Un grandissimo «minore»

Un grandissimo «minore» Nuove e più complete notizie sull'opera del Maestro di S. Miniato Un grandissimo «minore» Operoso nel Quattrocento l'enigmatico pittore toscano ha lasciato dipinti di straordinaria bellezza Attenta ricerca di Gigetta Dalli Regoli - Corrette alcune attribuzioni di Bernard Berenson che studiò la pittura degli artisti contemporanei del Beato Angelico, Lippi, Botticelli, Ghirlandaio FIRENZE — In una chiesa di San Miniato, antico paese toscano arrampicato sulla collina, c'è un curioso dipinto quattrocentesco, che pochi conoscono, la Sacra Conversazione, da secoli sull'altare maggiore di San Domenico. Una Madonna dal viso dolce, quattro santi dagli occhi sgranati ed espressivi, un tronetto non troppo in regola con la prospettiva e tre piccolissimi committenti inginocchiati: padre con tunica, madre con pezzuola In testa e figlia con lunga treccia blonda. Arcaica, enigmatica, la tavola, che ha un suo fascino, ha dato il nome convenzionale ad un anonimo pittore, 11 Maestro di San Miniato. Un tipo sfuggente, come tanti anonimi toscani del '400, «ricostruito» da Berenson all'inizio del '000, adesso protagonista di un libro fresco di stampa, n Maestro di San Miniato. Lo stato degli studi, i problemi, le risposte della filologia (a cura di Gigetta Dalli Regoli e collaboratori, con presentazione di Zeri). L'elegante volume patrocinato dalla Cassa di Risparmio di San Miniato (Giardini Editori, pagine 344), ricco di illustrazioni, carta patinata e caratteri cinquecenteschi, ripercorre la storia critica, artistica — non quella anagrafica e documentaria purtroppo ancora da scoprire — dell'enigmatico maestro, di un suo probabile amico, il Maestro della Natività Johnson e di un pezzo di Toscana «minore», quella dei piccoli maestri, artigiani più che artisti, attivi tra il 1460 e il 1490 nel Valdamo inferiore, tra Valdera, Valdelsa e Valdinievole. Pittori che la storiografia artistica di stampo idealistico ed estetizzante ha trascurato per molto tempo a vantaggio dei grandi, ma che da qualche decennio si stanno riscoprendo. n Maestro di San Miniato è uno di questi. «Ricostruito» nel 1913 da Berenson ohe, sulla base della tavola, di San Miniato, gli ricollega -un gruppo abbastanza omogeneo di otto dipinti, il pittore arricchisce nella prima metà del '900 il suo catalogo sino ad accogliere una sessantina di opere, non sempre pertinenti, anzi, che spesso con lui hanno poco a che fare. Negli Anni 60 comincia 11 processo di ridimensionamento: molti dipinti gli vengono tolti a vantaggio di altri anonimi come il Maestro della Natività Johnson, quello dell'Epifania di Fiesole o l'ipotetico Maestro del Maestro di San Miniato. Ma la confusione tra le varie personalità è ancora grande. Ecco allora questa ricerca, filologica, che cerca di fare chiarezza ricostruendo per l'ennesima volta, in base allo.. Stile e .alla qualità, il curriculum del maestro, distinguendolo con analisi minute dagli altri. Un esercizio difficile spesso basato su riproduzioni fotografiche nell'impossibilità di vedere direttamente le opere disperse in collezioni straniere, sul mercato, o senza collocazione. Che cosa ne viene fuori? Un pittore — ancora senza nome — ma dai contorni più precisi e definiti con un catologo omogeneo di una cinquantina di opere. Molto scarsi rimangono i dati documentari: il nome di un committente «Giovanni di Chimentl Gualzelli» scritto sulla pala di San Bartolomeo a Pomino (Ruffina, Pontassieve) e la data «1478» con 11 nome,del donatore «Pietro Melllnl» nel paletto-per la Badia delle Sante Fiora e Lucilla ad Arezzo. Parécchi invece i contributi sui caratteri artistici. Formato in ambito fiorentino — non si sa dove—è un pittore accurato ma modesto, che verso 11 1470 guarda a Firenze e ai suoi artisti, seguendoli con forme provinciali, ma poetiche. Specializzato in generi devozionali, lavora per confra¬ ternite e famiglie laiche. Le prime opere, come le due citate (là pala di Pomino e 11 palio 11 o della badia di Arezzo) rivelano un'ancora incerta assimilazione del modi fiorentini Ma la Sacra Conversazione di San Miniato, una delle opere base, e la Madonna della Misericordia (ubicazione sconosciuta), con la sua variopinta schiera di confratl imberrettati, indicano modelli precisi: Angelico, Filippo Lippi, Gozzo^ ; Botticelli, Ghirlandalo. La cultura di moda del piccoli provinciali che giocavano sui cartoni dei grandi del tempo. Con una botteguccla, forse con un solo collaboratore, l'Intraprendente maestro si lancia nella produzione di madonne e santi — pochi gli altri temi — ripetendo gli schemi e diffondendoli nel contado tra Val di Sieve, Arezzo e Pisa. Madonne, ancora di dubbia cronologia, spesso; bellissime come quella di Londra (Courtauld Instltute Oalleries), b di routine, conservate nelle collezioni di Denver, Detroit, Amsterdam e di tante altre città, di cui il volume dà ampia documentazione. Con il pittore riemerge più nitido, anche se in attesa di una maggiore definizione, un pugno di «ignoti fiorentini», nati o ampliati dallo scorporamerito delle sue òpere, già profilati da altri studiosi. . Tra loro spicca il Maestro della Natività Johnson (che presto avrà anche un nome, si scrive), cosi chiamato dalla Natività della Collezione Johnson del Museum of Art a Filadelfia, che ha fornito 11 nucleo del primo catalogo messo Insieme dall'americano Everett Fahy nel 1966 e 1976. A lui è riferita, In questa occasione, una grande pala d'altare con l'Incoronazione della Vergine e Santi conservata presso l'Areico nfratemlta della Misericordia di San Miniato, già attribuita al Maestro di San Miniato. Un dipinto elaborato, complesso, bello, databile verso il 1473-74 per gli stretti legami con un'opera del Botticelli. Volti Intensi, forse ritratti, paesaggio toscano filtrato attraverso 1 nordici, n Maestro della Natività Jonhson sembra caraterizzato da una line a più aspra, un temperamento più deciso, simpatie per Botticelli e Andrea del Castagno, cultura complessa. Meno professionale, ma più geniale del Maestro di San Miniato? Difficile dire. E poi, chi è il Maestro della Natività Johnson? Anche per lui, enigmi: una data «1470» nella Pietà di una chiesa fiorentina, S. Felicita, un committente, la famiglia Pitti, ed una sfilza di opere, qualche volta strepitose anche se artigianali. Le risposte, magari le sorprese, verranno quando accanto alla .filologia si faranno parlare. 1 documenti, scovati pazientemente negli archivi Saranno loro a restituire finalmente nomi e piste reali da seguire e a far «resuscitare» davvero i maestri dai nomi fittizi Ma, nell'attesa, questo libro rappresenta un buon passo avanti Maurizia Tazartes I santi Valeriane e Cecilia, particolare della «Sacra conversazione» di ignoto fiorentino