E nacque la politica di Carlo Carena

E nacque la politica MEIER CERCA LE ANTICHE RADICI E nacque la politica NèWL-npotfKZd del potente dittatore Cesare, uh volumetto <JeH'80, Christian Meier si occupava del passaggio da «pubblica a principato romano entro cui si trovò ad agire il genio cesariano: le situazioni di crisi sono le più favorevoli a tali uomini, e tjuttàvia il loro agire è stretto ridia morsa, limitativa delle Strutture e delle tradizioni. Ijn quelle pagine erano comprese questioni più generali, Ora antiche di almeno cento dnni come quella della dialettica fra uomo, o superuomo, è società; ora più sottili e moderne, come quella della discrepanza tra volontà e Ìossibilità creativa nella solerà civile. Studioso, dunque, di inaienti cruciali e di grandi temi, con particolare curiosità per la politica, lo storico te- tsc'o — oggi uno dei più [ portanti per la storia delle idee nel mondo antico — ijiaffaccia in un più ampio tonno, ora in traduzione italiana presso il Mulino, un altro ijnomento cruciale, e più ancora, per la politica delle istituzioni e la filosofia della politica: il momento in cui, nel qhiuso deila città greca quattro' secoli prima di Cesare, e Aell'arco di pochi decenni ancor più brevi della sua meteora, si elaborano il concetto e il sentimento, e nasce la categoria del politico — come si esprime il titolo del libro 4-: nel senso moderno e quasi àncora attuale della parola. • Meier sa naturalmente i passi di avvicinamento, in Grecia fra VI e V secolo, le successioni di aristocrazia e oligarchia, la genesi di oclocrazia-tirannide, l'istituzione già luminosa dell'isonomia, ossia l'uguaglianza delle leggi, l'equità e la garanzia -^dell'esclusione dell'arbitrio. Ma la grande novità si verifica con la partecipazione paritaria di tutti i cittadini indistintamente alla.. vita dello Stato: quando il diritto di cittadinanza viene a preValere sulla statalità stessa, j In Grecia — ma si dorrebbe dire quasi sempre e }olo ad Atene — tra V e IV jecolo scompaiono tutti gli altri rapporti esistenti fra i cittadini fuori dalle mura domestiche, quali quelli professionali e di culto (la politica è ben laica); anzi il politico diventa l'antitesi del privato, dell'interessato, e nell'ordinamento politico non si ri trovano regolati gli altri, il sociale o l'economico. Lì l'individuo cessa di essere memoro di un gruppo o di una casta sociale, di una corporazione o di un clan familiare, ber essere membro solo della polis; lì egli esprime l'interes te collettivo e lo sovrappone fi quelli particolari, cui pure uori di lì è legato. La società sressa risulta altra cosa rispetto alla comunità e alla /ita politica, cioè all'attività lei cittadini solo in quanto ali e identificati con la cosa pubblica. Un salto, come- si vede, immenso, ancora superiore in termini concettuali che in esercizio pratico; e non a caso contemporaneo, come si verificherà nell'analogo mutamento dei decenni a cavallo tra Sette e Ottocento, ad un mutamento anche di idee generali e a movimenti filosofici di tipo illuministico: allola sofìstica. Non si continua più nell'affermazione di parità di diritti all'interno di un ordinamento già dato, o nella concezione del potere in termini personali, comunque allargati; ma si passa all'idea del potere di una collettività, esercitato con impiego totale del proprio tempo e delle proprie energie da parte di chiunque, in forma diretta e con l'alternanza del turno e del sorteggio. * * A questo punto nasce anche l'idea di costituzione. Il nucleo stesso dell'ordinamento politico diviene per la prima volta un oggetto non di tradizione o di religione o di diritto, ma dell'esercizio stesso della politica. La costituzione cittadina non è più la semplice eunomia, la buona legislazione o l'ordine, bensì l'organizzazione di tutta la vita pubblica, la regolazione del rapporto governanti-governati e della partecipazione di questi ultimi alla vita politica come grande elemento e strumento del potere. La politica diviene il contenuto stesso della vita del cittadino ateniese, ne assorbe le forze, a volte anche rovinosamente, e permea anche le altre manifestazioni pubbliche, prima fra tutte quella, straordinaria, del teatro. Per quale motivo — si chiede retoricamente Christian Meier in un altro suo studio sulla tragedia greca — essendo la politica elemento ed esperienza, fondamentale per l'ateniese, non doveva essere affrontata anche a teatro?!»' spettatore non era il politico? e gli anelli della catena potrebbero allungarsi e allargarsi ad altre fondamentali manifestazioni della vita associata. Non è nemmeno senza significato che il termi ne greco per indicare la costituzione — usato per la prima volta come tale da Tucidide e da oratori e filosofi attici intorno al 430 — sia il medesimo, politela, che designa la cittadinanza. Questo intervento decisivo della cittadinanza nella sfera del potere determinò da un lato il suo interesse per la politica, dall'altro la gelosa custodia, nella costituzione, dell'altrettanto nuovo concetto di libertà, garantita e condizionata in modo stimolante solo dalla partecipazione degli individui alla vita pubblica. E' straordinario che alla parità cittadina gli Ateniesi sacrificassero tutte le altre. Socialmente erano assai disuguali, anche più dell'oligarchia spartana. L'uguaglianza venne tra loro indirizzata sul terreno politico e collegata col concetto di libertà dell'agire e del pensare. Questa è al tempo stesso la limitazione e la limitatezza della concezione della politica nella Grecia classica, la sua diversità dalla successiva fino ai nostri giorni. Certo sono estranei all'idea greca della politica sia la sua concezione come tecnica operativa sia la svalutazione e i connotati negativi che si fanno strada in altre epoche o in altri universi mentali; ancor più lo è l'aggettivazione machiavellica, quel che di tortuoso e di autoritario è insito almeno per convenzione in tale aggettivo. Ma sono anche estranee, come s'è accennato, la confusione e l'associazione del politico dell'economico e, cosa ancor più estravagante, l'intervento di aspetti o interessi privati. Perciò quella greca non fu una delle tante «società di classi» . dell'antico mondo mediterraneo. E' «fondamentalmente e completamente» nuovo nella storia la capacità dei Greci di pensare un intero ordinamento senza volerlo dominare ed anzi, come aggiunge Meier, «il sorgere stesso dell'alternativa se solo i dominanti oppure anche i dominati dovessero avere un peso decisivo nella cosa pubblica». La storia non solo del Mediterraneo e non solo dell'antichità è piena di costituzioni costruite ad personam o di Stati in cui non si pone nemmeno il problema dell'esercizio del potere da parte dell'intera comunità contemporaneamente. Per questo l'esperienza di Atene non è soltanto «nuova» ma rimane eccezionale Ciò le toglie in parte il valore sperimentale, mentre ne esalta quello ideologico. La sua fugacità può essere adde bitata proprio alla sua assolutezza, all'impermeabilità del politico e del sociale, l'esatto contrario dell'intrico attuale e dell'estensione quasi indistinguibile delle connessioni fra politico e impolitico; o a cause più sottili su cui si attarda il Meier e ch'egli collega con la nascita di un'altra nuova concezione del tempo e della storia. La coscienza della propria autonomia e delle proprie possibilità d'intervento, del proprio inserimento in una trama totale e decisionale potenziò l'interesse e l'efficacia dell'azione del singolo, ma non si generalizzò, dal singolo; fino a trasformarsi nella percezione di un grande processo complessivo: «la consapevolezza da parte dei singoli e dei molti — scrive Meier — della propria competenza e della propria capacità non riuscì a diventare una corrente che procede impetuosa e si fa attuale», un movimento che straripi dalle proprie cause. Carlo Carena

Persone citate: Christian Meier, Greci, Meier

Luoghi citati: Atene, Grecia