma nella Costituente della libertà femminile - L'avvocata Lia Cigarini: «L'articolo 3 della Costituzione, pari opportunità senza distinzione di sesso, va modificato» - Nascerà il nuovo «diritto sessuato»? - La madre dello stupratore costretta a scegliere tra il figlio e le donne DAL NOSTRO INVIATO BOLOGNA — Gli uomini presenti sono pregati di uscire con discrezione. Siamo qui per parlare di cose che interessano noi e il nostro corpo, non l'umanità in genere ma le donne. Quindi per favore, andatevene. Cinque ragazzi sperduti tra una folla di circa un cinquecento donne riunite a Bologna sabato 14 gennaio nella Sala dei Notai per il convegno nazionale Inviolabilità del corpo fernrninile e diritto sessuato, si alzano e si avviano nel silenzio generale all'uscita Sulla porta applaudono, forse per provocare una qualche reazione: al loro applauso rispondono isolati battii.iani femminili. Non tutte sono per la separatezza. «Dobbiamo confrontarci», grida uno degli esclusi per motivi di sesso. Gli risponde una donna seduta vicino a me: «Abbiamo millenni per tarlo». Spariscono gli uomini, se ne vanno con discrezione. D'altra parte, che avrebbero potuto fare? La separatezza sta diventando la regola ora che le donne non vogliono più essere uguali ma diverse dagli uomini ai quali tentano di far capire che c'è la differenza. E gli uomini non lo vogliono capire. Dicono: «Ma come, fino a ieri volevate essere uguali, pari a noi? Adesso che vi salta in mente? La differenza... ma quale differenza?». / politici invece hanno afferrato al volo l'idea, al punto che a Modena, in dicembre, al convegno nazionale delle aniministratrìci comuniste, la platea del Palasport era riservata alle donne, gli uomini es sendo stati tutti convogliati in balconata, tranne Achille Occhetto che stava sul palco per ragioni di ruolo, non di sesso, e spiegava la necessità di riconoscere e valorizzare pienamente nei fatti la differenza di sesso. Come? Per prima cosa garantendo alle donne una quota di rappresentanza di un terzo negli organismi direttivi del pei. Ma l'idea conturbante di differenza sessuale come valore nuovo e politico su cui puntare — perché non è più quella piccola differenza alla quale i gaudenti una volta inneggiavano al grido di Vive la différence! — agita anche altri consessi. Al recente conve gno di Roma delle ammini- stratrici democristiane, Arnaldo Forlani ha incitato le milleduecento delegate che chiedevano maggiore partecipazione con queste parole: «Voi dovete chiedere una rappresentanza del cinquanta per cento». Dal canto loro le socialiste hanno già avuto la loro quota fìssa del 25 per cento e così pure le sindacaliste. Insomma, è così che stanno andando oggi le cose: differenza di sesso politicamente riconosciuta, donne che non vogliono essere confuse o assimilate agli uonuni perché ormai si è sparsa la voce: i sessi sono due, distinti e separati. Nella grande e gelida Sala dei Notai di Bologna, dopo l'uscita dei diversi si ricompone l'unità di sesso. Avvocate, giuriste, parlamentari, storiche, filosofe, sociologhe, insegnanti, redattrici di decine I di giornali del nuovo femmi¬ nismo — da Fluttuarla a Iride, da H Paese delle donne a La Manifesta — assieme ad altre donne senza precisa professionale qualifica, sì confrontano per quattro ore in un dibattito teorico, aspro, che ncn indulge a storie di vissuti personali. Qualche tentativo di impadronirsi del microfono per raccontare di omacci che si permettono apprezzamenti tipo un Urea, che belle tette! non provoca solidarietà, soltanto risatine di compatimento, zittii. Dieci anni Cosa è successo nell'arco di una decina d'anni? Come sono riuscite le femministe a passare dall'autocommiserazione, dalla fase dello scacco nei rapporti sociali da subire inevitabilmente in quanto donne, a formulare desideri vincenti come quello di vivere nel mondo con agio o addirittura a proclamare che un filo di felicità corre oggi tra le donne? Sarà forse vero quello che mi dice una ragazza bionda che poi scopro non essere tanto ragazza ma già preside di scuola media. «La gente crede che il femminismo sia morto perché le donne non scendono più in piazza. Ma invece non è morto, pensa». A che pensa? «Alla differenza», ribatte la giovane preside. Qui, a questo convegno, ho udito voci di donne pensanti, donne che stanno lavorando all'ipotesi di una sessualizzazione dell'ordinamento giuridico in base alla differenza. Della legge sulla violenza sessuale che parla di crimini perpetrati contro la persona sì fanno beffe. «Chi è mai questa persona neutra?», si domanda con sarcasmo Raffaella Lamberti del Centro di documentazione delle donne di Bologna che ha organizzato il convegno. E precisa: «Perché non si inscrive la differenza sessuale nel diritto? Perché non si parla di corpo della donna?». Afa altre osano di più, addirittura propongono una modifica della Costituzione. Come osano? Semplicemente osano. Prende infatti la parola Lia Cigarini. In sala si fa silenzio. Cigarini, avvocata, tra le fondatrici della Libreria delle Donne di Milano e Ira le promotrici del Gruppo Giuriate milanesi, ha scritto assieme a un'altra giurista, Maria Grazia Compari, un testo per la rivista Sottosopra Oro. appena uscita nelle librerie, che tutte in sala hanno letto. Si intitola Fonte e principi di un nuovo diritto. Lia Cigarini si sofferma a analizzare l'articolo 3 della Costituzione, quello in cui si garantiscono a tutti i cittadini pari opportunità senza distinzioni di sesso, di razza di religione. «Questo articolo va modificato perché limita la nostra libertà, afferma l'avvocata. prima di tutto perché la differenza di sesso viene messa insieme a tante altre differenze, e poi perché mentre le altre differenze vengono considerate preziose per la società e quindi vanno tutelate, la differenza di sesso viene giudicata come qualcosa che deve scomparire, qualcosa che ci portiamo dietro come retaggio di una società pre-borghese, cioè pre-egualitaria, non razionale. E' chiaro però che, visto che i sessi sono due e sempre lo saranno, quell'articolo va modificato. Insomma, il patto costituzionale non è stato sottoscritto dalle donne. Non è che abbia in mente come modificare l'articolo 3 né la forma che potrà avere la Costituente delle donne. Non oso nemmeno pensare a cosa succederebbe se le politiche di professione se ne appropriassero come slogan... Però non abbiamo dubbi: la Costituzione italiana dovrà aprirsi ai principi fondamentali del diritto femminile». Le donne in sala applaudono. Che già si sia qui riunite in Assemblea Costituente? Ma no, non ancora. Quello che interessa soprattutto Lia Cigarini è la pratica del processo che considera il mezzo più valido per produrre diritto femminile. Spiega come: i rapporti dì scambio fra avvocata e cliente donna, fra avvocate che si associano in una causa o anche fra una giudice e una avvocata, servono a precisare gli interessi femminili dai quali possono scaturire le norme di un ordinamento sessuato di origine femminile. Non é chiarissimo ma pazienza, l'elaborazione teorica è agli inizi. Interviene Valeria Fabj di Bologna la quale sostiene che è vero, la giustizia è ancora dell'uomo, al punto che lei fa fatica a definirsi avvocata, lei è abituata a usare il maschile avvocato. Però non è una questione che la turba. Dice che la intriga piuttosto il fatto che assumere il diritto sessuato significa nella pratica del processo assumere al femminile ogni tipo di difesa anche quando si difende :< maschio. In tribunale E come la mettiamo allora con l'etica professionale? Ribatte Maria Grazia Compari: «Forse non abbiamo chiarito che noi, nelle cause di diritto di famiglia dove il conflitto tra i sessi è portato nelle aule di giustizia, abbiamo scelto di difendere soltanto le donne. Non esiste la possibilità di difendere in modo femminile gli uomini, non li difendiamo per una scelta politica». Scrosciano applausi. Cigarini e Campari fanno parte di una corrente inolio rispettata — ma anche contestata — del movimento delle donne che da anni si dedica alla riflessione teorica e-a una pratica che privilegia sempre e soltanto i rapporti tra donne con la speranza di creare una genealogia femminile, quindi un potere, una autorità. Oggi anche un diritto femminile. Ma quali sono i principi cardine di questo diritto? Sarà in contrapposizione a quello maschile—o neutro — ora in vigore, nel senso di due costituzioni, due codici di procedura penale, due di civile, a ciascuno il suo e una legge che non è eguale per tutti? Ije distinzioni sono sottili, ben articolate, come sempre quando il filo si snoda seguendo i percorsi della logica giurisprudenziale, che sarà anche quella maschile però fa ancora scuola. Si legge infatti su Sottosopra Oro che «i principi del diritto femminile possono essere convergenti, conflittuali o autonomi rispetto ai principi del diritto maschile». Mi faccio spiegare meglio la cosa. E quasi quasi capisco, quindi brevemente espongo: allora, nella Costituzione va riconosciuta l'invìolabilità del corpo della donna, non una norma di legge penale ma un diritto positivo. E questo è un esempio di diritto femminile autonomo. Conflittuali rispetto al diritto maschile sono invece le norme riguardanti la coppia e la famìglia. Perché? Sempre perché c'è la differenza dei generi. E quando mai si converge? Lia Cigarini mi fa l'esempio della violenza sessuale. «Mettiamo che tu sia stuprata, n diritto maschile ti garantisce la repressione del reato. Quello femminile sancisce la responsabilità della madre dello stupratore verso il proprio sesso. Facciamo il caso eie tu denunci lo stupratore, è una tua scelta perché noi siamo contro la denuncia d'ufficio, e che ci sia il processo. Se la madre dello stupratore dichiara di non essere solidale con il figlio ma con te, si può arrivare a una contrattazione. Magari ritiri la denuncia, non chiedi risarcimenti troppo alti, non ti costituisci parte civile...». «E cosa ci guadagno?» «Moltissimo. Vedi così si afferma il principio di autorità materna esercitata nel nome del proprio sesso. Capisci autorità materna non patema... Libertà e autonomia della donna, non tutela». Capisco, capisco. Ma mi sembra uno sconvolgimento, una rivoluzione... «E lo è, lo sarà», dice con un sorriso Rita Farinelli, avvocata a Rovereto che ha scritto per una rivista giuridica un saggio sul diritto sessuato che è stato pubblicato, certo, perché, spiega Farinelli, «l'hanno inteso come un esotismo, una stravaganza». E invece? E' una cosa seria? Fattibile? A Bologna cinquecento donne erano tutte più o meno convinte che sì, si può fan, perché, come ha detto Letizia Bianchi, docente universitaria di sociologia, «la premessa per la produzione di un diritto sessuato è la avvenuta libertà femminile». Ma è davvero già avvenuta? Le libere donne di Bologna ne sembravano felicemente convinte o, almeno, davano l'idea di divertirsi un mondo a pensare una cosa che non è mai stata pensata. Renata Pisu A una manifestazione per la festa della donna. «Il femminismo non è morto, pensa» (Foto «La Stampa» - Sergio Solavaggione)