Maradona, contratto da provocatore di Gian Paolo Ormezzano

Maradona, contratto da provocatore Napoli-Ascoli con l'argentino guarito dal mal di schiena ma restano i problemi di fondo Maradona, contratto da provocatore Una clausola-capestro, firmate pur di portarlo in azzurro, gli consente di fare ciò che vuole, a costo di scontentare Bianchi e compagni Seguiamo la commedia di Maradona a/e Napoli prima ancora dell'arrivo di Diego: eravamo a Napoli la sera in cui fu annunciato l'acquisto e la città deflagrò in un'enorme festa popolare. Da allora, il lavoro ci ha portato a essere testimoni di tante scene e scenette. L'ultima a Genova. Scriviamo ancora dei rapporti Maradòna-Bianchi-Ferlaino per liberarci dal problema che rappresentano. Maradona e Bianchi non solo non si amano, ma quasi si odiano. Non solo non si stimano, ma quasi si disprezzano. Maradona è perfettamente convinto di essere il Napoli, e di ciò prova piacere; Bianchi è perfettamente convinto della stessa cosa (solo in questo sono d'accordo), ma di ciò non prova piacere. Bianchi contro Maradona, se ritiene di dover dire qualcosa, ncn ha armi se non le dimissioni: disinnescate. Non fu ben accolto, dai biancofili, il suo «sì» al Napoli, alla fine del torneo scorso, nonostante la rivolta dei giocatori. Qualcuno ha parlato di ragioni dì portafogli. Preferiamo pensare a un'immane scommessa che Bianchi fece con se stesso: resistere, convivere, sopravvivere, vincere. O almeno convincere. Il contratto di Diego gli permette di far ciò che vuole. Anche di non allenarsi se piove. Ferlaino lo ha firmato, doveva firmarlo, se voleva fare il gran colpo. Le sofferenze di Ferlaino devono essere pari a quelle di Bianchi. E di Moggi. Non possono dire che Maradona può fare ciò che vuole, devono sempre trovare una scusa. Anche questo, secondo noi, deve stare nel contratto. Una clausola tipo: "Maradona può fare e dire quello che vuole, i dirigenti, amministrativi e tecnici, non possono mai dire che lui può fare quello che vuole, pena una penale xy». Maradona tiene all'immagine nazionalpopolare, anzi interriazionalstrapopolare, e certe cose su di lui non vanno dette. Così delineato — e non vogliamo fare i moralisti—il caso diventa quasi inesistente. Maradona fa ciò che vuole, e per fortuna sovente ciò che vuole è dentro un'ortodossia comportamentale, è quello che fanno gli altri. Nessuna colpa a Maradona, se non magari sul piano formale per certi atteggiamenti (non tutti: sovente appare dolce, tenero). Esercita i suoi diritti. Gli hanno offerto un certo contratto, o comunque hanno detto di sì alle sue richieste: cosa dovrebbe fare? La colpa, che poi ai napoletani appare un merito, è di Ferlaino che ha messo la sua firma sotto un gigantesca licenza, un permesso totale. Ma andate a dire a Napoli che questa è una colpa. La voce del popolo, che se non è voce di Dio è almeno il pensiero volgarizzato e urlato di molti esperti prudentoni, grida che Maradona è tutto il Napoli. A scrutinio segreto, tutti i calciatori partenopei, alla domanda se esistano, senza Diego, chances di scudetto o anche solo di competitività di vertice, direbbero •sì», come Bianchi e Ferlaino. Non c'è nulla da fare, e probabilmente non si deve fare nulla. Sapere del diritto totale di Maradona a fare ciò che gli pare significa calzare un certo tipo di lenti, pef vedere chiaro in futuro. Le lenti erano disponibili già da tempo, ma si era giocato al gioco di guardare le cose a occhio nudo. Un gioco vagamente poetico, solidamente stupido. Il occorso vale per tutte le sfaccettature di quell'immenso pol'edro che è il rapporto Maradona-Na'poli (poliedro regolare, nel senso di contrattualmente inappuntabile). Maradona si sceglie il medico che vuole, ed è bontà sua se ogni tanto si ricorda dello staff sanitario del Napoli. Maradona ha i suoi fisioterapisti, va a Merano in clinica quando vuole, e se volesse andrebbe anche a Baden Baden o a Samarcanda, per togliersi il grasso o fare un eorso di cucina esotica. A Genova ha permesso a Ferlaino di assegnare un round a Bianchi sol perché si è presentato troppo tardi: ma deve averlo fatto per signorilità, per lasciare qualche momento non tragico ai suoi rivali. Non è cattivo, Maradona. Sa di essere un grande giocatore e pensa di doversi alimentare anche moralmente, psicologicamente in maniera diversa dagli altri. Probàbilmento costa anche a lui fare, come domenica scorsa, il provocatore, ma si nutre così. Una volta Villeneuve ci disse che, se costretto alla cura ortodossa del suo corpo, alla soppressione saggia delle licenze, il grande pilota sarebbe stato meno grande. Diego probabilmente è allineato a Gilles. L'errore, ipocrita, è dire ogni tanto che deve essere uno come gli altri, nel senso di rispettare le leggi degli altri. No, sennò non sarebbe Maradona. Ferlaino e Bianchi lo sanno, ma non sanno come farlo sapere. Gian Paolo Ormezzano

Luoghi citati: Genova, Napoli