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Un restauro produttivo Un restauro produttivo SABATO scorso, a Valmontone, cittadina del basso Lazio a mezz'ora di treno o auto da Roma, presentazione del progetto di restauro e riutilizzo del seicentesco Palazzo Dona Pamphilj, ricco di affreschi di Mattia Preti, Mola, Dughct ecc., oggi fatiscente. L'iniziativa può costituire un esempio per gli innumerevoli edifici storici sparsi nella penisola, in condizioni penose, da restaurare e rendere servibili. In base ad una convenzione stipulata con le università di Roma, Viterbo e Cassino, tale palazzo, una volta rimesso in sesto dal Comune, tramite finanziamenti pubblici e la collaborazione di esperti dell'Università, ospiterà il Centro interuniversitario per la ricerca sui paesi in via di sviluppo. Oltre a salvare un monumento pregevole (auspicio espresso già 30 anni fa nel primo numero del bollettino di Italia Nostra) sarà un buon investimento. Infatti, superando l'impossibilità per un Comune di 12 mila abitanti di utilizzare proficuamente i circa 7000 mq disponibili, in questo modo si renderanno produttivi i 35 miliardi preventivati per il restauro. Ovviamente, se il predetto centro non sarà la solita, inutile struttura burocratica, bensì Giacomo Balla: «Ritratto di Ettore Roesler Franz» (1902), part diventerà davvero una sorta di college per i borsisti del terzo mondo: peraltro previsti nei programmi per la formazione di tecnici stranieri, quale sostegno dell'Italia ai paesi in via di sviluppo. Come ha annunciato il ministro Ruberti, presente alla cerimonia, questo è il primo ma ne sono previsti altri, fino a costituire una rete su tutto il territorio nazionale, utile alla nostra politica in questo campo (per la quale spendiamo somme ingenti, pari a quelle di Germania e Francia): l'iniziativa acquista dunque un particolare significato. Senza contare che l'esempio potrebbe stimolare altre idee. Tutte però nel segno: restauro e produttività.