«Torture in Israele»
«Torture in Israele» Da Torino si chiede giustizia per le donne palestinesi «Torture in Israele» TORINO — -Voglio esprimere la mia protesta contro l'oltraggiosa violazione dei diriti' civili e umani nei confrónti di Fatme Abu Baerà...' . Cosi incomincia la lettera, indirizzata al ministro della Difesa israeliano Rabin, per la quale si stanno raccogliendo le firme alla Casa delle Donne di Torino a favore di Fatme, una detenuta palestinese, madre di due figli e ora «adottata», per solidarietà femminile, dalle torinesi. Fatme, arrestata nel novembre dell'86 ed ancora in attesa di un processo, è stata vittima in carcere di violenze e abusi sessuali, come denuncia la «Women's Organization for women politicai prisoners» (WOPP), l'associazione arabo-israeliana nata nel maggio dell'88 per seguire ed aiutare tu'. :.e le detenute politiche. La giovane vita di Fatme è un cumulo di sofferenze: una storia scelta perché emblematica, fra le tante, della condizione del popolo palestinese. Nasce nel '56 in uh campo profughi di Gaza; a 15 anni la casa dei genitori viene demolita dai militari israeliani in seguito a un'accusa contro uno dei suoi fratelli; a 23 anni le viene ucciso il marito e si ritrova sola con due figli piccoli. Nell'86 finisce nella prigione di Ashkelon perché avrebbe aiutato gli appartenenti ad un'organizzazione illegale. Fatme viene sottoposta a continui interrogatori durante i quali — come poi ha raccontato al suo avvocato Lea Tsemel — subisce abusi sessuali (ad esempio, è costretta a sedere con la testa incastrata tra le gambe di uno dei suoi inquisitori che la tocca e la minaccia di stupro) , privata del sonno per 45 giorni, duramente picchiata, tanto da riportare la frattura di due costole. Ora, dopo vari cambi di prigione, Fatme è rinchiusa nel campo Khan Yunis con i suoi bambini (adesso hanno 10 e 11 anni), e, sempre in attesa del processo, non intravede la fine della sua prigionia. Secondo la «Wopp», decine di palestinesi sono state arrestate con procedimento amministrativo, ovvero senza che fossero loro contestate delle accuse. A volte si trovano in prigioni sprovviste di sezioni femminili: 'Queste donne dividono la mensa e gli spazi con criminali comuni israeliani; non possono ricevere visite e pacchi dei familiari (spesso non sanno neppure in che prigione siano); non possono parlare con gli avvocati, subiscono torture, violenze e sono mortificate in tutti i modi'. Le donne che fanno parte della «Wopp» ip.o. Box 6069 Tel Aviv, Israele) chiedono aiuti — per contribuire a pagare le cauzioni e dare una mano alle famiglie delle detenute — indumenti, lettere in inglese per far sapere loro che non sono sole e, soprattutto, l'-adozione» di quelle che vivono le situazioni più drammatiche. Chi volesse «adottare» Fatme per esprimerle solidarietà e offrirle un aiuto concreto, può rivolgersi alla Casa delle Donne di Torino (in via Vanchiglia 3, il martedì dalle ore 17,30 alle 20,30). StefJanella Campana
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