Sul fiume della Guyana l'esploratore trova la frontiera della fantasia

Sul fiume della Guyana l'esploratore trova la frontiera della fantasia Arriva in Italia «Il palazzo del pavone» di Wilson Harris. Ne parliamo con Fautore Sul fiume della Guyana l'esploratore trova la frontiera della fantasia CHALMSFORD (ESSEX) — Poteva andare anche cosi: di Wilson Harris ci si sarebbe accorti, In Italia, il giorno di una sua convocazione a Stoccolma. E invece: Einaudi pubblica ora II palazzo del pavone (pagg. 120, lire 22.000, in libreria dalla prossima settimana), consentendo un anticipato e felicissimo incontro con questo scrittore sessantasettenne e che arriva da lontano. Harris è nato a New Amsterdam, cittadina atlantica dell'ex coionia inglese della Guyana. Nel 1959 sbarcò nella sua seconda terra, la Gran Bretagna. E a Londra, raccolto nel raffinato e tranquillo quartiere dietro Holland Park, cominciò a scrivere. Il palazzo del pavone prima (subito pubblicato con successo da Faber and Faber); poi, con ritmo regolare, altri quindici romanzi. «Il più importante scrittore del Terzo Mondo in questa seconda metà del Novecento», «n più grande interprete della cultura del Caraibi». Nel pianeta di lingua inglese (che lui ha attraversato di università in università per insegnare l'arte di scrivere), dicono questo e altro. E 11 suo nome comincia a comparire nella rosa stagionale dei possibili Nobel Nato ai margini del mondo, anche in Europa si è tenuto lontano dal «centro». A distanza dall'establishment, non intrattiene rapporti con gli altri celebri immigrati della letteratura, da cui si 1 considera 'Jomunque diverso (Rushdlé, Nalpaul...). Per isolarsi maggiormente, da tre anni sì è trasferito con la mGglie scozzese in un cottage dell'Essex, a Nord di Londra. Ha portato il suo corredo di storie e miti in una classica casetta Inglese con un giardino curato, davanti a campi morbidi e verdi. Qui, a Chalmsford, lo abbiamo raggiunto, per parlare di lui e del suo libro. — Signor Harris, il pubblico italiano ancora non la conosce. Ci può dire che tipo di scrittore crede di essere? "Mi sento un autore non autoritario. Quando scrivo, ho l'impressione che la narrazione diventi così viva da guidarmi per mano, come fossi un altro personaggio della storia. I miei romanzi non lì conosco, ci dialogo. Pensi a Dante: anche lui era guidato da Virgilio. Era assoggettato a Virgilio così come questo era sottomesso a Dante». Per avvicinarsi ai libri di Harris, occorre prima fare tappa nel suo passato. E anche se oggi solo la carnagione dorata lo distingue dai suoi vicini di casa, bisogna immaginarlo quando, per anni e per conto del governo inglese della Guyana si addentrava nelle foreste pluviali del suo Paese. Nelle savane o sotto la soffocante vegetazione vergine, mesi e mesi per tracciare mappe di territori disumani, nelle tenebre fluviali dei mitici Arawak. Dal confronto con questa natura fantastica e primitiva è nato The Guyana Quartet (1960-63), una tetralogia aperta proprio dal Palazzo del pavone. In queste pagine Harris fa rivivere un viaggio nei meandri irreali di un fiume senza sbocco. Protagonista è un equipaggio di creature fantasmatlche sotto il tallone del dispotico e tremendo capo, Donne. Sette giorni di deriva e insieme un tragitto infinito nella storia del .- aese, dalla mitologia precolombiana alla conqui- sta coloniale. — Dove sono diretti Donne e compagni? «7Z loro viaggio cerca di illuminare la genesi dell'immaginazione. Tutti noi abbiamo degli antenati in senso storico, per esempio i genitori. Ma esistono altri antenati e che riguardano la nostra immaginazione, ne sono le fonti profonde e stratificate. Il palazzo del pavone descrive il percorso senza uscita lungo cui Donne e gli altri si avvicinano agli antenati, ai precedenti sedimentati della fantasia e dell'intuizione». — Joseph Conrad. Questo nome cosa le suggerisce? 'Conrad è stato molto importante perché ha portato il romanzo sulla soglia di una nuova frontiera dell'immaginazione. Ma non l'ha attraversata. E' riuscito a dimostrare che per scrivere ancora occorre accedere a una dimensione diversa. Poi si è fermato». — Perché? -Prima di tutto era un pessimista tremendo. Poi scriveva ancora in una forma convenzionale: ne era intrappolato. Credo che il mio romanzo abbia superato la barriera. Mi aiuta la marginalità della mia vita, la mancanza di legami, l'aver puntato tutto sull'incrocio delle diverse esperienze culturali». Mentre la barca sprofonda nel sortilegio dell'acqua e della roccia, l'equipaggio è sempre più in balia di un Donne visionario e brutale che assomiglia al feroce Lope de Aguirre, il Klaus Kinski del delirio finale nel film di Werner Herzog. — Come nascono gli stralunati antieroi del romanzò? 'Appartengono alla tipica natura interazziale della Quyana. La popolazione è arrivata qui dall'Europa e dall'Africa. Dalla Cina... E poi c'erano già i precolombiani. Una miscela straordinaria, da scoprire, perché ha un grande potenziale futuro». — La sua esperienza di esploratore e topografo come ha influito sulla sua seconda professione? 'Sono stato dominato dal paesaggio. Se uno segue come me i fiumi che entrano nella Guyana, si accorge di dover cambiare radicalmente il modo con cui considera l'elemento naturale. Si superano i limiti convenzionali della fantasia e intere riserve di immaginazione tornano alla luce». Questo racconta Harris, usando una voce nettamente straniera per creare Immagini ricche come quelle scritte. E insiste con passione quando si tratta di svelare ciò in cui crede maggiormente: la necessità di'rivedere l'allegoria letteraria aggiornandola al presente (e richiama più volte l'esempio della Divina Commedia); il predominio dell'intuizione e dell'elemento magico sull'intelligenza; l'attesa, piena di speranze, di un'era multiculturale, di cui si reputa un anticipatore. Sopra tutto la prospettiva felice di tanti giorni tranquilli per coltivare la sua scrittura. 'Sto benissimo a Chalmsford. E' un rifugio perfetto. Posso coltivare la mia marginalità senza che nessuno mi disturbi. O quasi-. — Chi sente davvero vicino? "William Blake. E la sua frase: 'We live by miracles'. Anche se il mondo è un orrore, c'è sempre, vicino, una linea oltre la quale già si vede il miracolo». Michele Neri Wilson Harris Un'immagine della Guyana

Luoghi citati: Africa, Cina, Europa, Gran Bretagna, Italia, Londra, Stoccolma