«No alla pensione a 65 anni»
«No alla pensione a 65 anni» Un sondaggio del Cida tra i dirigenti smentisce il ministro Formica «No alla pensione a 65 anni» L'età media per cessare il lavorò è indicata a 58 anni - Si attende il collocamento a riposo, ma molti intendono proseguire un'attività - Tutti vogliono crearsi fonti integrative da affiancare all'Inps - Ma pochi conoscono la loro reale situazione contributiva ROMA — Il ministro del Lavoro Formica rilancia il suo progetto di riforma previdenziale che prevede, tra l'altro, l'aumento graduale dell'età pensionabile a 65 anni, ma i lavoratori — in particolare i 150 mila dirìgenti di azienda — la pensano ben diversamente. Un «dossierpensioni» — predisposto dalla Confederazione dei dirigenti di azienda, sulla base di un'indagine a campione — rivela che l'età media indicata per andare in pensione si aggira intorno ai 58 anni, cioè prima della attuale età di pensionamento. In particolare, il 34 per cento degli intervistati preferirebbe farlo prima dei 55 anni, il 36,5 per cento tra i 55 e i 60, il 23 per cento fra i 61 e i 65 anni, il 5 per cento dopo i 65 anni, i rimanenti sono incerti. Quasi il 70 per cento attende 'questa scadenza maturando una pensione presso l'Inp's, il 30 per cento maturando trattamenti previdenziali di categoria. Il 15 per cento ha sottoscrit¬ to un piano di accantonamento presso una compagnia di assicurazione e il 2 per cento gode di un trattamento integrativo aziendale. La vita del pensionato in pantofole, che si dedica al modellismo oppure al giardino, è desiderata — secondo i risultati dell'inchiesta — dal 56 per cento degli intervistati, mentre' il 26,5 per cento è chiaramente deciso ad intraprendere un'altra attività al momento della cessazione di quella attuale e il restante 17,5 per cento non ha ancora deciso. Tra chi si propone di intraprendere nuove attività, il 43 per cento pensa ad attività professionali, il 38 per cento cercherà un altro tipe di lavoro autonomo, solo il 18 per cento intende svolgere attività dipendenti, soprattutto a part time. Guardando alla terza età, un lavoro è considerato la migliore fonte di sicurezza dal 48 per cento degli intervistati, più della pensione (35 per cento) ed il possesso di im¬ mobili. Il 60 per cento ritiene che gli attuali livelli di pensione non consentano di mantenere costante lo standard di vita: solo il 16 per cento è per il «si», mentre il 21 per cento non sa giudicare. Dal dossier della Cida emerge con forza la convinzione sulla necessità di garantirsi fonti di reddito integrative. Soprattutto nell'area dei dirigenti si è convinti (49 per cento) che lo zoccolo di sicurezza minima sia garantito da una pensione statale, ma questo livello si può superare autonomamente (18 per cento) o in collaborazione dell'azienda in cui si lavora (31 per cento) attraverso forme previdenziali integrative. Dunque, nessuna contrapposizione — sottolinea il dossier — tra sistema previdenziale pubblico e privato; anzi si mira ad una combinazione ottimale dei due interventi e, di conseguenza, ad una triangolazione tra Inps o Inpdai, azienda dove si opera e assicurazioni private. Solo il 32,2 per cento degli intervistati ritiene, invece, necessario il rafforzamento della gestione dell'inp's e non persegue altre soluzióni, mentre il 10 per cento chiede di gestire autonomamente il proprio reddito nella età anziana, lasciando all'Inps soltanto il governo della assistenza. I dirigenti sono favorevoli alla costituzione di un fondo pensione individuale, pur lamentando una certa confusione nella offerta di prodotti previdenziali integrativi. Attualmente meno del 18 per cento del quadri intervistati, ha stipulato polizze previdenziali, per propria iniziativa, versando un premio annuo di 1-2 milioni di lire, anche sotto la spinta delle agevolazioni fiscali che, invece, ora in gran parte vengono meno sulla base del recente accordo governo-sindacati. Tra quanti non hanno stipulato polizze, il 15 per cento non ha fiducia nelle compagnie di assicurazione e il 19 per cento non le ritiene utili o vantaggiose. Molti non ci hanno mai pensato. Quali invece i tipi di polizza preferiti da chi ha seguito questa strada? Il 24 per cento degli intervistati ha optato per un'assicurazione che metta a disposizione un capitale o una rendita alla fine del contratto; il 15 per cento ha scelto un'assicurazione che garantisca una somma a favore degli eredi in caso di morte dell'assicurato; il 7,8 per cento ha preferito un'assicurazione contro le malattie e il 4 per cento contro l'invalidità permanente. Nella mancanza di scelte influisce una diffusa ignoranza degli interessati su due fronti: sono risultati pochi coloro che conoscono in dettaglio la propria situazione previdenziale (solo il 35 per cento è al corrente dell'entità dei contributi versati) e il 64 per cento non ha alcuna idea sull'importo della pensione che riceverà dopo i 60 anni. g. c. f.
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