Vecchioni: so fare tre cose parlare con i ragazzi scrivere canzoni e guidare di Enzo Gentile

Vecchioni: so fare tre cose parlare con i ragazzi scrivere canzoni e guidare Intervista al cantautore mentre esce il nuovo disco, «Milady» Vecchioni: so fare tre cose parlare con i ragazzi scrivere canzoni e guidare MILANO—All'angolo della bocca c'è 11 solito sigaro, quello che ha sostituito le settanta sigarette di qualche anno fa e che, con il tocco di un goccio di whisky, gli conserva una voce calda, profonda, intensa, Impregnata di una certa saggezza. Roberto Vecchioni a quarantacinque anni si sente ancora, professionalmente, un ragazzino: coti Milady (Cgd), nei negozi dalla prossima settimana, è arrivato al quindicesimo album e più di altre volte si capisce che I!elislr dell'eterna giovinezza è legato a un pugno di canzoni, coccolate e amate come fossero il giòco preferito. Annuncia con soddisfazione e una punta di compiacimento che questo è il Vecchioni classico, con il linguaggio, nella forma e nella sostanza, prediletto. Nelle otto tracce di Milady il professore Roberto Vecchioni torna dritto dritto a quelle matrici che ne hanno segnalato lo stile e la vena nei momenti migliori: «C'è molta autobiografia e chi votasse potrebbe leggere una fetta importante della mia vita in questi ultimi due-tre anni: In Ippopotami, un album andato abbastanza male commercialmente, e non solo per colpa sua, avevo deciso di non scrivere neppure una canzone d'amore. Mi sembrava un gesto di coraggio, innovativo, controcorrente. Forse non mi sbagliavo, ma di sicuro tradivo le mie radici, i miei sentimenti e anche le attese di un pubblicò che scopro di volta in volta fedele, quasi avvinghiato a una specie di modello costituito. Oggi credo che una sfida del genere non avrebbe senso, e infatti eccomi qui a raccontarmi, senza pudori, come davanti a uno specchio: Milady è un disco che non dimenticherò tanto facilmente, tanto è vero, onesto, pulsante di vita vissuta». Pubblicato a due anni e mezzo da Ippopotami, per la prima volta senza il contributo in copertina di Andrea Pazienza, il geniale disegnatore scomparso nel 1988, Milady è un album che riconsegna, Inalterate, tutte le atmosfere più tipiche di Roberto Vecchioni, quelle pieghe intimiste, la ballata anche dolente e pensosa e un suono moderatamente rock, timbri caldi e mai eccessivi: prevede, piuttosto una versione dal vivo un poco più vivace: nel tour che parte il 16 febbraio da Cremona, ritagliato all'interno del calendario scolastico, per non sottrarre giorni di insegnamento a Vecchioni, ci saranno sul palco una dozzina di musicisti, "compresa una bella sezione di fiati, per richiamare quel feeling alla Huey Lewis che ci piace tanto», sottolinea il suo manager Gianni Massari. Già, la cattedra: Vecchioni è un personaggio privo di riferimenti possibili in questa scelta di doppio lavoro, onorato senza crisi di coscienza, né stress. Giunto al diciannovesimo anno da professore, quindi nella piena facoltà di usufruire della pensione. Vecchioni continua invece a presentarsi ai suol alunni del Liceo classico Beccaria, per tenere regolarmente, e anche severamente, le lezioni di lettere. Il perché di questo attaccamento al mestiere è difficile da spiegare: forse serve da contrappeso a un'attività ancora considerata frivola come quella del can¬ tante? «Può darsi che mi piaccia sentirmi doppio come in tutto il resto della mia esistenza. Ma forse dipende da una considerazione che sta alla base di tutto. Come dico e come sanno quelli che mi frequentano, io sono capace di fare bene solo tre cose: parlare con i ragazzi a scuola, scrivere canzoni e guidare. Ho cercato di mettere a frullo queste qualità e di tenermi stretto le cose a cui tengo. Oltretutto io sono pigro, ho paura del nuovo, non apprezzo gli esperimenti e le avventure cieche. Mi sento un po' snob, ma soprattutto non saprei immaginarmi in altro: e così contìnuo a correre su un duplice binario». Gli Anni Sessanta furono utili a molti autori e interpreti esplosi alla popolarità tanto tempo dopo: servirono anche a Roberto Vecchioni? «te canzoni che ho firmato me le sono dimenticate quasi tutte, non c'era praticamente nulla da salvare. Non posso avere nostalgia di pezzi commerciali, usa e getta, dati all'epoca ai Nuovi Angeli, a Michele, alia stessa Ornella Vanoni. Al contrario in quel periodo vivevo in simbiosi con i grandi autorifrancesi, a cui devo tantissimo della mia maturazione, non solo come musicista. Quella fu una fase irripetibile nella storia della canzone e con il passare delle stagioni ci siamo tutti accorti quanto era arduo il ricambio». Più tardi, però, c'è stata da parte sua un'assimilazione degli schemi e dei tratti somatici di una cèrta canzone rock a stelle e strisce. «£' vero, i francesi non erano modelli per noi riproducibili, e allora ho masticato un po' dì musica americana. Sono affezionato al clima di un rock morbido, che non uccide la voce, né deprime l'interpretazione, portato al massimo grado di perfezione e pulizia da gente come Crosby, Stills, Nash and Young e, perfino, in alcuni passaggi della sua produzione, da Bruce Springsteen. Non è questione di imperialismo o di giogo culturale: reputi, che fare tesoro del lavoro, delle indicazioni dì quel calibro sia stato giusto anche per noi, in Italia. Da me personalmente quelle tinte, quel modo di fare, disegnare canzoni sono stati captati come un riferimento chiaro e forte». In Francia il declino della canzone è sotto gli occhi e nelle orecchie di tutti. In Italia è andata meglio, siamo stati più fortunati? "Indiscutibilmente il rinnovamento generazionale c'è stato e i frutti dopo l'ondata storica, con Tenco e Paoli, quelli che ho amato più di tutti, e subito dopo De André, sono copiosi lungo gli Anni Settanta. Negli ultimi tempi si sono affacciati dei ragazzi promettenti, ma il vero talento che ha forse chiuso il ciclo di un certo modo di narrare, di raccontare sensazionie sogni, è stato Vasco Rossi. Formidabile, in particolare nelle ballate lente, a fotografare un disagio, una disperazione, una tensione, una disgregazione che serpeggiano nella nostra quotidianità». Di fianco al letto ha il libro di Roberto Calasso, Le nozze di Cadmo e Armonia ("Bello, ma pesante da leggere, difficile anche per chi, come me, ama la classicità»), un sostanzioso volume del giallista inglese John Carter Dickson, mentre tiene a rispettosa distanza Umberto Eco di cui il professore ha voluto evitare anche // nome della rosa. Ma con i libri il discorso per Roberto Vecchioni è ben più ampio: «Afe sto preparando un paio, una sorta di curiosità, di stranezza bilaterale per me e per il mio pubblico. Chi segue le mie canzoni ha paura che in esse vi siano troppe novità, sono assolutamente dei tradizionalisti: magari adesso resteranno spiazzati. Sono progetti da separare nettamente, senza punti di contatto. Il primo si intitolerà Dare a Cesare ed è una raccolta sui generis di liriche, sul tema di un rapporto bonario tra l'intellettuale e il potere». ' "L'altro libro, invece, sarà una grammatica greca, che ho concepito in modo trasversale rispetto a tutta la didattica polverosa, paludata a cui noi professori siamo abituati. Vorrebbe insegnare ai ragazzi facilmente e rapidamente, i meccanismi del verbo greco, che nella lingua ha un ruolo fondamentale. Risulterà organizzato con una parte tecnica, che sta curando un mio ex allievo bravissimo,.laureatosi su Aristofane, mentre di un'introduzione storica e aneddotica dovrebbe occuparsi Luciano De Crescenzo, per offrire un programma più invitante al lettore non strettamente del settore, mentre sono previsti anche disegni, forse fumetti. Un congegno che, se ben orientato, diventerebbe un volume buono per la scuola, ma anche come strenna- ci sto pensando con Zanichelli, l'editore, ne riparliamo a fine anno». Enzo Gentile Roberto Vecchioni

Luoghi citati: Cremona, Francia, Italia, Milano