«Se Londra apre a Tokyo l'Italia farà altrettanto»

«Se Londra apre a Tokyo l'Italia farà altrettanto» Intervista con il ministro del Commercio estero Renato Ruggiero «Se Londra apre a Tokyo l'Italia farà altrettanto» Invoglieremo gli investimenti al Sud - La «fortezza Europa» si rivela una forma di groviera DAL NOSTRO INVIATO ROMA — 'Altro che fortezza Europa. Questa Cee assomiglia sempre di più ad un formaggio strizzerò. E' piena di buchi...». Sulla scrivania di Renato Ruggiero, ministro del Commercio con l'Estero, fa bella mostra di sé il dossier Giappone. E' il frutto di un lungo lavoro destinato a far decollare, dopo decenni di indifferenza, i nostri scambi commerciali con il colosso di Tokyo, grande potenza economica degli Anni Novanta. Ma sul fronte degli accordi con Tokyo sì profilano nubi nere, in arrivo da Londra. Prima la Honda, poi la Nissan e la Toyota. La Gran Bretagna di Margaret Thatcher sembra decisa a diventare la testa di ponte in Europa dell'auto mode in Japan. E la Cee? "Questo avviene — replica Ruggiero — nel più assoluto silenzio della Commissione e in mancanza di una politica comunitaria». E allora, signor ministro? «C'è una sola strada possibile: anche noi dovremo cavalcare la stessa tigre invogliando gli investimenti giapponesi a stabilirsi in Italia, proponendo loro i migliori sussidi previsti a favore del nostro Mezzogiorno: Ma questo vale per l'industria dell'auto? "Anche. E'un'ipotesi su cui bisogna riflettere. Sarà necessario, poi, dare incentivi a prodotti tipo il whisky giapponese, da vendere magari in Scozia... Scherzi a parte, l'Italia non può accettare che altri Paesi della Cee attirino gli investimenti giapponesi in settori sensibili e per giunta lo facciano utilizzando incentivi regionali. Il risultato è "che così creano occupazione nel loro Paese a scapito di posti di lavoro nel nostro». Non le pare che con queste parole Lei si tiri addosso l'etichetta del protezionista? 'Il protezionismo non c'entra. Ma forse è il caso di procedere con ordine per far capire i rapporti tra Italia e Giappone, quel che stiamo cercando di fare e quel che deve fare la Cee». Ecco, tra una settimana arriva a Roma il viceministro del Miti, Murahoka. Credo che l'agenda giapponese sarà piena di lamentele contro i contingenti italiani... "Quello dei contingenti è un problema complesso, in gran parte psicologico. L'Italia, assieme alla Spagna, è il Paese Cee che ha il maggior numero di prodotti contingentati dal Giappone. Ebbene io sono andato a vedere le cifre che stanno dietro quei 41 prodotti contingentali e mi sono reso conto che la paura degli italiani, in buo- na parte, è frutto più di suggestioni che di realtà: Cioè? "Guardi, sa ci limitiamo a quella lista, noi esportiamo molto di più di quel che noi importiamo. Le faccio alcune cifre; quei settori rappresentano il 14% dell'export italiano verso il Giappone. Se Tokyo applicasse ritorsioni commerciali su quei prodotti quegli stessi industriali che mi pregano di non abolire i contingenti verrebbero da me a lamentarsi. Basti dire che nei pneumatici il Giappone rappresenta il 5% delle nostre esportazioni globali e, nel campo della seta, siamo addirittura al 27%. E non dimentichiamo che i prodotti giapponesi possono entrare in Italia attraverso altri Paesi della Cee. La Comunità, infatti, ci consente di limitare le importazioni di origine giapponese dall'Europa solo in tre settori: auto, motocicli sotto i 380 centimetri cubi e macchine da cucire». Che succederà a questi contingenti? "Abbiamo deciso di abolirne la maggior parte. Alcune barriere cadranno tra poco, altre di qui al "92. Questo potrebbe riaprire in maniera decisiva il dialogo con Tokyo». Ug;o Bertone (Continua a pagina 2 in quinta colonna)

Persone citate: Margaret Thatcher, Renato Ruggiero