Come si uccide un prete nella Polonia dissidente

Come si uccide un prete nella Polonia dissidente INTERVISTA / Parla la regista Agniezska Holland Come si uccide un prete nella Polonia dissidente ROMA — Ha fatto una fugace apparizione a Roma nello stabilimento di doppiaggio per controllare com'è venuta l'edizione italiana del suo film. E' Agniezska Holland, regista polacca che vive in Occidente da quando nel suo Paese è in vigore la legge marziale. Quarantanni circa, l'aspetto sicuro di una che sa il fatto suo, ha diretto «To km a prlest» («Un prete da uccidere» titolo italiano), una vicenda ispirata al sacerdote polacco Jerzy Popieluszko, il cappellano di Solidarnosc ucciso da alcuni membri della polizia segreta del suo Paese nel 1984. Dopo aver studiato regìa alla scuola di cinema Famu di Praga, nel 1973 ha fatto la prima esperienza come aiuto regista di Krzysztof Zanussi in «Illuminazione». Dopo aver lavorato per la televisione, nel 1977 ha collaborato alla regìa di «Screen Test». Poi, stretta collaboratrice di Andrzei Waida, ha collaborato al suo film «Senza anestesia» del 1978 e quindi lo ha affiancato anche in «Danton» nel 1982. Nel 1980 ha debuttato nella regìa con «Attori di provincia» e l'anno successivo ha diretto «Una donna sola», quindi nel 1986 «Angry Harvest» che è stato candidato all'Oscar come miglior film straniero. L'ultimo suo lavoro, prima di «Un prete da uccidere», è la sceneggiatura di «Anna» di Yurek Bogayevicz che racconta le sofferenze dell'esilio, con l'interpretazione di Sally Kirkland e PaulinaPorizkova, che negli Stati Uniti ha riscosso grande successo. il protagonista di «Un prete da uccidere» è Christophe Lambert: perché ha scelto questo attore francese per il ruolo di un polacco? «Poiché io attualmente lavoro per la televisione francese, è stato quindi abbastanza naturale che scegliessi un francese per questo film. Poi, ovviamente, per la sua bravura, dato che l'avevo molto ammirato in "Subway", per cui mi dissi "questo è un attore con cui vorrei lavorare", infine perché fisicamente è aderente al personaggio e perché attraversa un perìodo di grande impatto intemazionale». Perché ha scelto questo argomento per il suo primo film a grande livello internazionale? «Questo film non racconta semplicemente la storia di un assurdo assassinio politico. E' piuttosto una favola del ventesimo secolo, ma anche la tragica storia di due uomini che hanno amato appassionatamente il loro Paese e che simboleggiano la lotta fra potere spirituale e potere politico, n primo è il prete e il secondo è il poliziotto che uccide (interpretato da Ed Harris). E' un po' la ripetizione del racconto biblico Caino e Abele ma c'è anche il clima de "I demoni" di Dostoevskij...». Si direbbe quasi che lei giustifichi in par¬ te il delitto del poliziotto... «No, non lo giustifico. Però lo presento in modo umano e credibile cercando di capire i motivi del suo delitto. Io sono stata affascinata proprio da questo confronto fra l'uomo che difende 11 regno di Dio e quello che crede ciecamente nel socialismo, fino al punto di uccidere. Anche il suo, in fondo, è un patriottismo, seppure di natura perversa. E' il simbolo dell'errore in buona fede». Secondo la sua impostazione non rischia di apparire quasi un eroe, seppure un eroe del fanatismo politico? «Proprio così. La storia dell'umanità, del resto, è piena di fanatismi, di personaggi esaltati che agiscono nella convinzione di fare il bene del proprio Paese, della propria fazione politica e che magari a volte, dopo cambiamenti di regime, vengono anche esaltati come eroi. Se non vi fosse questo lacerante aspetto attorno all'episodio dì cui parliamo allora si tratterebbe solo di un banale fattaccio di cronaca». Le autorità hanno condannato il colpevole di quel delitto. «Certamente. Perché un delitto va sempre comunque punito. Ho cercato di entrare nella mente dell'assassino che diventa tale per un malinteso senso di amor patrio. Infatti cos'ha detto, cosa dice il mio poliziotto durante il processo?: "L'ho fatto per il mio Paese...". Ed è proprio questo l'aspetto abominevole di tutta la vicenda». Un giorno, dunque, potrebbe anche essere riabilitato, magari proclamato eroe? «Non dico questo, perché un assassinio resta sempre un delitto atroce... Mi rimetto al comportamento del vice parroco che collaborava con il religioso assassinato: scongiura i suoi parrocchiani di perdonare il colpevole...». In sostanza cosa vuole dire con questo film? «Mi rendo conto che ciò che viene raccontato nel film possa provare disagio. Ma anche può e deve portare alla riflessione. H film dovrebbe insegnare che la passione politica, l'amore per la propria patria, la convinzione ideologica non deve mai portare al fanatismo che porta al delitto. Non si deve mai uccidere». Come sarà accolto il suo film? «Difficile sapere a priori come lo accoglierà il pubblico perché questa è una storia che riguarda il mio Paese ma che va oltre i confini nazionali. Per questo non mi sono limitata a raccontare una cronaca degli avvenimenti ma ho cercato anche di inserirla nel contesto del malessere sociale. In un certo senso vuole riassumere tutte le tragedie umane, politiche e sociali che si ripetono in molti Paesi del Sud america, dell'Asia è dell'Africa». Lamberto Antonelli Un fatto reale accaduto nell'84, Christophe Lambert protagonista

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