I ragazzi del Salento in rivolta «Diciamo no alla centrale Enel»

Ancora una volto, dagli al contadino Risposta ad alcune considerazioni di Alberto Moravia sulla civiltà rurale Ancora una volto, dagli al contadino Davvero è colpa degli agricoltori se la natura è diventata, con i suoi nuovi mali, nemica dell'uomo? Caro direttore, l'ultimo giorno dèi 1688 Alberto Moravia ha scritto un fondo sul Corriere della Sera dedicato al raffronto tra civiltà contadina e industriale in questo decennio che sta per concludersi. Ora, pur se la sintesi delle altrui opinioni è sempre un rischio ed è spesso un'incompletezza, penso che quelle di Moravia possano essere ricondotte a due archetipi: la civiltà industriale è consapevole di un dissesto ecologico alle porte e che già le ha schiuse, e se ne preoccupa, e comunque cerca, delle soluzioni riparatone, la cultura contadina, soprattutto dei presente, è vista in un'ottica e in un'espressione soprannazionale, è nemica della natura, apportatrice di disastri, antipaciflsta: è insomma specchio dell'inesauribile grettezza del coltivatore 11 quale «odia l'albero di cui non vede la bellezza, l'animale selvatico di cui non percepisce la libertà» e spinge tanto innanzi 11 proprio irraziocinio da -trattare le ricchezze naturali come effimeri oggetti di plastica, usa e getta». Ho atteso che si levasse qualche voce di dissenso, specie verso la seconda parte di un'analisi tanto ardita: ma evidentemente l'ultimo dell'anno la gente ha altre preoccupazioni o altre evasioni rispetto alla lettura dei giornali. Ma adesso ti dico la mia. Se io fossi un contadino e possedessi della terra, da oggi a domani la manderei a gerbido e spargerei la cenere sui solchi del frumento, del mais, degli ortaggi ed estirperei le viti della vigna lasciando 1 sermenti a imputridire con le successive erbacce fino a che sull'Incolto trionfino di nuovo le lotte fra i corvi e le serpi e fino a quando, ricreatosi 11 caos originario, non mi si imponesse per editto di tornare alle mie colture. E se qualcuno si domanda come lo camperei, ecco a propormi come cassintegrato della civiltà industriale dal momento che la mia azienda agricola risollevatasi a fatica da decennali batoste conseguenti a Insensibilità politica e a disinteresse intellettuale, è rispedita ad autodistruggersi dall'improvviso risveglio di tante attenzioni: solo che la repentinità, rendendo brusco il risveglio, degrada le attenzioni a forse involontarie stilettate. Ecco, i contadini non hanno mai fatto notizia quando avrebbero dovuto trovarsi al vertice delle preoccupazioni collettive: chi seppe mai di deficit agroalimentare; di scompenso del prezzi fra la produzione e il dettaglio; di divario fra la staticità dei ricavi e il continuo rincaro del macchinari agricoli, degli antlcrittogamici reclamizzati a tutto spiano, delle stesse sementi? Al punto che, se il loro reddito non si fosse integrato con. altri lavori a mezzo tempo, con le magre pensioni (e molte coltivatrici furono, qualcuna ne rimane, vedove di odiatisslme guerre), con l'apporto di chi non disdegnava di dedicarsi alla terra dopo 11 lavoro in fabbrica, senza tutto ciò molti del poderi che sopravvivono si sarebbero reclinati sul proprio fallimento. Anche adesso, quando si parla di campagna si tende a descriverla con stereotipi intinti in un senso del bèllo e della libertà alquanto retorico, e quando ci si riferisce alla gente di campagna la si mummufica ih immagini di un remoto passato condito di ignoranza, di umiliazioni, di sopportazioni. Bene che vada, permane la definizione del contadino-bertoldo, del contadino-giandòja. E ci si stupiscee: 'Pensa che hanno la cucina come noi e il bagno piastrellato e il salotto in pelle con lo stereo in bella vista». Quando, più di vent'annl fa, io ipotizzavo nel miei romanzi una campagna ricca, con 1 giovani contadini in tuta bianca a governare tecnologicamente le stalle e comunque il lavoro in azienda, in possesso del diploma e della laurea, mi prendevo dell'utopista anche perché erano tempi, quelli, nei quali la terra la tiravano dietro quasi per regalo a chi avesse alzato una mano per comperarla. Poi è intervenuto il Sessantotto contadino, un fenomeno dove pochissimi o nessuno ha indagato, che ha contribuito a rigenerare il mondo rurale: è vero, la contrazione del posti di lavoro in fabbrica trattenne 1 giovanissimi dalla quasi obbligata avventura urbana, ma intanto 1 loro fratelli maggiori avevano fatto del proprio acquartieramento in campagna una base per progredire socialmente ed economicamente. Ma è destino che i contadini siano una razza a sé, nella malora e nella buona sorte: un tempo compatiti, ora messi sotto accusa; un tempo elogiati e portati a esempio di pia edificazione per la loro sudditanza a chiunque — obbligata più che mite — ora destinatari di attacchi mirati. Dov'erano i Catoni quando le campagne italiane stillavano mille maledizioni sui loro abitatori? Quando l'agricoltura era esposta agli allettamenti, alle lusinghe della chimica che prometteva una crescita strabiliante delle rese unitarie per sopperire al disprezzo mercantile dei prodotti? Quando tanti contadini sperimentavano sulla propria pelle l'estrema pericolosità di pesticidi maneggiati innocentemente perché nessuno li aveva preavvertiti dèi pericoli? Dov'eravamo noi tutti, profittatori a cuor leggero, quando ridevamo della zoticità di una campagna calpestata in un raccogliticcio folclore nella cinematografia e nell'editoria? Ridevamo di quel giovani contadini che non trovando moglie al Nord scendevano al Sud in cerca di una compagna che ne spaitisse la sorte. Non siamo ancora giunti al punto, nella ricerca di capri espiatori di inquietanti sovvertimenti naturali, di responsabilizzare gli agricoltori della siccità, delle nebbie persistenti, dei capricci nelle precipitazioni nevose: ma nessuno tema, siamo sulla buona strada. Si è iniziato con l'addebitargli dissesti idro geologici, essi che sono le ultime scelte, gli estremi presidil del suolo. Frane e smottamenti? La colpa è loro che con le macchine sbilanciano le tradizionali ellissi colturali attorno alle colline: ma i fossi, 1 rigagnoli, alla base delle stesse colline, un tempo tenuti sgómbri e rapportati all'eccezionalità preventivabile del nubifragi, oggi intasati fino alle prode, non tocca tanto al contadini accudirli, quanto a chi ha la gestione amministrativa del Comuni. E perché perdersi dietro la ricerca dei veri Infossatoti e insufflatoli di veleni, se i contadini sono 11, contrapposti a Barabba? I Barabba hanno armi per difendersi, hanno spalleggiatori, sanno finanziare campagne propagandistiche, elettorali, clientelali Date mente, sposare la causa del contadini non arricchisce. Dimmi solo, caro direttore, se hai mai visto che 11 possesore di un bene sia tanto dissennato da distruggerlo, quand'esso gli garantisce una rendita vitale. Perciò 1 contadini che io conosco, lungi dall'essere degli Intossicatoti, dei distruttori, del gretti e degli zotici, rimangono 1 veri alleati della natura, pur se nessuna alleanza prescinde da particolari Interessi, In questo caso di mercato. Che se poi davvero i contadini li si vuole crocefiggere, nessun dramma: sono abituati alle croci ma anche alle resurrezioni. Franco PiccineUi

Persone citate: Alberto Moravia, Moravia