Morto il Lama «traditore»

Morto il Lama «traditore» Kesang Tseten, autorità religiosa del Tibet ed amico di Pechino Morto il Lama «traditore» Contrariamente a molti suoi connazionali era rimasto nel Paese dopo l'invasione cinese ed aveva collaborato con Mao - Ucciso da un infarto mentre presenziava all'inaugurazione di un santuario RE' CHINO — Kesang Tseten, il-^nchen Lama, un leader religioso che (contrariamente a molti altri suol connazionali come il Dalai Lama) rimase in patria al momento dell'invaili.ne cinese del 1950 allineandosi stole posizioni del regime di Pechino, è deceduto ieri all'età di 50 anni. L'agenzia di stampa ufficiale cinese «Xinhua» precisa che il decesso è sopravvenuto in seguito ad un attacco cardiaco «devastante», mentre il Panchen Lama si trovava nella città tibetana di Xigaze. n decimo Panchen Lama, che ultimamente risiedeva a Pechino, si era recato a Xigaze per presenziare alla cerimonia di inaugurazione del ricostruito santuario che contiene le spoglie di cinque Panchen Lama, dal quinto al nono. L'edificio era stato distrutto durante la rivoluzio¬ ne culturale del 1966-1976: in quella occasione le spoglie dei Panchen Lama erano state sparse per il Paese. Kesang Tseten, venerato come reincarnazione dei suoi predecessori, era la seconda autorità religiosa del Paese, dopo il Dalai Lama. Diversamente da quest'ultimo, che è il leader spirituale dei monaci tibetani e che si adopera per l'autonomia del Tibet anche appoggiando violente sollevazioni anti-cinesi, il Panchen Lama ha sempre svolto una funzione di mediatore con l'obiettivo dichiarato di un'unità sino-tibetana. Egli aveva anche gli incarichi di vicepresidente del Congresso popolare nazionale (il parlamento cinese) e di presidente onorario dell'associazione dei buddisti cinesi. Quando il Dalai Lama fuggì in India egli rimase a Lhasa, ma si rifiutò di denunciare il fuggiasco ottenendo il risultato di rendersi inviso sia ad una parte che all'altra. Durante la rivoluzione culturale Kesang Tseten rimase per nove anni agli arresti domiciliari a Pechino e gli venne permesso il ritorno in Tibet solo nel 1982, cioè 23 anni dopo la rivolta fallita del 1959. Come rappresentante del governo cinese, il Panchen Lama diede sempre il suo appoggio alla politica cinese e dovette più di una volta difendersi dalle accuse di «tradimento» lanciate da tibetani in esilio. Forse per questo, negli ultimi anni, il Panchen Lama era diventato molto più pronto a criticare la politica cinese nei confronti del popolo tibetano. In particolare recentemente Kesang Tseten aveva dichiarato che gli errori commessi dal cinesi in Tibet era¬ no di gran lunga superiori alle cose buone ed aveva esortato Pechino a scegliere come collaboratori tibetani le persone di talento e non semplicemente i «servi». In qualche modo 11 Panchem Lama si era dunque avvicinato alla posizione del Dalai Lama chiedendo una maggiore autonomia per il suo popolo. Dal quindicesimo secolo 11 Dalai Lama è riconosciuto come leader spirituale e capo dello Stato in Tibet, uno Stato che fino al momento dell'invasione e occupazione cinese ha avuto un carattere teocratico. Tradizionalmente invece il Panchen Lama detiene la potente posizione di capo dei monaci del monastero Tashi Lump, vicino a Xigaze, seconda città del Paese. il Panchen Lama Kesang Tseten era nato in febbraio nel 1938 nella contea di Xun- hua, provincia cinese del Qinghai, a nord-est del Tibet, dove risiede una grossa comunità tibetana. All'età di tre anni egli venne scelto dal leaders religiosi del Tibet come uno di tre candidati ritenuti possibili reincarnazioni del nono Panchen Lama, morto nel 1937. Dopo anni di contrasti e polemiche, Kesang, che era sostenuto dal comunisti cinesi, fu approvato come decimo Panchen Lama, il 3 giugno 1949. Secondo la sua biografia ufficiale, il primo ottobre 1949, giorno In cui venne fondata la Repubblica Popolare Cinese, egli inviò un telegramma di felicitazioni a Mao-Tze-Tung e al comandante in capo dell'esercito rosso, Zhu De. Nonostante questa sua posizione reverente nei confronti di Pechino, molti dei suoi correligionari non si rifiutarono di venerarlo. Pechino. Kesang Tseten, il Panchen Lama, durante una seduta del Parlamento cinese, del quale era vicepresidente